Skip to main content

Facebook Addiction: che cos’è?

Facebook Addiction: internet costituisce un terreno molto fertile per lo sviluppo di dipendenze legate a varie attività che si possono fare online, fra cui la Dipendenza da Facebook. Ne conoscevate l’esistenza?

Scopriamola insieme!

Facebook Addiction è una forma di dipendenza comportamentale, che consiste nell’utilizzare in maniera patologica il Social Network per eccellenza: Facebook. Oggi, un essere umano su cinque utilizza Facebook per una molteplicità di ragioni e in modo continuativo, al punto da poter essere considerato un prolungamento dell’identità di ciascuno.

Impegni, appuntamenti, incontri di lavoro, relazioni, traguardi, insuccessi, stati d’animo, pensieri, immagini: tutta la nostra esistenza è ormai racchiusa nel diario di Facebook. Facebook per noi è normalità. E, così, gli altri Social Network.

Alcuni di noi, però, tendono ad utilizzare Facebook con la stessa ossessività e compulsività dei dipendenti da sostanze o da alcol. Per tale motivo, secondo alcuni studiosi si potrebbe parlare di vera e propria Facebook Addiction Disorder, individuando una chiara sintomatologia.

Facebook Addiction: quali caratteristiche?

La Dipendenza da Internet e, di conseguenza, la Dipendenza da Facebook non rientrano fra i disturbi mentali elencati nel Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali – Versione quinta (DSM 5). Molte e recenti ricerche, tuttavia, testimoniano la somiglianza fra le caratteristiche di un uso patologico del Web e, quindi, di Facebook e le caratteristiche delle dipendenze classiche. Esse sottolineano, inoltre, la correlazione fra l’eccessivo utilizzo dei Social Network e problemi di salute mentale.

Le caratteristiche della Facebook Addiction individuate sono le seguenti:

  • Facebook si posiziona al centro dei pensieri, delle preoccupazioni e dei comportamenti della persona (salienza);
  • quantità di tempo sempre maggiori trascorse su Facebook (tolleranza);
  • umore e autostima dipendenti dal tempo trascorso su Facebook e dalla qualità e dal numero degli scambi virtuali con gli altri contatti;
  • irritabilità e sintomi fisici (tremori, sudorazione) quando la persona non è connessa a Facebook (astinenza);
  • spinta incontrollabile ad utilizzare Facebook, a prescindere dalla volontà della persona;
  • chiusura e danneggiamento delle relazioni sociali e familiari a causa dell’eccessivo uso di Facebook.

 

La salute dei Facebook Addicted

Ricerche recenti mostrano che l’uso eccessivo di Facebook sia correlato a problemi di salute mentale delle persone. In particolare, l’essere giovani di sesso maschile, il trascorrere anche pochi minuti al giorno su Facebook, il soffrire di depressione, ansia e altri sintomi psicosomatici e problemi socio-relazionali faciliterebbero lo sviluppo della Facebook Addiction.

Pare, inoltre, che la dipendenza da Facebook predisponga allo sviluppo di comportamenti narcisistici e comportamenti a rischio. I like alimentano il bisogno di ammirazione, la sensazione di potenza e le aspettative di successo. Il tutto all’insegna di una percezione distorta di sé e della realtà circostante. Quando non si raggiunge il numero di like attesi o si ricevono delle critiche, infatti, la persona si sente profondamente ferita, depressa e si isola.

Alla luce di queste considerazioni, appare sempre più impellente l’esigenza di educarsi ed educare i propri figli all’uso contenuto dei Social Network e all’importanza di coltivare le relazioni sociali e familiari, come prevenzione primaria dalla Dipendenza da Internet e dai rischi che essa comporta.

 

Fonti di riferimento

 

  • Błachnio, A., & Przepiórka, A., (2015). Internet use, Facebook intrusion, and depression: Results of a cross-sectional study. Pantic I Eur Psychiatr., 30(6), 681-4.
  • Kuss, D.J., & Griffiths, M.D., (2011). Excessive online social networking: Can adolescents become addicted to Facebook? Education and Health, 29(4), 68-71.
  • Van den Eijndena, R. J.J.M., Lemmensb, J. S., & Valkenburgc, M. (2016). The Social Media Disorder Scale. Computers in Human Behavior, 61, 478–487.