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Che cos’è il controllo?

Molte persone, per prevenire la sofferenza, hanno un disperato bisogno di mantenere il controllo sulla loro vita, sulle emozioni, sui comportamenti propri e altrui. Quando parliamo di controllo facciamo riferimento, infatti, non solo a ciò che ci circonda, ovvero l’ambiente in cui viviamo e i rapporti interpersonali, ma anche a noi stessi, a ciò che è giusto o ciò che è sbagliato fare. Esercitare il controllo sulle proprie azioni è fondamentale per poter agire in modo civile, rispettando le regole della società in cui si vive. Tuttavia, a volte il controllo è espresso in modo estremo, e ciò implica delle profonde limitazioni nella vita dell’individuo, nella sua capacità di sperimentare emozioni e di trarre soddisfazioni dalle varie esperienze.

Cos’è di preciso il controllo? Possiamo davvero controllare tutto ciò che ci circonda, tutte le nostre azioni e l’agire altrui? Per cercare di rispondere a tali quesiti, credo sia illuminante e interessante citare una frase del film Istinct:“Sbagliato! Non hai mai avuto il controllo! Hai solo creduto di averlo! Un’illusione. Che cos’è che controlli per certo? Il volume del tuo stereo, o l’aria condizionata della tua macchina… che altro?”, (Ethan Powell, personaggio interpretato da Anthony Hopkins, film “Istinct”, 1999). Appare evidente, dunque, che ognuno di noi s’illude di avere il controllo sulla propria vita, ma in realtà quasi nulla è in nostro potere.

Da cosa potrebbe derivare l’ipercontrollo?

Il bisogno esagerato di controllo può avere diverse origini. Se legato a sentimenti d’inadeguatezza, potrebbe essere una necessità scaturita da un’educazione troppo rigida, punitiva o svalutante. La persona che ha avuto dei genitori severi, che hanno preteso sempre la perfezione e l’assoluta efficienza, potrebbe crescere introiettando tale modello educativo, fino a farne un vero e proprio stile di vita. In tal modo, il soggetto cerca di tenere tutto sotto controllo, per essere impeccabile e per far sì che tutto vada come aveva progettato; l’atteggiamento critico e intransigente dei genitori è diventato proprio dell’individuo, il quale, così facendo, si fustiga e si denigra.

In alcuni casi, il soggetto può avere la convinzione che l’amore che riceve dagli altri non è incondizionato, ma derivi dall’impeccabilità dei suoi comportamenti e vada meritato con impegno e sacrificio. Per questo motivo, la persona svolge ogni attività facendo attenzione a non sbagliare, a non fallire, cercando di dare il massimo; di conseguenza, raramente trae gratificazione da ciò in cui si applica. In altre situazioni, l’individuo può essere stato cresciuto in un contesto caratterizzato dall’ansia e dall’abitudine di controllare le relazioni; di conseguenza, quest’ultimo riprodurrà lo stile educativo ereditato in età adulta.

 

La persona ipercontrollante

Il bisogno eccessivo di controllo è tipico dei soggetti con personalità ossessiva, i quali ricercano costantemente la perfezione e fanno delle regole e del rigore il loro pane quotidiano. Per l’ossessivo esistono solo il bianco o il nero: le altre sfumature non sono contemplate. Tale soggetto vive di logica, di razionalità, si mostra formale nelle relazioni, al punto da essere giudicante, punitivo e critico nei confronti di coloro che non rispecchiano il proprio schema mentale. Egli tende, inoltre, a comandare per appagare il proprio bisogno di tranquillità. L’ossessivo svolge una vita basata sulla produttività, su attività scrupolosamente programmate: nulla è lasciato al caso. L’imprevisto non è contemplato, ma è temuto poiché elemento destabilizzante.

In alcune occasioni, il bisogno di controllo si manifesta attraverso la necessità di mantenere i propri spazi puliti e in ordine; nulla è lasciato fuori posto. Altre volte, il soggetto tende a controllare il proprio comportamento in modo rigido: in questo caso, l’individuo s’impone una ferrea disciplina, a discapito della sfera emotiva che è svalorizzata. Le emozioni non possono essere mostrate, perché sono sinonimo di debolezza, di vulnerabilità. Per cercare di controllare una realtà prevedibile, si evita il coinvolgimento emotivo. L’ossessivo vuole convincersi di bastare a se stesso, negando i propri sentimenti e desideri. Tale atteggiamento tende a stabilizzarsi nel tempo e diventa un terreno fertile per l’ansia, la frustrazione, la depressione, gli attacchi di panico, il disturbo ossessivo compulsivo, somatizzazioni.

 

Abbandonare il controllo

Lasciar andare il controllo significa accettare la propria vulnerabilità, rientrando in contatto con le proprie emozioni tanto negate; ciò implica il comprendersi nella propria complessità, incompletezza e umanità. Vuol dire mettere da parte il bisogno di perfezione che nasce dall’insicurezza, dal timore di non essere amati ugualmente. Una volta presa consapevolezza del disagio che deriva da questa ricerca ossessiva del controllo, ci si può affidare ad uno psicoterapeuta che aiuti il soggetto ad entrare in contatto con le proprie emozioni, ad aumentare l’autostima, esplorare i problemi legati alla frustrazione e al perfezionismo, essere meno critico verso gli altri e verso se stesso. In alcuni casi, inoltre, possono essere utili delle tecniche di rilassamento, meditative o di espressione corporea come il training autogeno o l’ipnosi, che favoriscono il contatto con parti di sé precedentemente negate.

 

Roberta Parrilli – Dott.ssa in Psicologia Clinica

 

Riferimenti bibliografici

Chaillè, C. (2008). Imparate a non controllare tutto. Per la vostra felicità e quella degli altri. Il Punto di incontro

Gabbard, G., O. (2002). Psichiatria psicodinamica. Raffaello Cortina Editore, Milano.

Giusti, E., Iannazzo, A., Montanari, C. (2001). Psicoterapie integrate. Piano di trattamento per psicoterapeuti con interventi a breve, medio e lungo termine. Masson