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L’aggressione alla guardia giurata di Napoli

A Napoli tre minorenni hanno organizzato un agguato per derubare una guardia giurata della pistola. Le parole del questore di Napoli, Antonio De Iesu, sono eloquenti: “Un branco di lupi che hanno atteso l’agnello sacrificale. Un evento crudele, abietto, drammatico, ai danni di una persona onesta, un lavoratore, un padre di famiglia, da parte di tre ragazzi provenienti da un quartiere a rischio”, come riportato anche da repubblica.it. I ragazzi incriminati hanno agito con inaudita violenza, sul cinquantunenne Francesco Della Corte. Il vigilante stava eseguendo dei controlli di routine, prima di chiudere il cancello d’ingresso della stazione metro di Piscinola, quando è stato ripetutamente colpito alla testa.

I poliziotti, giunti sul posto hanno trovato Della Corte accasciato vicino la propria automobile di servizio. In un cassonetto, vicino alla vettura, è stata trovata l’arma del delitto insieme alla borsa della vittima. Portato all’ospedale Cardarelli, è stato operato d’urgenza al cervello e poi tenuto in coma farmacologico, ma nella notte del 15 marzo è deceduto.

Giovani protagonisti

I minori sono stati identificati dagli investigatori del commissariato di Scampia, grazie alle registrazioni delle telecamere di sicurezza, a una serie d’intercettazioni e agli interrogatori di persone sospettate di essere implicate nella vicenda. I ragazzi hanno confessato, dichiarando che il loro intento era derubare la guardia giurata della sua pistola. Armati con due piedi da tavolo trovati per strada hanno atteso il momento giusto per aggredire la guardia giurata alle spalle. Le indagini sono state facilitate anche dall’identificazione di uno degli aggressori, riconosciuto dalle immagini registrate per una sua particolare movenza del braccio sinistro. I colpevoli trasferiti in un carcere minorile con l’accusa di tentata rapina e omicidio doloso, sono due sedicenni e un diciassettenne, tutti incensurati, che non frequentano più la scuola e provenienti da famiglie umili.

Nottingham, ragazza malmenata da un gruppo di bulle                                          

Mariam Moustafa il 20 febbraio è stata aggredita da un gruppo di bulle. Dopo dodici giorni di coma è morta in ospedale. Era nata a Roma e cresciuta a Ostia. Di origini egiziane e con la cittadinanza italiana, si era trasferita in Inghilterra con la famiglia da circa quattro anni. Aveva 18 anni e quel giorno aveva appreso di essere stata ammessa al Nottigham College, dove avrebbe potuto laurearsi in ingegneria.

Come riportato dalla cronaca, stava aspettando l’autobus alla fermata, quando una decina di ragazze, tra i 15 e i 17 anni, ha cominciato ad insultarla e poi ha messo in atto una vera e propria aggressione, seguendola anche sul bus dove Mariam aveva cercato rifugio. Non c’è stato nulla da fare, il branco l’ha accerchiata sul mezzo pubblico, e ha continuato nel pestaggio. Alcune componenti della gang hanno fatto delle riprese con i propri telefoni cellulari. Solo l’intervento dell’autista ha messo fine all’aggressione. Mariam giaceva a terra priva di sensi. Trasportata al Queen’s Medical Center i medici l’hanno dimessa poche ore dopo. Una gravissima leggerezza, poiché il giorno dopo Mariam è stata nuovamente portata all’ospedale, stavolta al Nottigham City Hospital, dove, dopo dodici giorni di coma, è morta. La famiglia Moustafa dichiara, senza alcun dubbio, che l’aggressione è scaturita per motivi razziali.

Bullismo, disimpegno morale non solo

Il primo studioso a dare una definizione del bullismo è stato Olweus che ha affermato che nel bullismo è presente l’intenzionalità di provocare un danno alla vittima, fisico o morale. Nel bullismo è presente un forte squilibrio tra bullo e bullizzato, che deriva dalla forza fisica e da risorse materiali e/o sociali. Gli atti prevaricatori si reiterano nel tempo e nei casi più gravi con sconcertante periodicità. Lo divide in bullismo diretto (aggressione fisica e offese) e bullismo indiretto/relazionale (prese in giro e messa in circolazione di maldicenze sulla vittima).

Il disimpegno morale

Un elemento molto importante nel sorgere di comportamenti vessatori da parte dei bulli è quello che Bandura ha chiamato disimpegno morale: nonostante si possano essere acquisiti i principi morali, ciò non implica necessariamente un agire sempre per il meglio. S’instaura una serie di processi mentali dove l’individuo tende ad autogiustificarsi, disattivando in parte, o del tutto, il controllo morale ed evitando, così, sensi di colpa, vergogna o sentimenti di svalutazione. Bandura ha delineato vari meccanismi di disimpegno morale: alcuni agiscono sulla condotta immorale, la quale diventa accettabile con l’aiuto di presunti principi superiori, confronto con azioni peggiori, confronto vantaggioso. Gli altri meccanismi si attivano modificando la responsabilità, suddividendola o riversarla totalmente ad altri o minimizzando l’atto vessatorio.

Deumanizzazione e attribuzione di colpa

Infine, ci sono due meccanismi legati direttamente alle caratteristiche della vittima, che il bullo utilizza per etichettarla e colpirla come fosse un atto di giustizia. La deumanizzazione, dove si è privati della dignità e ritenuti esseri inferiori. L’attribuzione di colpa per cui la vittima è colpevole per quanto gli sta accadendo, e merita di essere punita. Così è stato per Mariam, colpevole di non appartenere alla stessa razza delle sue aguzzine, e in quanto tale vista come un essere inferiore. E vale anche per i ragazzi di Napoli, i quali mossi da un esigenza economica e di riconoscimento, da parte di un gruppo sociale che vive nell’illegalità, non hanno esitato a colpire un uomo visto come nemico, in quanto guardia giurata, e in possesso di un’arma che avrebbe fruttato loro dei soldi.

Ragazze sempre più cattive

I giovani respirano in un clima con la quasi totale mancanza di prospettive per il futuro, soprattutto in contesti sociali degradati, che accompagnano fenomeni come quello del bullismo e della criminalità minorile. Molti giovani apprendono passivamente messaggi di prevaricazione e possesso. Non imparano a comunicare, complici adulti a loro volta incapaci, con gli altri e con se stessi e, soprattutto, non riescono a gestire le proprie emozioni.

Da notare, inoltre, l’aumento di atti violenti anche da parte di ragazze, che prima erano più attive in un atteggiamento di bullismo indiretto e che oggi non si fanno scrupoli nell’utilizzare anche il bullismo diretto, come il caso di Mariam dimostra. È una manifestazione con cui fare i conti quotidianamente. L’evoluzione che sta avendo nell’universo femminile impone delle analisi atte a far iniziare un ciclo di provvedimenti molto seri e la prevenzione nelle scuole non basta.

Il fenomeno del bullismo è dilagante e, probabilmente, una rivoluzione culturale sarebbe quanto mai necessaria, mettendo in discussione i messaggi educativi trasmessi dalla famiglia e dalla società in generale, dove primeggiare, essere sempre perfetti e farsi accettare a tutti i costi, sono elementi imprescindibili per vivere in questo mondo postmoderno.

Scritto da Davide Testa, blogger e artcolista, curatore de Le Storie Più Piccole Del Mondo