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Un ponte fra il vecchio e il nuovo

 Th1rteen r3asons why o Tredici è una serie televisiva statunitense del 2017 di Brian Yorkey, distribuita su Netflix. Ciò che colpisce di questa serie è sicuramente la sua attualità e la sua capacità di catturare lo spettatore attraverso un lento avanzamento verso nuove scoperte sempre più intense che arricchiscono la trama senza mai appiattirla. La storia descrive le vicende dell’adolescente di nome Hannah Baker, la quale decide di togliersi la vita e di spiegare le motivazioni del suo gesto registrando 13 cassette dedicate a coloro i quali hanno contribuito alla fatidica decisione di commettere il suicidio. Il progressivo raccontarsi della sua storia stende una trama drammatica raccontata dalla voce di Hannah e vissuta sulla pelle di Clay, altro personaggio chiave, il quale era molto legato alla ragazza e soffre nell’ascoltare le cassette e nel sentire la sofferenza di Hannah.

La storia narrata da Tredici rappresenta sicuramente la duplicità, lo scontro e l’incontro del vecchio e del nuovo. La forte contrapposizione fra il bisogno di essere visti, ascoltati, commentati sui social networks, il bisogno di condividere e di mostrare al mondo il dolore non attraverso le lacrime ma attraverso un selfie. Una delle prime scene di apertura è sicuramente significativa in quanto un gruppo di ragazze fa un selfie con lo sfondo della foto di Hannah, ormai scomparsa. Ed è qui il primo incontro, la società dei selfie, la generazione del “falso” incontro. Gli adolescenti appaiono così social, così pieni di amicizie e pieni di emozioni da raccontare mentre dentro hanno spesso un abisso e non riescono a tradurlo in parole e gesti ma solo in emoticon e abbreviazioni lessicali. La generazione della solitudine viene raccontata attraverso uno strumento caduto in disuso, un lettore di cassette audio e un microfono. Hannah decide di mettere da parte il suo telefonino e non usa applicazioni per indicare le vie e le strade in cui condurre l’amico Clay verso la verità. Hannah usa infatti una cartina, una semplice e considerata ormai oggi “antica” cartina per indicare la via.

Simbolicamente questo fa pensare ad un altro bisogno, la necessità di tornare alla realtà, di toccare con mano il prodotto della sofferenza, di non rendere vano e inesistente il racconto che Hannah registra cassetta dopo cassetta, girando ogni nastro. Il lato A e il lato B è come il lato di ogni aspetto della vita, può contenere significati infiniti ma solo imprimendolo su nastro puoi toccarlo, puoi vederlo e puoi sentirlo. Un altro aspetto da non sottovalutare è proprio la difficoltà nell’ascoltare le cassette. Non essendo mp3, né Iphone o in qualsiasi altro dispositivo definito moderno, Clay deve affrontare il suo primo ostacolo, dove trovare un lettore per cassette audio.

 

Hannah Baker e il suicidio adolescenziale

Tutti noi siamo stati adolescenti. Ognuno ha vissuto questo periodo della vita in maniera diversa, tuttavia ci sono alcuni aspetti tipici dell’adolescenza che sicuramente accomunano ognuno di noi. Uno degli aspetti di Hannah è il suo bisogno di essere apprezzata e la paura devastante di non essere capita. Hannah è costantemente tormentata dal demone dell’insicurezza. La paura è una costante che accompagna l’intera evoluzione del personaggio che in realtà pur essendo il protagonista diventa più un narratore distante che racconta allo spettatore le vicende dei veri protagonisti, gli altri, i carnefici, coloro i quali sono talmente importanti per Hannah da provocarne la morte. Questa sembra essere la prima direzione su cui si focalizza la trama.

Lentamente, episodio dopo episodio la teoria della colpa sembra perdere sempre più risonanza, poiché non esiste solo la verità di Hannah ma tante altre verità. Ed eccoci mostrata l’umanità dei così detti carnefici. Gli altri protagonisti sono una parte di quella verità che ognuno di noi ha dentro. Molti di noi sono stati adolescenti dallo sguardo perso nel vuoto. Con la fronte sempre corrucciata e la bocca incrinata verso il basso che descrive un urlo mutacico e assente che eppure si fa sentire in tutta la sua potenza e intensità. Molti di noi hanno sofferto le angosce e le tristezze tipiche di questo periodo della vita. Hanno forse desiderato che finisse in un battito di ciglia oppure che durasse per sempre. Alcuni si saranno innamorati e avranno dato il loro primo bacio, altri avranno stretto amicizie durature, altri ancora si saranno accorti che gli mancava qualcosa e che ciò che vedevano non sempre corrispondeva alla realtà. Oggi più che mai il tasso di suicidi adolescenziali e di condotte di autolesionismo è crescente rispetto agli anni passati. Le cause sembrano essere il bullismo, il cyberbullismo, le violenze subite a livello psicologico e fisico (Jun Sung, 2016).

