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Empatia e Arte un binomio possibile?

Negli anni ’90 cresce in alcuni studiosi il desiderio di approfondire il rapporto tra arte e scienza, così nel 1994 il neuro scienziato Semir Zeki avvia un nuovo ambito di ricerca che approfondisce il legame tra la biologia e la percezione estetica. Grazie alle tecniche di neuroimaging funzionale è stato possibile localizzare alcune aree cerebrali coinvolte in questo processo, nasce cosi la neuro estetica. Tuttavia già nel 19 secolo venne approfondito da alcuni filosofi il rapporto tra arte,scienza ed empatia. Difatti alcuni filosofi detti “empatisti” sostenevano che la fonte del godimento estetico fosse “l’einfuhlung” ossia l’empatia con l’opera d’arte. Dunque alcune caratteristiche presenti in un quadro come i colori, ciò che vi è rappresentato, le forme e l’effetto luce-ombra attiverebbero nell’osservatore dei circuiti neuronali legati alla gratificazione, al piacere e all’empatia. L’empatia però potrebbe portare l’osservatore anche a sperimentare l’angoscia che il pittore vuole trasmettere attraverso il quadro e questo scatenerebbe la sindrome di Stendhal.

Alcuni esperimenti di neuroscienze vennero affrontati da David Freedberg nel 2007, professore di storia dell’arte e neuro scienziato dell’università di Parma, e riguardarono il rapporto tra empatia e arte figurativa. Questi esperimenti mostrarono l’attivazione dei neuroni specchio presenti nell’uomo e scoperti da Giacomo Rizzolati coinvolti nell’imitazione di azioni e dunque attivi quando si osserva un azione compiuta da un’altra persona e quando il soggetto stesso mette in atto quell’azione per imitazione. Gli studi di Freedberg, dimostrarono che nell’uomo anche l’osservazione di un opera d’arte e delle azioni presenti nel quadro attiverebbe questa classe di neuroni nella corteccia motoria e dunque egli parlò di “empatia carnale” detta anche empatia motoria. Dunque l’osservatore sarebbe portato inconsapevolmente a simulare il programma motorio compiuto dall’artista per realizzare l’opera. Altri studi di Cattaneo et al.(2013) dimostrarono anche l’importanza della corteccia prefrontale dorso laterale nella percezione estetica.

 

Cosa intendiamo per sindrome di Stendhal?

La sindrome di Stendhal è stata descritta per la prima volta negli anni 70 e può essere classificata come una sindrome psicosomatica scatenata dalle opere d’arte. Dinnanzi alle opere d’arte belle e suggestive presenti per lo più in luoghi chiusi, l’individuo può sperimentare alcuni sintomi fisici come tachicardia, giramenti di testa, difficoltà respiratorie, veri e propri attacchi di panico e allucinazioni. In seguito a questi sintomi fisici le persone si sentono costrette ad allontanarsi dall’opera che stavano osservando. Questa sindrome prende il nome dallo scrittore Marie-Henri Beyle, noto come Stendhal, appassionato di arte e letteratura. Egli sperimentò questa sindrome a Firenze nella basilica di Santa Croce. Tuttavia solo successivamente questa viene riconosciuta come una sindrome negli anni 70 quando la psichiatra Graziella Magherini descrive più di 100 casi tra i visitatori del capoluogo toscano. Per questi motivi la sindrome di Stendhal è detta anche sindrome di Firenze, perché si riscontra spesso in questo luogo.

Già nell’antichità era diffusa l’idea che le opere d’arte dovessero suscitare entusiasmo e dovessero esprimere il mondo interiore dell’artista. Ogni artista ha infatti un modo proprio per esprimersi attraverso i colori, i contorni, le pennellate e i tipi di immagini o paesaggi raffigurati. Le persone appassionate d’arte, sensibili, che immaginano molto e mentalmente predisposte possono davanti ad un opera d’arte sperimentare sensazioni forti accompagnate da sintomi fisici, e quindi sperimentare poi la sindrome di Stendhal. Alla base di questa sindrome potrebbe esserci l’attivazione dei neuroni specchio coinvolti nella comprensione degli stati emotivi altrui e nell’empatia. Dunque l’attivazione di questa classe di neuroni porterebbe l’individuo ad immergersi totalmente nell’opera che ha di fronte ed a sperimentare sensazioni non sempre positive come l’angoscia e questo produrrebbe dei sintomi fisici come vertigini, tachicardia, svenimento, euforia o depressione. Alcune persone invece, potrebbero manifestare eccitazione, esaltazione, estasi e potrebbero non riuscire ad allontanarsi dall’opera.

