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In Italia si legge sempre meno

In Italia sta appassendo la passione per la lettura, questi i dati sconfortanti dell’ISTAT riportati da repubblica.it. Da circa sette anni il calo dei lettori nel paese di Giacomo Leopardi è costante, inesorabile. Nel 2010 ci fu il punto di massima crescita rispetto al 2000, raggiungendo il 46,8% di italiani che avevano letto almeno un libro nel corso di un anno. Da allora è seguita una caduta libera, fino al 40,5% del 2016. Per lettura s’intende una libera scelta, non legata a fini scolastici o professionali. Un calo che riporta al 1999, quando la percentuale era del 38,6%.

Nel primo decennio degli anni 2000 si era tornati a leggere, forse spinti da speranze legate al nuovo millennio. Un aumento che lasciava sperare in un nuovo risorgimento. Poi, forse complice la devastante crisi economica, una nuova regressione ha colpito la voglia di leggere. I giovani leggono sempre di meno e c’è un notevole divario tra uomini e donne, dove queste ultime leggono molto di più. La differenza è abissale anche tra il nord e il sud dell’Italia. Nelle regioni del sud legge solo il 27,5% della popolazione contro il 48,7% delle regioni del nord-est. Molto importante è la familiarità con saggi e romanzi. Nelle famiglie dove entrambi i genitori passano il tempo libero leggendo, la percentuale dei ragazzi tra i 6 e i 18 che legge è pari al 66,9% contro il 30,8% dei figli con genitori avulsi alla lettura. Davanti a questa diaspora è opinione degli editori che le principali cause sono da ricondurre al basso livello culturale della popolazione e la mediocrità delle politiche scolastiche per un’adeguata educazione alla lettura. Inoltre, si evince che chi è più propenso alla lettura frequenta molto di più il cinema, il teatro, mostre artistiche e musei. Chi non legge mostra meno interesse nell’arte.

Leggere fa bene al cervello

Gli italiani non leggono, eppure lo dovrebbero fare. Scoperte neuroscientifiche testimoniano che leggere un romanzo non fa bene solo allo spirito ma migliora anche le funzioni cerebrali. I ricercatori David Comer Kidd ed Emanuele Castano, hanno condotto uno studio per conto della New School For Social Research di New York. Lo scopo era di verificare gli effetti sul cervello dopo l’interpretazione di un testo. In merito a questo hanno effettuato cinque differenti esperimenti, e li ha portati a concludere che la lettura di opere di narrativa migliora la capacità di capire l’altro. Ottimizzano le capacità di comprensione di ciò che accade al prossimo: cosa prova, cosa pensa, il perché di un certo modo di agire.

Risulta perfezionarsi il grado di empatia, si è in grado, cioè, di rappresentare gli stati mentali propri e di quelli degli altri, quello che psicologi e scienziati hanno catalogato come Teoria della Mente. Questa dote cognitiva è in innata in ogni essere umano, ma il suo sviluppo è condizionato dalle capacità intellettive dell’individuo e dal contesto culturale in cui cresce. I primi a formulare questa teoria furono Premack e Woodruff nel 1978, in cui postulavano la capacità di comprendere uno stato mentale di un uomo partendo dal comportamento manifesto.

Tornando alla ricerca, pubblicata su Science, i cinque esperimenti hanno portato i due ricercatori alla valutazione degli effetti su alcuni volontari, a seconda del genere letterario proposto (narrativa letteraria, narrativa di genere e non fiction), misurando la Teoria della Mente a lettura avvenuta. I soggetti che avevano letto romanzi letterari, ritenuti migliori da un punto di vista artistico, hanno mostrato punteggi più alti a quelli che avevano letto romanzi di genere. Questo perché, nei primi, c’è una componente psicologica dei protagonisti del libro più complessa da comprendere. Un’ altra ricerca, pubblicata sulla rivista Brain Connectivity, ha dimostrato come la lettura di un romanzo migliori alcune funzioni cerebrali. Dei volontari si sono sottoposti a una risonanza magnetica funzionale. L’hanno fatto consecutivamente per diciannove giorni, durante i quali hanno finito di leggere un romanzo.

