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Psicologia giuridica e ricerca

La psicologia giuridica è un campo molto articolato, applicabile a vari contesti ed in continua evoluzione. Questa particolare branca della psicologia infatti tende a modificarsi in base ai bisogni della società. Uno dei primi oggetti di studio della psicologia  “giudiziaria”  è la persona delinquente.  Da quel momento in poi si è cominciato a parlare di caratteristiche e profili criminologici ed in particolare è stata riconosciuta un’identità disciplinare alla psicologia giuridica. Lentamente il focus si è spostato dall’individuo al sistema giuridico e al diritto. Nello specifico della psicologia giuridica che si occupa dello studio del minore vediamo la componente penale, quando è il minore a commettere un reato o è vittima di reato o quella  civile; ad esempio nei procedimenti giudiziari di separazione o ancora in contesti scolastici.

Sono molti i progetti di ricerca applicabili all’ ambito  della psicologia giuridica. Sono molti i dubbi a livello metodologico e teorico che emergono durante questo tipo di ricerche. La ricerca deve infatti rispondere a due criteri fondamentali, ossia la validità l’affidabilità. Per fare ciò è necessario avere una strategia di ricerca. Per cui è fondamentale scegliere il metodo e seguirlo.

La psicologia giuridica può essere analizzata da un punto di vista descrittivo -esplicativo o unicamente teorico. Oppure,  dal punto di vista applicativo può comportare la realizzazione di interventi di tipo specifico ed operativo rispetto all’area di riferimento.

In questo caso l’oggetto di studio potrebbe essere il reato. Osservabile dal punto di vista unicamente normativo e giuridico oppure intrapsichico e interpersonale, dunque più interpretativo che pratico. In questo modo si deve scindere la scienza pratica dalla scienza teoretica.

 

Non esiste un metodo giusto

La psicologia giuridica può fare riferimento a un specifico modello deduttivo  statistico o induttivo. Nel primo caso si fa unicamente riferimento alla contestualizzazione della devianza e alla creazione di modelli in grado di spiegare il crimine. Mentre nel secondo caso si fa più riferimento alle caratteristiche individuali soggettive che comportano il crimine. Dunque si studia l’azione deviante dal punto di vista espressivo e comunicativo.

Esistono dunque vari modelli epistemologici in base alla finalità che si vuole raggiungere. Il metodo quantitativo è basato su tecniche di analisi statistiche. Un altro metodo è invece il metodo qualitativo che si basa sull’osservazione partecipata o sull’analisi testuale di specifiche interviste create ad hoc. Uno dei vantaggi di svolgere ricerche di tipo quantitativo riguarda la relazione fra costrutto che si vuole indagare e sistema numerico di riferimento. I dati raccolti vengono trasformati in variabili psicologiche elaborate in un secondo momento. Tramite il campionamento è possibile stabilire un rapporto fra la variabile dipendente e la variabile indipendente. Mentre l’approccio qualitativo non vede la stessa rigida unità di misura. Ad esempio si potrebbe definire attraverso un’analisi qualitativa se una persona ha una problematica più accentuata rispetto ad un’altra ma non si può quantificare a livello di misurazione.

Differenze significative

La principale differenza fra i due approcci metodologici deriva dal tipo di misura effettuata. Un’altra differenza significativa è che nel metodo quantitativo il disegno di ricerca è pianificato ed esplicato sin dall’inizio. Mentre nel metodo qualitativo prende forma in base alla raccolta dati. Inoltre nel primo metodo il campione deve possedere delle caratteristiche definite rappresentative della popolazione, per poter generalizzare infine i risultati. Mentre nel secondo metodo i dati vengono raccolti in maniera differente e con un campione eterogeneo per arricchire e conoscere maggiormente il fenomeno.

Per cui  in questo caso non è importante comparare fra di loro i dati. Mentre nella ricerca quantitativa questo è fondamentale. Non esiste una metodologia migliore di un’altra. Le metodologie vengono usate in base all’obiettivo e alla motivazione specifica di ogni ricerca.

Un altro metodo è l’approccio sperimentale chi parte da una o più ipotesi verificate l’interno di un specifico setting, in cui lo sperimentatore può tenere sotto controllo le singole variabili. Tale approccio ha qualche svantaggio. Ad esempio l’eccessiva artificiosità dell’ambiente che potrebbe inficiare il risultato di ricerca e la buona validità ecologica. Il soggetto che viene osservato in un ambiente sperimentale potrebbe non comportarsi come fa di solito e produrre  delle risposte che derivano dal setting. Un esempio chiaro e applicabile alla psicologia giuridica è lo studio sulla testimonianza, in cui la percezione e la memoria della persona viene alterato dalla tipologia di intervista svolta e dalla metodologia utilizzata dall’intervistatore.

Riferimenti bibliografici

Patrizi, P. (2012). Manuale di psicologia giuridica minorile.

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.