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Percorsi di crescita

Il percorso di crescita di un essere umano è costellato da mutazioni continue, legato a fattori esterni e scelte di vita, in parte consapevoli. Il dispiegarsi impetuoso degli anni, in questi tempi moderni così rapidi e sfuggenti, costringe a scelte che sembrano spesso definitive, come a voler porre un argine solido e duraturo contro la mutevolezza della realtà. Tempi volubili, che mettono in discussione le proprie scelte, molto prima di quanto si possa credere.

Decidere di intraprendere un lavoro, costruire una famiglia e una casa dove vivere; tutte scelte a lunga scadenza, votandosi al sacrificio, in termini di tempo, spazio, compromessi con il proprio Io, quello più profondo e creduto incorruttibile. Un sacrificio continuo. Costruito mattone dopo mattone, cementato con un senso di giustezza che parte dall’educazione ricevuta.

A ricordarci che il sacrificio è una componente esclusiva dell’uomo, è Massimo Recalcati con il suo ultimo saggio “Contro il sacrificio”.

Il sacrificio simbolico

Tale sacrificio non deriva dall’educazione ricevuta dai genitori o dai rappresentanti delle istituzioni. Da quando esiste il linguaggio, la convivenza, la costruzione di comunità, non può esservi il pieno soddisfacimento delle pulsioni personali. Una loro parte è, deve essere, inibita alla meta, come dichiarava Freud. Un biglietto da pagare, per entrare nel processo di civilizzazione, in cui si nasce inevitabilmente. Non vi è alcuna psicopatologia in questo, è come il cordone ombelicale reciso alla nascita. È definito sacrificio simbolico, una tappa imprescindibile per la costituzione del soggetto legato al linguaggio e alle sue Leggi.

Nella cultura cattolica il divieto del frutto proibito ad Adamo ed Eva, rappresenta tale sacrificio. La costituzione del senso dell’impossibile, per rendersi conto che ci sono dei limiti da non superare, che il Creato è disposizione di tutti. Il senso dell’impossibile, che dovrebbe essere rammentato a chi insegue l’eterna giovinezza sbandierata nelle opulente società odierne. Il buon gusto di saper tramontare, come affermava Nietzsche. Massimo Recalcati ricorda che sono il folle e il perverso a negare con assoluta disperazione il carattere normativo del sacrificio simbolico.

 

L’ideale dell’essere umano

Fatta questa premessa, Recalcati traccia i confini dello spirito di sacrificio. Solo l’essere umano può decidere di sacrificarsi in nome di un ideale, un futuro beneficio, per una ricompensa. Nel resto del mondo animale non è contemplato tale concetto, anzi gli animali stessi sono stati oggetto di sacrificio, nell’antichità, in onore degli dei. Gli animali non sono guidati da una morale, non sottostanno a dilemmi etici. Accettare consapevolmente una dose di sofferenza, morale, psichica e, in casi estremi, fisica, per uno scopo è esclusiva degli uomini.

In Natura non esiste l’istinto di sacrificio, ma solo quello di sopravvivenza, cioè il rifiuto della morte senza appello. Nella vita umana, morte e vita, piacere e sofferenza sono legati a doppio filo. L’esistenza dell’uomo, quindi, è guidata dal desiderio, un percorso svuotato dall’istinto come accade negli altri animali. Un cane non si pone domande trascendenti, si può dire che vive nell’immanenza.

Il fantasma sacrificale

Appurato che l’animale è alieno a qualsiasi forma di sacrificio, Recalcati parla di quello che lui definisce fantasma sacrificale. Il sacrificio si trasforma, paradossalmente, in una meta della pulsione. Non seguo una Legge per arrivare al godimento di un determinato obiettivo “devo lavorare quarant’anni per avere diritto alla pensione”, ma la Legge stessa diventa un godimento “devo fare questo lavoro così pesante”. Una contorsione mentale che non erige difese contro eventuali godimenti maligni, ma proclama la negazione stessa del godimento a una forma di godimento. Reacalcati lo definisce nel saggio, a pag. 43: “Nel fantasma sacrificale il sacrificio si impone come il risultato masochistico dell’azione sadica della legge”

Il sacrificio diventa lo strumento unico per servire il proprio Dio o decidere di lasciarsi guidare da una morale stringente che non lascia margini al godimento. O come il terrorista, che organizza un attentato, dove è prevista la sua morte, per una Causa.  Recalcati ricorda che già Nietzsche aveva evidenziato la natura masochistica del fantasma sacrificale. Lo vedeva come il sabotaggio della potenza creativa della vita in nome d’ideali ascetici, in particolare nel mondo religioso.

