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Il concetto di Sublime

Il sentimento del Sublime è universalmente riconosciuto come uno dei tratti distintivi del movimento culturale ottocentesco noto come Romanticismo. Il dibattito circa questo concetto risale in realtà già al Settecento, secolo nel quale il Sublime viene assorbito dalla sfera filosofica per riflettersi poi sull’estetica e sull’arte. Nel 1756 l’intellettuale britannico Edmund Burk (1729-1797) pubblica “L’indagine filosofica intorno alle nostre idee di Sublime e Bello” segnando un punto di svolta nel percorso che dal classicismo settecentesco porterà al romanticismo ottocentesco. Burke contrappone alla teoria classicista del Sublime inteso come versione più nobile del Bello l’idea di un’accezione tenebrosa, oscura e passionale di questo concetto. Per Burke Sublime è ciò che è in grado di commuovere l’animo provocando sensazioni di orrore, pericolo e persino dolore. Il Romanticismo è per definizione la stagione del sentimento, delle passioni che travolgono e sconvolgono gli uomini. In arte, alla quiete dei personaggi rappresentati si sostituisce il racconto delle emozioni più intense e violente.

Le stesse riflessioni circa il Sublime non prendono in considerazione gli effetti artistici, ma si curano della reazione dell’osservatore in determinate circostanze. Il Sublime coincide con le sensazioni che invadono l’animo umano di fronte a fenomeni naturali grandiosi: tempeste, tormente di neve, eruzioni vulcaniche. Burke parla di emozioni che “tendono a colmare l’animo di un orrore dilettevole”. Questo è probabilmente l’aspetto più interessante: le vertigini che genera il Sublime ipnotizzano l’uomo, il quale si sente fortemente attratto da situazioni spaventose che tuttavia non possono lederlo in alcun modo essendo esse imprigionate dai confini di un quadro. Il Sublime si colloca all’estremo limite delle nostre capacità intellettuali. È l’attimo prima dello smarrimento della mente umana incapace di comprendere razionalmente sensazioni tanto potenti. È sia piacere che dolore. In un saggio di estetica del 1785 si legge “Il pinnacolo della beatitudine è confinante con l’orrore, la deformità, la follia: un culmine che fa smarrir la mente di chi non sa guardar oltre”.

 

La forza della natura

Joseph Wright of Derby - Vesuvius from Portici

Joseph Wright of Derby – Vesuvius from Portici

Da un certo momento in poi tormente, mari in tempesta, notti ventose, eruzioni vulcaniche, luoghi inospitali – rupi impervie o profondi abissi- diventano una costante figurativa. Immanuel Kant (1724-1804) nella sua “Critica del giudizio”, data alle stampe nel 1790, scrive: “Sublime è il senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla grandezza della natura sia nell’aspetto pacifico, sia ancor più, nel momento della sua terribile rappresentazione, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza”. Le nuove elaborazioni filosofiche sono recepite dagli artisti che prediligono dunque la rappresentazione della natura con ambientazioni volutamente fosche. Il fine è il coinvolgimento emotivo dello spettatore, il suo turbamento, facilmente raggiungibile con scene sensazionali.

Utilizzando ancora come confronto il Bello, esso è quel godimento che si prova anche di fronte a certi luoghi ameni privi di asprezze, dove prati, ruscelli, alberi creano una rassicurante armonia. Di contro, il Sublime affonda le radici in ciò che è paura e smarrimento: l’ignoto. L’oscurità, la solitudine, il vuoto, il silenzio sono condizioni che hanno a che fare con la percezione dell’infinito, pertanto la natura – infinita, grandiosa, smisurata – diventa la fonte del Sublime per eccellenza. I paesaggi sconfinati, siano essi desertici o selvaggi, si alternano a scene catastrofiche: valanghe, eruzioni vulcaniche o tempeste. Quello che è stato definito “paesaggismo catastrofico”, che mette in scena lo spettacolo della forza della natura che si scatena, spaventa l’osservatore, ma al tempo stesso lo affascina, lo attira e lo coinvolge in quelle visioni dove il terrore si mischia a note di piacere. È chiaro che un ruolo decisivo è affidato all’artista, anzi al Genio, altro concetto distintivo del Romanticismo: Genio è colui che possiede una sensibilità artistica innata e unica, grazie alla quale ci permette di accedere e godere del Sublime.

Caspar David Friedrich - Viandante sul mare di nebbia

Caspar David Friedrich – Viandante sul mare di nebbia

Gli artisti: Friedrich e Turner

I due artisti a cui si pensa spontaneamente quando si fa riferimento all’estetica del Sublime sono il tedesco Caspar David Friedrich (1774-1840) e l’inglese Joseph Maford William Turner (1775-1851).

Il primo è autore del dipinto considerato manifesto del primo romanticismo: Der Wanderer über dem Nebelmeer –Viandante sul mare di nebbia- (1818). Friedrich dipinge un uomo di schiena che si sporge su un paesaggio avvolto dalla nebbia, in un atto di profonda contemplazione. L’opera riproduce in maniera esemplare l’uomo, essere finito fatto di incertezze e errori, posto in completa solitudine di fronte all’immensità della natura. La Rückenfigur -figura di spalle- ben rappresenta lo smarrimento e soprattutto la solitudine. Il viandante dà le spalle all’osservatore, si estrania. Questa soluzione figurativa ha una doppia valenza: da un lato sottolinea l’isolamento, dall’altro permette a colui che guarda di immedesimarsi nel personaggio del viandante. Egli si identifica e ha modo di entrare a far parte del quadro, di contemplare in silenzio la natura infinita partecipando alla situazione emotiva e psicologica del protagonista.

Snow Storm - Steam-Boat off a Harbour's Mouth exhibited 1842 by Joseph Mallord William Turner 1775-1851

Snow Storm – Steam-Boat off a Harbour’s Mouth

William Turner sarà particolarmente attratto dagli aspetti distruttivi e spaventosi della natura. Nello specifico le sue opere raccontano i risvolti inquietanti del rapporto tra l’uomo e il mare. Si racconta che Turner si sia fatto legare alla cima dell’albero maestro di una nave durante una tempesta per poter cogliere la terribilità della forza della natura. Snow Storm – Steam-Boat off a Harbour’s Mouth del 1842 ne sarebbe il frutto. La piccola barca in balia delle onde, avvinta dal vento e dall’acqua è l’immagine che meglio restituisce la condizione precaria dell’uomo.

Del 1843 è il dipinto Shade and Darkness – the evening of the Deluge dove la fa da padrone il forte contrasto tra i toni caldi e luminosi della parte centrale della tela e le ombre cupe dell’arco superiore che incombono sulla scena minacciose. È un vortice di colori che ci risucchia al suo interno anche contro la nostra volontà e tutto questo è Sublime.

Shade and Darkness - the Evening of the Deluge exhibited 1843 by Joseph Mallord William Turner 1775-1851

Shade and Darkness – the Evening of the Deluge

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riferimenti bibliografici

Bodei (2008). Paesaggi sublimi: Gli uomini davanti alla natura selvaggia. Milano: Bompiani.

Pinna (2007). Il sublime romantico. Storia di un concetto sommerso. Palermo: Aesthetica Preprint.

 

Immagini

Joseph Wright of Derby, Vesuvius from Portici, s.d.

Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1818

Turner, Snow Storm – Steam-Boat off a Harbour’s Mouth, 1842

Turner, Shade and Darkness – the evening of the Deluge, 1843