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Un corpo da leggere: la psicologia del tatuaggio

Il termine “tattoo” – in italiano “tatuaggio” – deriva dal polinesiano “tautau”, onomatopea che ricordava il rumore prodotto dal picchiettare del legno sull’ago per bucare la pelle. Il termine fu coniato nel 1769 dal Capitano James Cook che, approdando a Tahiti, osservò questo tipo di pratica messa in atto dalle comunità locali e nel suo diario li descrisse utilizzando il termine “tatouage”. La passione per i disegni sulla pelle risale a tempi molto lontani; già nell’Antica Roma i gladiatori e gli schiavi venivano incisi con dei marchi per essere poi riconosciuti. I tatuaggi, a quel tempo, erano utilizzati come dimostrazione di essere differenti dalla massa, ma soprattutto, un modo per distinguersi dalla plebe.

Oggi, nell’era moderna, i tatuaggi sono diventati un vero e proprio fenomeno di massa. Possiamo vederne di ogni tipo e in ogni posto del nostro corpo: sul piede, sulla schiena, sulle braccia… addirittura in viso. Ce ne sono di ogni forma e dimensione, colorati o i bianco e nero, romantici o spaventosi. Quello che si chiedono in molti è: quali sono le ragioni psicologiche che spingono un individuo a tatuarsi? Perché questo fenomeno sta prendendo sempre più piede nella nostra società?

 

La psicologia del tatuaggio

Le ragioni psicologiche che stanno alla base di un tatuaggio possono essere tra le più disparate: può avere significati religiosi, politici, spirituali, trasgressivi. Ciò nonostante, chi si tatua cela dentro di sé delle motivazioni ben precise:

  • Ricerca della propria identità: per chi si sente smarrito nel mondo, per chi non si riconosce in nessun stereotipo sociale e culturale, il tatuaggio è un simbolo di riconoscimento identitario. Grazie ad un segno sulla pelle, si trova il proprio Io e di conseguenza il proprio posto nel mondo. Può anche dimostrare un segno di cambiamento per chi si sente soffocato nella monotonia, un gesto che rappresenta un segno di trasformazione.
  • Un messaggio per il prossimo: Il corpo diventa una tela su cui dipingere; ci si tatua per comunicare agli altri i nostri stati d’animo o più semplicemente un nostro pensiero che va controcorrente. E’ un messaggio che può assumere forme colorite e romantiche ma anche violente e ribelli.
  • Un rito di passaggio: Per molti ragazzi, in particolare adolescenti, il tatuaggio può assumere il significato di un rito. Un momento di passaggio in cui, per esorcizzare un dolore particolare, ci si tatua dimostrando forza e coraggio. Un modo per sentirsi meno soli ed essere accettati da chi ci sta intorno.

Il motivo più profondo che spinge un individuo a tatuarsi, infatti, è proprio quel bisogno di distinguersi dagli altri, il bisogno di affermare in modo visivo la propria diversità.

Il tatuaggio, quindi, porta fuori qualcosa che in genere tendiamo a nascondere agli altri e a tenere per noi.

 

Tatuaggio e parti del corpo: il valore comunicativo

Dal punto di vista psicologico, anche la scelta della parte del corpo da tatuare risulta particolarmente interessante; un tatuaggio disegnato su parti del corpo ben visibili dimostra come la persona abbia dato a quel gesto una dimensione “pubblica”, in modo tale da essere commentata ed apprezzata dagli altri. Diverso è chi decide di tatuarsi in parti del corpo difficilmente visibili, in modo tale da mostrarle solo in momenti di intimità o solo ad individui ben precisi.

Inoltre, sempre secondo la psicologia del tatuaggio, chi si tatua sulla parte sinistra del braccio – che per la psicologia rappresenta il passato – è un soggetto pessimista, con poca fiducia verso il mondo esterno e verso il prossimo. La parte destra, invece, è legata al futuro e denota un carattere aperto, amichevole e solare, propenso ai cambiamenti. Tatuarsi le braccia, significa che l’individuo sta attraversando un momento di lenta maturazione, il tronco invece è sinonimo di capacità e fermezza decisionale. La caviglia è la zona preferita dal mondo femminile: elegante e delicata, simbolo di fragilità, poiché rappresenta un punto non indifferente al dolore.

 

Tatuaggio: rischio patologia?

I tatuaggi hanno molteplici significati e non sono un sintomo di patologia. Piuttosto, molto importante è considerare il contesto socio-culturale in cui si vive; non bisogna quindi preoccuparsi se un adolescente ricorre alla pratica del tatuaggio. Lo si fa, superficialmente, per seguire una moda e stare al passo dei tempi, per non rimanere indietro, nell’“antico”. In una sfera più profonda, si ricorre al tatuaggio per rappresentare anche un forte dolore che non si è stati in grado di esorcizzare del tutto, poiché ripensandoci brucia ancora, ma vederlo impresso sulla pelle è simbolo di quella forza che ancora ci si sente di non avere per andare avanti.

Si può parlare di patologia quando le modificazioni del corpo sono avvenute in maniera troppo eccessiva; in casi come questi si presuppone che oltre ad una passione per il tatuaggio ci sia anche una considerazione distorta della propria immagine. Soggetti come questi vedono il proprio corpo pieno di difetti, i quali possono essere aggiustati e risanati solo tramite la modificazione estetica o il tatuaggio, per coprire quelle parti che non si riescono proprio ad accettare. E’ giusto accettare e rispettare chi decide di comunicare con il corpo: è una modalità per raccontare noi stessi e il nostro vissuto. Come tutto il resto, l’importante è non cadere nell’eccessività e mantenere vivo l’intento comunicativo del tatuaggio.

 

Riferimenti bibliografici

  • Lemma A. (2011). Sotto la pelle. Psicanalisi delle modificazioni corporee. Milano: Editore Cortina Raffaello
  • Tassi F. (2016). Il Rinascimento del tatuaggio. Il significato psicologico di un’arte millenaria. Firenze: Edizioni Maddali e Bruni