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William Utermohlen e la diagnosi

Problemi di memoria e di concentrazione, disordinata concezione del tempo e dello spazio, difficoltà nel riconoscere gli oggetti e nel comprendere la loro funzione, incapacità di prendere decisioni, giudizio e pensiero offuscati: questi sono solo alcuni dei sintomi riconosciuti propri dell’Alzheimer. Dagli anni Novanta è stato messo a disposizione della comunità scientifica un singolare diario clinico che materializza i sintomi di un soggetto affetto dalla patologia. Si tratta di una serie di opere realizzate da un pittore americano, William Utermohlen (1933-2007), al quale è stato diagnosticato l’Alzheimer nel 1995. Nato a Philadelphia nel 1933 William viveva ormai da più di trent’anni a Londra con la moglie Patricia Redmond, una storica dell’arte. Proprio lei già quattro anni prima aveva notato i primi disturbi: il marito faceva difficoltà a trovare la strada di casa, a leggere l’ora, dimenticava gli appuntamenti, non riusciva più ad annodarsi la cravatta. In un primo momento si era pensato ad una forma di depressione che un medico aveva cercato di curare con un trattamento che tuttavia non aveva prodotto risultati.

Autoritratti

Autoritratti

Solo nel 1995 una risonanza magnetica rivela un’atrofia cerebrale generalizzata e un conseguente esame neuropsicologico verifica un deterioramento cognitivo. Dopo la diagnosi non è prescritto a William un percorso di arte terapia, ciononostante continua a dipingere autonomamente. La sua opera attrae il neuropsicologo che lo segue, Sebastian Crutch, il quale riconosceva il valore dell’espressione artistica come finestra sui processi mentali di cui non si è coscienti. Poiché Utermohlen è stato artista attivo per la maggior parte della sua vita, i suoi percorsi neurali sono condizionati per esprimersi attraverso il pennello, la pittura. Laddove la parola non riesce ad arrivare ecco l’arte: la serie The Conversation Pieces e i Self Portraits, gli ultimi lavori che costituiscono una rara testimonianza della vita interiore di un paziente affetto da Alzheimer.

 

The Conversation Pieces: uno sforzo per preservare la sua vita

Utermohlen si serve della pittura come mezzo per contrastare l’inevitabile processo di disorganizzazione psichica, per preservare la sua vita, il suo mondo e se stesso: ritrae questi soggetti per non farli scomparire. Tra il 1990 e il 1991 realizza la serie pittorica The Conversation Pieces, in cui i critici individuano i segni della malattia non ancora diagnosticata e il tentativo dell’artista di sistemare mentalmente quel qualcosa che sente gli sta sfuggendo di mano. Sebbene una delle caratteristiche cliniche dell’Alzheimer sia l’anosognosia, ovvero la quasi totale inconsapevolezza da parte del paziente dei suoi sintomi, Utermohlen si mostra cosciente dei suoi disturbi patologici ben prima della diagnosi e questi dipinti sono una reazione a quanto gli sta accadendo. William abituato a dipingere le sue sensazioni, il suo mondo e la sua realtà ferma sulla tela la sua condizione mentale e sensoriale, la sua esperienza di malattia.

Snow, 1991

Snow, 1991

Tutte le scene sono ambientate nel suo appartamento e i titoli si riferiscono allo spazio o al tempo: W.9., Maida Vale (quartieri londinesi), Bed, Night, Snow, Conversation. Si tratta di orientamenti spaziali e temporali che William vuole fissare in un mondo che diventa sempre più confuso. L’artista li dipinge per resistere all’inarrestabile degrado psichico che cancellerà tutto ciò che gli è familiare. Le tele raccontano anche di specifici momenti emotivi e di relazioni affettive: i protagonisti sono infatti parenti e amici più stretti, ma ruolo principale è dato alla moglie Patricia, vero punto di riferimento della sua vita.

Nonostante gli sforzi del pittore di mantenere un’interpretazione coerente della realtà, ben presto si fanno strada nei suoi dipinti segni di disorganizzazione e di inquietante stranezza: si veda il senso di disorientamento in Snow (1991). La serie registra dunque lo sforzo di William e il suo graduale fallimento nel fermare il processo di deterioramento della memoria e della ragione.

 

Self Portraits: il bisogno di riconoscersi

Blue Skies

Blue Skies

In Blue Skies (1995) l’artista testimonia l’annuncio della diagnosi di quella che è prima di tutto una morte psichica: per non essere trascinato nel nulla, si aggrappa al tavolo. Non ha paragoni la capacità espressiva di questo dipinto, la capacità di raccontare il trauma e al tempo stesso lo sforzo disperato di continuare ad esistere. William si aggrappa al tavolo, che può essere interpretato come simulacro della sua tela: l’unico modo che ha per sopravvivere è dipingere, rappresentare il mondo e soprattutto se stesso. Inizia così la serie dei Self Portaits, ultimo tentativo di preservare l’unità del sé, di riconoscersi. Attraverso l’autoritratto William tenta di riconquistare il suo essere presente nel mondo, la realtà della sua esistenza e contemporaneamente scandisce il passare del tempo. Pian piano la malattia lo confonde: il tempo non è altro che una sequenza disgiunta di momenti sovrapposti.

 

Self portrait with saw

Self portrait with saw

Con i ritratti l’artista fonde la sua esperienza del presente con ciò che sta accadendo, sta facendo o sta provando nel momento stesso in cui dipinge. Self Portrait with saw (Autoritratto con sega) del 1997 racconta l’ossessione di Utermohlen in seguito alla notizia dell’autopsia che subirà post mortem. L’idea che verrà tagliuzzato lo tormenta e il dipinto lo testimonia.

Ogni giorno William si vede scomparire a poco a poco e così il suo sguardo perde ogni barlume di speranza. Il divario tra ciò che sente, ciò che vorrebbe fare o dire e ciò che è effettivamente ridotto a fare è sempre più grande. In questi autoritratti è tutta la tristezza, la rassegnazione, la debolezza e persino la vergogna per la sua condizione. William Utermohlen dipinge fino alla totale perdita delle sue capacità manuali e psico-percettive, finché la malattia non rende impossibile la pittura e il disegno. E oggi, grazie alla sua caparbietà noi possiamo osservare l’evoluzione del deterioramento delle funzioni cognitive di un paziente affetto da Alzheimer.

 

 

 

Riferimenti bibliografici

Lawrence C., Boicos C. (1999). William Utermohlen. Bologna: s.n.

 

Immagini

Snow, 1991

Blue Skies, 1995

Autoritratti

Self Portrait with Saw, 1997