La psicologia giuridica e il danno psicologico
Il danno psicologico incide sulla psiche dell’uomo e può avere anche possibili ripercussioni visibili sul corpo. Proprio per questa sua caratteristica risulta difficile quantificarlo. Lo psicologo giuridico deve rispondere a quesiti che indagano una tipologia di danno psicologico in una persona che ha subito un’offesa di vario genere. In questo articolo cercheremo di chiarire cosa è il danno psicologico e quali sono gli effetti sperimentati dalla vittima. Inoltre approfondiremo come intervenire per valutare tale danno.
Effetti del danno
Gli effetti del trauma possono avere conseguenze a breve termine (2/3 settimane). Gli effetti a breve termine sono caratterizzati dapprima da intense reazioni di shock (paura, ansia), ritiro in sé stessi (introversione, auto colpevolizzazione). E infine reazione depressiva con pensieri ricorrenti sull’evento, irritabilità e rabbia. Tra i sintomi psicologici ricordiamo enuresi diurna e notturna, disturbi del sonno, fobie, cefalee, disturbi dell’alimentazione e dolori addominali.
Gli effetti del trauma possono essere anche a lungo termine. In quest’ultimo caso le vittime riorganizzano il proprio stile di vita e in molti casi anche i rapporti interpersonali. Si assiste a una ristrutturazione dei modelli operativi interni che comportano una distorsione della percezione del mondo come “malevolo”. Le conseguenze psicologiche sono disturbi d’ansia, disturbi da stress post-traumatico, disturbi di personalità multipla, comportamento depressivo e suicidario, disturbi borderline.
Come gestire il danno psicologico
L’individuo che ha subito un trauma sperimenta una risposta psicofisiologica intensa e duratura. Lo stress è una risposta che rientra nelle normali condotte di adattamento dell’individuo di fronte a nuovi stimoli ambientali. Tuttavia se eccede in intensità e durata può comportare una brusca modificazione degli equilibri fisiologici.
Spesso sentiamo parlare di sindrome di adattamento generale. Quando l’individuo non è in grado di far fronte allo stress del trauma e non ripristina il suo equilibrio fisiologico. L’individuo non si adatta. Codesta sindrome è caratterizzata:
- Da una fase di allarme in cui l’individuo si mobilita per affrontare il rischio;
- Una fase di resistenza in cui l’individuo si confronta con la minaccia organizzandosi anatomo-funzionalmente in senso difensivo;
- Una fase di esaurimento, in cui l’individuo non è in grado di adattarsi allo stressor.
Le fasi della valutazione
Il processo psicodiagnostico è volto ad accertare gli effetti menomanti che derivano dal danno e l’integrità psicofisica della persona. Bisogna poi stabilire quanto questi costituiscano un danno risarcibile e quantificabile. Lo psicologo, dunque, in suddetta occasione suggerisce una diagnosi che rappresenti il presupposto di un processo valutativo. Le fasi operative nel processo di valutazione del danno psicologico sono:
- Raccolta anamnestica
- La diagnosi psicopatologica
- La “misurazione” dei sintomi psicopatologici con test
- La formulazione prognostica a breve e medio termine
Per la valutazione degli effetti e delle conseguenze traumatiche si utilizzano test psicologici di personalità, di livello, test grafici e test test neuropsicologici.
Lo psicologo giuridico deve valutare gli effetti traumatici discriminando tra:
- Eventi che riguardano specificamente il trauma
- Eventi concorrenti al trauma
- Eventi antecedenti al trauma
- Eventi che seguono il trauma
Un danno quantificabile
Per la quantificazione del danno psicologico è possibile servirsi di cinque diverse fasce corrispondenti ad altrettanti intervalli percentuali, riportate di seguito.
- Danno lieve (6-15%) lieve alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno moderato (16-30%) moderata alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno medio (31-50%) media alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno grave (51-75%) grave alterazione dell’assetto psicologico e della personalità, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno gravissimo (76-100%) gravissima alterazione dell’assetto psicologico e della personalità, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici.
Il criterio per valutare il livello di gravità non può essere standardizzato, ma può essere di natura descrittiva. Per distinguere tra i diversi livelli di gravità, i criteri da considerare sono diversi.
- l’entità della sintomatologia;
- la compromissione del funzionamento socio-lavorativo;
- il funzionamento dell’io e l’esame di realtà;
- il livello evolutivo dei meccanismi di difesa utilizzati;
- l’identità e il tipo di “confini” tra sé e gli altri (rigidi, assenti, labili, ecc.).
Questi criteri devono essere valutati dapprima singolarmente e successivamente nella loro complessiva valenza. Questo permette di formulare un’adeguata stima del livello di compromissione psicologica.
Scritto in collaborazione con Melissa Grasso, Dottore in Psicologia Applicata, Clinica e della Salute, laureata presso l’Università degli Studi dell’Aquila.
Riferimenti bibliografici
Pernicola, C. (2008). Guida alla valutazione del danno biologico di natura psichica. Criteri, tabelle, esempi. Franco Angeli: Roma.