Al termine dell’esperimento sono stati riscontrati miglioramenti nelle aree cerebrali, deputate alla comprensione di un fatto e alla scelta di prospettiva. C’è stato un incremento di connessioni nel giro angolare sopramarginale sinistro e nella regione del giro temporale posteriore destro. Ma sono cambiamenti di breve durata. Diversamente accade nella corteccia somatosensensoriale, dove gli effetti della lettura sono risultati essere più duraturi, tanto che hanno indotto a parlare di un potenziale meccanismo dove c’è il coinvolgimento dei neuroni, legati alle sensazioni fisiche e al sistema del movimento. Una “semantica incarnata”, dove si assiste a variazioni neuronali che fanno immedesimare il lettore con il protagonista del romanzo. E questo non avviene solo durante la lettura della storia, ma anche nei giorni successivi. Tutto a favore di una maggiore empatia.

I consigli di un filosofo

Alain de Botton, filosofo e scrittore, sottolinea i benefici, non secondari, che si possono ottenere praticando con costanza delle buone letture. Il primo è quello di far risparmiare tempo, grazie alla comprensione immediata di emozioni e situazioni che richiederebbero decenni per essere sperimentate direttamente. Il filosofo definisce la lettura come il più grande “simulatore di realtà”esistente, uno strumento in grado di far vivere esperienze impossibili da fare in tutta una vita. Il secondo beneficio è di dare la possibilità di mostrare le cose con un diverso punto di vista. Gli scrittori scandagliano il territorio delle emozioni più profonde, quelle che il mondo moderno ha cannibalizzato con la mercificazione e il cinismo del successo a tutti i costi.

Il terzo beneficio è legato a una cura per la solitudine, gli scrittori trovano le giuste parole per stati d’animo che si pensava di non poter esprimere. Un romanzo illuminante aiuta a comprendere ciò che si riteneva una propria stranezza. I libri aiutano a costruire delle mappe emotive, con le quali si affronta meglio il percorso di conoscenza di sé stessi. Rendendoci, per l’appunto, meno soli. Il quarto beneficio, aiuta a guardare in faccia il fallimento, una delle più grandi paure dell’uomo insieme al giudizio altrui. E il mondo di oggi sembra condannare senza appello il fallimento. Gli scrittori, con le loro storie, riportano tutto ad una dimensione più realistica della vita, Storie di amori finiti, di rifiuti, di successi e insuccessi finanziari, di scelte definitive, raccontano che tutto fa parte della vita, anche il fallimento.

Leggere salva la mente

La politica, la pubblicità, il mondo dello spettacolo condizionano, senza sosta, il modo di pensare e vivere la propria vita. Esperti di ogni categoria: dall’economista allo chef, dall’influencer allo stilista, dal criminologo mondano al sociologo illuminato, tutti, in tv e in rete, raccontano verità assolute e martellano consigli su tutto lo scibile umano. Oggi non sembra esserci più spazio per un pensiero indipendente, raggiungibili ovunque grazie ai cellulari e ai pc portatili, c’è sempre qualcuno pronto a proporre un’idea. Anche il sottoscritto, in quest’articolo, vi propone un percorso, partendo dallo spunto di dati allarmanti: riprendere una vecchia strada. Tornare a leggere, perché il pensiero possa depurarsi dalle idee dominanti, emanciparsi dall’ovvio e dalla mediocrità, e si riappropri di un pensiero critico. Una terapia antica, che aiuta a conoscere sé stessi e gli altri, aumentando la consapevolezza delle proprie azioni. Leggere apre le finestre in stanze chiuse da anni.

“Bisogna allora continuare la strada da soli, nella notte. Abbiamo perso i veri compagni. Non gli abbiamo fatto la sola domanda giusta, quella vera, quando c’era tempo. Al loro fianco non sapevamo. Uomo perduto. Siamo sempre in ritardo fin dal primo istante. Tutto questo sono rimpianti che non fanno bollire la pentola”

Tratto da Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline  pag. 416.

 

Riferimenti bibliografici

Céline, L. F. (2013), Viaggio al termine della notte. MI: Corbaccio editore.