 

Amore, libertà, passione…

Il sacrificio è trasformato in passione avvelenata, dove si esclude ogni dimensione vitale del desiderio. Un odio verso se stessi che cela un narcisismo estremo, differenziarsi dagli altri per essere più vicini a Dio. Nietzsche paragona l’uomo a un cammello; animale da soma completamente assoggettato al volere dell’uomo. E così è chi si sottomette a una vita da servo, caricato di enormi pesi, costringendosi a sacrificarsi in nome di una serenità senza consapevolezze.

Continuando nel saggio, il sacrificio è intrapreso anche come via di fuga dalla libertà, a fuggire da essa più che a ricercarla. Un’incapacità di risolversi solo nel proprio corpo e nelle proprie idee, senza l’ausilio del Padrone. Una fedeltà alle proprie catene i cui anelli sono costituiti da Leggi fatte da altri, come rifugio dagli spazi sconfinati della libertà, troppo ardui da gestire. E il sacrificio rimane l’unica ancora di salvezza. Una vita scandita da leggi che precludono qualsiasi gioia, ma al tempo stesso mettono al riparo dall’angoscia. Una visione nevrotica del sacrificio, anche in ambito religioso, dove l’Altro è un creditore spietato in continua attesa di essere pagato.

Sovvertire il sacrificio

Il nevrotico si mette sul banco dei giurati, e da lì può giudicare la sua vita, le cause dell’infelicità che la contraddistingue, i motivi che impediscono l’esaudirsi del desiderio. E imputando all’Altro (madre, padre, lavoro, società, ecc.) tale castrazione, giustifica la necessità del sacrificio. Uno stato di cose che deve restare immutato, anche se l’Altro diventa antagonista, preservare la sua esistenza lo solleva da ogni responsabilità, lo rende innocente e gli evita di mettersi in contatto con la propria libertà. Il nevrotico fluttua in una perenne attesa, non agisce mai se non quando può celarsi dietro il permesso dell’Altro.

Nella psicoanalisi e nel pensiero più interiore di Gesù, il sacrificio è un macigno da cui sottrarsi, quando diventa lo strumento nelle mani del nevrotico. Un peso di cui liberarsi per assumersi la responsabilità etica delle proprie scelte nel conseguire un desiderio. Lasciarsi guidare dalla forza generativa di un atto eseguito senza la ricerca del consenso dell’Altro. Non una rivoluzione, ma un’armonizzazione del proprio agire, perseguendo quello che è più consono al nostro essere. Il desiderio è un dovere, dove l’atto compiuto, per raggiungere lo scopo, deve essere conforme alla Legge che vi alberga.

 

Una logica nel sacrificio

E Recalcati prende anche la parola di Gesù per condannare il sacrificio. Usa la parabola del padrone della vigna. L’uomo decide di pagare in ugual misura i braccianti che avevano lavorato tutto il giorno, e quelli che avevano lavorato solo poche ore. Di fronte alle proteste degli uomini che avevano lavorato di più il vignaiolo risponde che stava a lui a decidere il dovuto, poiché delle sue cose ne faceva quel che più riteneva opportuno. Il padrone della vigna non si sottomette a una legge, che ordina diversi trattamenti economici per la quantità di ore lavorate, ma si lascia guidare dalla sua generosità. E rende vano il sacrificio di coloro che hanno lavorato di più. Una lettura più attenta porta a interpretare la parabola del padrone della vigna come uno sprone a pensare alle proprie azioni ed eseguirle senza sottomettersi alla logica premiale del sacrificio.

 In conclusione, l’autore non promuove nessuna logica sovversiva, non invita a disobbedienze civili. Fornisce degli strumenti per capire meglio la logica del sacrificio; dove essa sia solo luogo comune, dove si trasforma in patologia, sia come masochistico soddisfacimento pulsionale, sia come nevrosi. La rivisita da un punto di vista religioso, rilevando come sia errato vedere i precetti cattolici soltanto guidati da un’ottica sacrificale e proibizionista.

Scritto da Davide Testa, blogger e articolista

 

Fonti bibliografiche

Recalcati M. (2017). Contro il sacrificio. Al di là del fantasma sacrificale. MI: Raffaello Cortina Editore.