Ricordiamo la storia di Andrea nel libro Punto, a capo. La vita dopo il suicidio di mio figlio, in cui emerge il dolore di una madre che soffre per il suicidio del figlio vittima di bullismo. Ricordiamo Amanda Todd, suicidatasi a causa di atti continui ci bullismo e cyberstalking e toltasi la vita a soli 15 anni. Ricordiamo i dati sconcertanti delle ultimissime ricerche che ci dicono che il 34% dei ragazzi è vittima di cyberbullismo (Lee, 2017) e le percentuali di coloro i quali pensano al suicidio e compiono atti di autolesionismo sono sconcertanti (Hill,2017).

 

La scuola, il grande fratello è cieco

 Hannah rappresenta la vittima ma anche colei che ha il potere di decidere, nessuno la costringe a suicidarsi eppure allo stesso tempo la responsabilità ricade su tutti. L’autodeterminazione diventa disagio collettivo e preoccupazione all’interno di un’istituzione scolastica negligente e falsamente accorta rispetto ai bisogni dei ragazzi. Il counselor della scuola sembra non voler vedere, non ammette ciò che avrebbe potuto comprendere e resiste al dolore della perdita per non dover sopperire ai sensi di colpa. L’intera storia sembra essere impregnata da un aspetto quasi paranoico, in cui ognuno teme di fare o dire o addirittura pensare qualcosa che potrebbe diventare di dominio pubblico e causare la fine della propria reputazione.

Non basta andare lontano, non basta trasferirsi e cambiare casa perché la sensazione di vergogna che ci si porta dentro ci tradirà e come una profezia diventeremo “quella ragazza” “quel ragazzo” e saremo additati lungo i corridoi, o strattonati per le scale, saremo soli a mensa, e faremo parte degli “altri”, quelli invisibili, i ragazzi da tappezzeria, citando il film “Noi siamo infinito”. All’interno della scuola si incontra il micro e macro cosmo legato dall’ipocrisia enfatizzata dalli striscioni e dai poster contro il suicidio che tappezzano i corridoi della scuola dopo la morte di Hannah. La scuola sembra emulare la società che ci dice di bere responsabilmente, di fumare con cautela o che spaccia il gioco d’azzardo online come un semplice passa tempo, che tritura i valori e li distrugge giorno dopo giorno davanti ai nostri occhi.

 

 La verità…..

 Sicuramente la tematica che incide di più in Tredici è la percezione della verità. Quante facce della verità esistono? Molteplici. In realtà si potrebbe affermare che non esiste la verità, in quanto vi sono talmente tante facce della stessa da annullarsi vicendevolmente. Come un uomo dai mille volti, quando lo osservi ti domandi se quello è il suo vero viso e se forse non si nasconde un’altra maschera sotto quel manto di pelle. I protagonisti vivono nella propria realtà enfatizzando la falsità di quella altrui. Sino a che alla fine ognuno comprende che nessuno ha ragione e nessuno ha torto ma semplicemente esistono diverse realtà. Tredici è una serie televisiva che riesce a cogliere con delicatezza e crudezza allo stesso tempo dei punti chiave dell’adolescenza ma anche della vita.

Riferimenti bibliografici

Hill, Ryan M.; Oosterhoff, Benjamin; Kaplow, Julie B. Prospective identification of adolescent suicide ideation using classification tree analysis: Models for community-based screening. Journal of Consulting and Clinical Psychology, Vol 85(7), Jul 2017, 702-71.

Matthew J. Thullen, Lindsay A. Taliaferro, Jennifer J. Muehlenkamp. Suicide Ideation and Attempts Among Adolescents Engaged in Risk Behaviors: A Latent Class Analysis. Journal of Research on Adolescence. Vol.26, Issue 3, 2016, 587–594.

Changho Lee, Namin Shin. Prevalence of cyberbullying and predictors of cyberbullying perpetration among Korean adolescents. Computers in Human Behavior. Volume 68, March 2017, 352–358.

Teresa Manes (2016). Punto, a capo. La vita dopo il suicidio di mio figlio. Erickson.

Hong, Jun Sung; Lee, Jungup; Espelage, Dorothy L.; Hunter, Simon C.; Patton, Desmond Upton, Rivers, Jr., Tyrone. Understanding the Correlates of Face-to-Face and Cyberbullying Victimization Among U.S. Adolescents: A Social-Ecological Analysis. Violence and Victims, Vol. 31,4, 2016, pp. 638-663(26).

Jay Asher. (2017). Tredici. Mondadori.

Ian H. Stanley, BA, Lisa M. Horowitz, PhD, MPH, Jeffrey A. Bridge, PhD, Elizabeth A. Wharff, PhD, Maryland Pao, MD, and  Stephen J. Teach, MD, MPH. Bullying and Suicide Risk among Pediatric Emergency Department Patients. Pediatr Emerg Care. 2016 Jun; 32(6): 347–351.

 

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.