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Il conformismo

Il conformismo, ovvero la tendenza ad allinearsi, anche solo in apparenza, a dottrine, usi o ad opinioni prevalenti socialmente ha 3 principali motivazioni:

  • a livello cognitivo, la probabilità di accettare la posizione della maggioranza, aumenta quando gli individui pensano di essere meno competenti della fonte o quando la situazione è ambigua. In tali casi l’attenzione del singolo si focalizza sul parere degli altri e, in base all’euristica del consenso, anche se non è presente una spiegazione soddisfacente, pur di non sbagliare, si adegua;
  • compiacere gli altri in modo da preservare le relazioni sociali e, in contemporanea, salvaguardare la propria immagine per mantenere un concetto di sé favorevole;
  • a livello emotivo, le persone sono più soddisfatte se si trovano d’accordo con gli altri e se le decisioni sono prese all’unanimità.

Allport (1935) sostiene che basti la presenza degli altri a favorire la messa in atto di determinati comportamenti; grazie al fenomeno della facilitazione sociale la singola persona è spinta ad allinearsi al parere e alle azioni altrui. In linea con questa scoperta troviamo anche il fenomeno dell’influenza della maggioranza: se un’idea raccoglie la maggior parte dei consensi in un gruppo, chi la pensa diversamente può avere difficoltà ad esprimere la propria opinione poiché sente forte la pressione di adeguarsi al parere degli altri.

Dalla teoria…

Deutsch e Gerard (1955), studiando il fenomeno del conformismo, formularono la teoria della doppia dipendenza, distinguendo l’influenza informativa da quella normativa. La prima scaturisce da un personale senso di incertezza che spinge l’individuo a ottenere più informazioni possibili sul contesto in cui si trova per avere un’interpretazione accurata e precisa della realtà. Avviene inconsapevolmente ma comporta una conformità al pensiero altrui persistente nel tempo. L’influenza normativa, invece, ha come obiettivo l’approvazione sociale degli altri e scaturisce dalla compiacenza, ovvero un accordo pubblico con la fonte o con il gruppo ma che non corrisponde ad un’accettazione privata del parere altrui. Il conformismo, quindi, in questo secondo caso, è solamente pubblico e non persiste nel tempo.

Moscovici (1980), invece, con la teoria della conversione analizzò la differenza tra l’influenza maggioritaria e minoritaria. La prima si basa sulla compiacenza, comporta quindi un’elaborazione superficiale del contesto e del problema ed è collegata all’influenza normativa. L’influenza minoritaria, invece, deriva da un’elaborazione sistematica della situazione ed è legata all’influenza informativa che porta ad un reale cambiamento di opinione e atteggiamento. In questo secondo caso, infatti, si parla di conversione: il conformismo all’opinione altrui è sia pubblico che privato. Questo fenomeno è lento e indiretto ma porta ad un reale cambiamento di atteggiamento, introiettando l’opinione altrui.

 

…alla pratica

Tra i più famosi esperimenti sul conformismo ricordiamo quelli condotti da Sherif (1935) e da Asch (1956). L’effetto autocinetico scoperto da Sherif riguardava una situazione percettiva ambigua: l’individuo si allinea all’opinione altrui per colmare un senso di incertezza e quindi, in questo caso, il conformismo ha una funzione sociale informazionale. Coloro che partecipavano all’esperimento dovevano affermare di quanto si era spostato uno stimolo in una stanza completamente buia e senza alcun riferimento percettivo. Le condizioni sperimentali previste erano tre:
– valutazione individuale dello spostamento dello stimolo con conseguente creazione di un giudizio personale;
– dopo aver espresso la valutazione personale, i partecipanti venivano inseriti all’interno di un gruppo. In questa condizione sperimentale, tutti i giudizi personali, convergevano verso una media comune;
– dopo la valutazione di gruppo si passa ad una individuale; in questo caso i singoli partecipanti esprimevano l’opinione creatasi nel gruppo. Il parere collettivo e comune a tutti permette di colmare il senso di incertezza, derivante dalla situazione percettivamente ambigua, e quindi viene introiettato e fatto proprio.

Asch (1956), al contrario, ha studiato una situazione percettivamente chiara. Nel suo esperimento chiedeva ai partecipanti di individuare quale, tra 3 linee rette di differente dimensione, fosse uguale a un’altra presa come modello. La differenza tra le linee era chiara poiché differivano di circa 2.5cm e quindi non vi era alcuna ambiguità nello stimolo. All’interno dei gruppi uno solo era il vero partecipante, gli altri 7 erano dei collaboratori dello sperimentatore e dovevano rispondere in maniera unanime, fornendo però risposte percettivamente errate. Il partecipante rispondeva dopo aver ascoltato le opinioni e i pareri forniti dagli altri: il 32% dei partecipanti si allinea alle risposte del gruppo mentre invece il 24% resiste all’influenza altrui.

Caratteristiche individuali

Asch sosteneva che coloro che allineavano la propria opinione a quella collettiva, lo facevano per evitare di dover dare spiegazioni riguardo alla loro scelta e soprattutto per sentirsi parte di un ingroup, ottenendo quindi l’approvazione degli altri.

Esistono però delle caratteristiche di personalità che contrastano l’adesione alle opinioni altrui: un adeguato livello di autostima personale e di auto consapevolezza delle proprie competenze, o un locus of control interno e quindi centrato su di sé e non sul contesto.
Infine fungono da deterrente per il conformismo anche la motivazione personale a dire la propria opinione, il coinvolgimento emotivo alla questione, la presenza di un individuo incerto che rompe l’unanimità collettiva, e la cultura di appartenenza. Infatti coloro che crescono in una società collettivista, come quella giapponese, si conformano maggiormente alle idee altrui, rispetto a coloro che sono cresciuti in una individualista, come quella francese.

Scritto da Federica de Lillis, Dott.ssa in Psicologia dello sviluppo tipico e atipico presso Facoltà di Medicina e Psicologa La Sapienza

Riferimenti bibliografici:

Boca, S., & Bocchiaro, P., & Scaffidi Abbat, C. (2010). Introduzione alla psicologia sociale. Bologna: Il Mulino.

Voci, A. (2003). Processi psicosociali nei gruppi. Bari: Laterza