 

L’arte utilizzata come mezzo terapia

L’arte terapia si è rivelata utile nel trattamento di alcune patologie e consiste nella ricerca del benessere sia psicologico che fisico attraverso l’espressione artistica dei propri vissuti ed emozioni. Questa terapia può essere utile agli individui che hanno difficoltà cognitive, relazionali e che si esprimono attraverso il linguaggio non verbale come accade nei soggetti che soffrono di psicosi. L’arte terapia quindi permette ai soggetti di esprimersi e di creare una relazione anche con il terapeuta attraverso il disegno e la pittura. Questo tipo di terapia risale già agli antichi Egizi che incoraggiavano le persone che soffrivano di disturbi mentali a comunicare attraverso l’arte. Le aree d’intervento dell’arte terapia sono tre: l’area terapeutica, quella riabilitativa e quella educativa. Questo piccolo excursus vuole mettere in evidenza che l’arte può stupire sempre, se da una parte l’osservatore ne diventa angosciato nella sindrome di Stendhal, dall’altra l’espressione artistica è usata fin dall’antichità per esprimersi e per ricercare il benessere psicologico.

Dunque l’arte terapia può essere inserita in programmi terapeutici di schizofrenici o dei ragazzi autistici che non potendosi esprimere attraverso un linguaggio verbale possono istaurare con il terapeuta e con gli altri una relazione attraverso un linguaggio non verbale ( disegni), in programmi riabilitativi e può essere usata con anziani, bambini e portatori di handicap fisici. Con i bambini questa diventa un esperienza di gioco, in cui esprimersi liberamente e tirar fuori sensazioni ed emozioni. Inoltre questa può essere inserita anche in un area preventiva ed educativa per favorire la conoscenza di se stessi, per affrontare ostacoli che si presentano nella vita come un crisi coniugale o un lutto. In questo campo quindi l’arte terapia non agevola solo la guarigione, la consapevolezza di se e il cambiamento ma soprattutto promuove il benessere e garantisce un contatto con gli altri attraverso una modalità diversa di comunicazione. Utili per esprimersi attraverso un’altra modalità sono anche la danza terapia e la teatro terapia.

 

Scritto da Eleonora Campelli, Dr.ssa in Neuroscienze cognitive

 

Riferimenti Bibliografici

Centini A. ( 16 gennaio 2019) Cos è la sindrome di Stendhal, il disturbo psicosomatico scatenato dalle belle opere d’arte https://scienze.fanpage.it/cose-la-sindrome-di-stendhal-il-disturbo-psicosomatico-scatenato-dalle-belle-opere-darte/

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Fargnoli L.( 2 luglio 2018) Neuroni Specchio, la più grande scoperta neurobiologica del 900 è italiana: cosi ci “donano” la vita https://scienze.fanpage.it/neuroni-specchio-la-piu-grande-scoperta-neurobiologica-del-900-e-italiana-cosi-ci-donano-la-vita/

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Fasciani R. (2019) L’arte terapia e l’espressione di se stessi http://www.benessere.com/psicologia/arg00/arteterapia.htm

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Guest ( 2 dicembre 2016) Neuroestetica: i correlati neurali della percezione estetica https://www.stateofmind.it/2016/12/neuroestetica-correlati-neurali/

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Missana B. ( 24 ottobre 2014) Il godimento estetico, una questione di “empatia”! https://www.stateofmind.it/2014/10/godimento-estetico-questione-empatia-neuroestetica/

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Scott G. ( 28 febbraio 2012) Che cos è la sindrome di Stendhal? https://cultura.biografieonline.it/la-sindrome-di-stendhal/

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