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Adolescenti in psicoterapia

Adolescenti e psicoterapia: una realtà, in alcuni casi, con dinamiche turbolente e complicate da gestire, sia per il paziente sia per lo psicoterapeuta. L’adolescenza è, infatti, una fase evolutiva composta di evoluzioni particolari e complicate. È in questa fase della vita che si manifestano bruschi cambiamenti di fisico, curiosità verso la sessualità, delusioni amorose e desiderio di autonomia dalle figure genitoriali. Vi è, nei ragazzi, la naturale necessità di un’identità personale, finalmente definita e maggiormente slegata dal nucleo familiare.

La famiglia, dalla quale si è stati dipendenti in tutto e per tutto durante l’infanzia, è ora percepita come fonte ambigua dalla quale staccarsi ma di cui non si può totalmente fare a meno. Un’ambiguità che si riscontra anche nei confronti del terapeuta. Sarà compito del professionista far sentire accolto l’adolescente, spiegare con cura il lavoro che insieme si farà e educare la famiglia d’origine a essere collaborativa ma non invadente. Il rapporto sarà tra professionista e giovane, non senza difficoltà o momenti di contrasto ma, comunque, profondamente ricco di emozioni.

Tante domande. Molte risposte

Nel lavoro psicoterapeutico con l’adolescente è importante prendere in considerazione diverse aree della sua vita tra cui famiglia, gruppo amicale ristretto e sociale, luoghi frequentati di maggior assiduità. Lo psicoterapeuta che prende in carico un adolescente deve prima di tutto porsi alcuni quesiti in merito a chi ha di fronte, alla sua età e al momento storico nel quale si sta sperimentando. Essere informati sulla generazione attuale può aiutare nelle fasi iniziali di conoscenza, aggancio del paziente ma anche per mantenere la relazione terapeutica salda, al punto tale da evitarne precoci abbandoni. Dobbiamo comprendere la vastità del mondo dell’adolescente che ci sta di fronte; rispetto a un adulto, abbiamo di fronte una persona molto distante da ciò che siamo noi!

Chiedersi, dunque, quali sono le abitudini di questa generazione, le regole espressive utilizzate, l’influenza dei social, oppure il tipo di rapporto con la sessualità e il gruppo dei pari vuol dire conoscere un mondo che al terapeuta potrebbe essere molto difficile da tradurre. Per età (in alcuni casi con gap generazionale di rilievo) ed esperienze precedenti differenti, alcuni comportamenti o modi di esprimersi potrebbero essere fraintesi o, addirittura, ignorati. È con questa prospettiva allargata che la presa in carico degli adolescenti, e la loro peculiare personalità, è vista come la presa in carico anche della sua appartenenza a determinati luoghi e relazioni. Comprendere i valori degli adolescenti può far comprendere che il giudizio dell’adulto può non essere sempre valido, soprattutto se applicato rigidamente e senza comprenderne credenze, stili di vita o punti di riferimenti che vi sono alla base.

Una motivazione instabile

Nel corso della maggior parte delle terapie possono verificarsi andamenti della motivazione non sempre lineari. Tuttavia, se la relazione terapeutica è salda, lo psicoterapeuta ha la possibilità di intervenire rinforzando in minima parte l’adesione alla terapia in corso, evitandone così bruschi abbandoni. Lavoro non facile, se ci troviamo di fronte ad adolescenti. I boicottaggi potranno essere molti; lo psicoterapeuta, e la relazione che s’instaura, ricorda i legami più importanti (e per questo ambivalenti) che si spostano tra richiesta di libertà e bisogno di protezione.

Inoltre, è probabile che vi sia una motivazione già di partenza bassa poiché i ragazzi molto giovani non sono propensi a chiedere aiuto direttamente e autonomamente; possono credere che non vi sia una soluzione al loro stato di sofferenza, ma soprattutto che la soluzione non si trovi nella figura dello psicoterapeuta.

Perché sono qui?

All’interno di un ambiente caldo e accogliente, questi giovani dovranno capire, prima di tutto, per quale motivo si trovano lì e che la persona che hanno di fronte è un loro alleato; non li giudica. Sono numerosi i casi di adolescenti, inviati da terzi o dalla famiglia, che arrivano a un colloquio con lo psicoterapeuta senza saperne esattamente il motivo. I ragazzi meritano un’esaustiva spiegazione, altrimenti percepiranno il professionista come un ostacolo da abbattere e se vorranno far fuori il loro nemico, avranno un’attenzione selettiva alle mosse del terapeuta proprio per individuarne errori e confermare la loro idea dell’inutilità della psicoterapia.

Il giovane paziente dovrà capire che il professionista che ha di fronte non è un nemico, un complice del mondo adulto che non lo comprende. Il percorso con gli adolescenti non è una lotta per vedere chi ha ragione, deve invece essere un momento di accoglimento, contenimento e riflessione che tenga presente soprattutto un’autentica accettazione delle loro opinioni e dei loro sentimenti.

 

Riferimenti bibliografici

Barker, P. (1997). Il colloquio clinico con i bambini e gli adolescenti. Roma: Astrolabio, 1997).

Nicolò, A.M., Zavattini, G.C. (1992). L’adolescente e il suo mondo relazionale. Roma: Carocci.