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Fatti di cronaca che coinvolgono adolescenti

Ennesima notizia di cronaca, come riportato da repubblica.it, dove la vittima è ancora un emarginato della società. Un marocchino ha terminato la sua esistenza a Zevio, a dodici chilometri da Verona.

Era soprannominato “Il Baffo” e aveva 64 anni. Ahmed Fdil era emigrato dal Marocco nel 1990, aveva trovato lavoro, come operaio specializzato, in una fabbrica del ricco nord-est italico. Poi la crisi gli fa perdere il lavoro e finisce a vivere per strada, con la sua Fiat Bravo come ultima residenza conosciuta.

Inizialmente la causa prendeva la forma dell’incidente: un mozzicone di sigaretta, non spento, cade sulle coperte, l’uomo si addormenta, magari stordito dai fumi dell’alcol, e le fiamme divampano nell’abitacolo. Il cadavere dell’uomo viene trovato in parte riverso fuori dalla vettura.

Ma nel piccolo centro sono cominciate a circolare delle voci ben diverse. Non si è dato credito alla dinamica della fatalità. L’uomo che ha provato a salvare Il Baffo, ha confidato ai carabinieri intervenuti sul posto i suoi sospetti e quelli della moglie del soccorritore, la quale ha raccontato che dei ragazzi, soliti dare fastidio al clochard, anche quel fine pomeriggio del 13 dicembre gironzolavano attorno alla Fiat Bravo. La donna ha avvertito anche uno scoppio, probabilmente un petardo.

Le forze dell’ordine sono immediatamente risaliti a due amici di 13 e 17 anni. Anche loro figli di immigrati hanno ammesso di aver lanciato rotoli di carta in fiamme all’interno della vettura di Fdil, e di averlo fatto per scherzo. I due hanno una concezione molto discutibile dello scherzo.

La noia sembra il movente principale, e prendersela con chi è in difficoltà risulta essere uno dei migliori espedienti per sopperire all’apatia.

La violenza per scacciare la noia

Razzismo e immigrazione non c’entrano nulla in questa storia. Due ragazzi, provenienti da famiglie di immigrati ben inserite nel tessuto sociale dove hanno trovato lavoro e una nuova vita da condurre, sono caduti nella trappola della noia. E leggendo un articolo dell’Espresso si trovano dati sconfortanti su questo fenomeno.

Aumenta la noia tra i giovani e aumenta, proporzionalmente, il vandalismo. Nel 2016 gli episodi di vandalismo che vedevano coinvolti adolescenti tra i 14 e 19 anni sono balzati dal 16 al 22%. Anche altri fenomeni di disagio aumentano: Le risse, il Knockout (dare pugni improvvisi ai passanti per strada), uso improprio di armi, atti vandalici contro beni pubblici e privati, il pestaggio gratuito di qualcuno.

Ragazzi in balia dei loro sentimenti, ancora così difficili da decifrare. Lasciati molto tempo da soli, con genitori troppo impegnati nel lavoro e gestire tutte le altre incombenze di una famiglia nel tempo libero. Orde di adolescenti gironzolano nei centri commerciali, con un vuoto esistenziale palpabile nei loro occhi e nei loro comportamenti. Vagano per i negozi come adulti annoiati, solo che hanno 15 anni. Bivaccano fuori dei bar, sui muretti di periferia e non danno un senso al loro agire, se non quello di uniformarsi tra di loro con mode fugaci, selfie e una vita social che puzza di ipocrisia lontano un chilometro reale.

Abituati sin da piccoli a ottenere tutto, credendo di trovarsi nel paese dei balocchi; la vita reale prende corpo lentamente nelle loro esistenze, senza che se ne rendano conto. Rinchiusi nelle sicurezze acquisite, grazie al loro status di minori, non valutano le prospettive, non si interrogano sul loro futuro da adulti, galleggiano in un limbo, fatto di monotona quotidianità. Anche i divertimenti del sabato sera, delle vacanze estive, sono vissuti con il piglio del tutto scontato. Nulla emoziona questa gioventù, così seguita e allo stesso tempo così abbandonata a sé stessa.

Violenza di gruppo

Mentre scriviamo questo articolo, un altro fatto di cronaca vede coinvolti degli adolescenti.

L’ennesimo inglesismo prende piede con forza, per catalogare il fenomeno. Parliamo delle baby gang, poiché descrivendola come banda di ragazzini non avrebbe la stessa forza evocativa. Tornando ai fatti, una baby gang è entrata in azione all’ingresso della stazione metro di Chiaiano, periferia nord di Napoli. La vittima è Gaetano, un ragazzo di 15 anni, aggredito da un nutrito gruppo di suoi coetanei. Nel pomeriggio del 12 gennaio Gaetano, in compagnia di due cugini, stava andando a prendere la metro per raggiungere Qualiano, dove avrebbe dovuto incontrar altri amici. Il gruppo di malintenzionati si è avvicinato ai tre, hanno chiesto a Gaetano di dove fosse. Il ragazzo non avrebbe risposto, da qui l’assurdo pestaggio. I due cugini sono riusciti a fuggire. La banda ha infierito con indicibile violenza, calci e pugni, lasciandolo a terra. Riuscito ad alzarsi ha incontrato il padre di un suo amico, il quale lo ha immediatamente portato a casa. Qui si è accertato che le condizioni di Gaetano erano gravi. Una volta in pronto soccorso è stato immediatamente operato per le lesioni riportate alla milza.

La madre del ragazzo ha lanciato un appello: “Chi ha visto qualcosa si rivolga alla polizia per aiutarci a sporgere denuncia. Tutto questo deve finire”.

Dal Nord al Sud dell’Italia arrivano notizie di violenza giovanile che non possono lasciare indifferenti. I giovani di oggi vivono abbandonati nel loro egocentrismo, con il senso di impunità che accompagna le loro gesta. Pochi giorni fa anche chi vi scrive ha assistito a una scena che dà credito a questa deriva. Durante una partita amichevole di basket, l’arbitro, un uomo di 50 anni, fischia un fallo ad uno dei ragazzi della squadra. Il quindicenne risentito, si avvicina a brutto muso all’uomo affermando “Attento che passi i guai”. L’arbitro chiede all’allenatore di mandare via il “piccolo boss”, abbandona il campo per l’assenza di provvedimenti. La partita, quindi, prosegue arbitrata da un’altra persona.

I messaggi che noi adulti inviamo, in questi casi, sono sbagliati. La totale impunità che accompagna le azioni dei ragazzi, è la cura peggiore che si possa applicare. Nel nome di una pedagogia permissiva, della sacralità dell’infanzia, facciamo crescere questi ragazzi facendo credere loro di essere delle divinità. La loro naturale tendenza antisociale, vista l’età, dei ragazzi è esacerbata in questa epoca dove i minorenni hanno assunto un ruolo da protagonisti assoluti. Programmi televisivi (reality show su tutti) improntati su di loro, internet che crea fenomeni di costume regalando effimeri successi a bambini e adolescenti. Una tale carica di importanza che, una volta sgonfiata, lascia solo scorie negative. Una volta i figli erano funzionali ai genitori, oggi accade l’esatto contrario. Come sempre il giusto si trova nel mezzo. Non si deve tornare ad un’educazione troppo autoritaria, assolutamente, ma anche l’eccessiva tolleranza non può essere la giusta risposta.

L’epidemia del narcisismo

In un vecchio articolo de “Il Secolo XIX” gli psicologi parlavano di una vera e propria “epidemia” di narcisismo tra i giovani, con il conseguente crollo dell’empatia. I giovani sono sempre meno in grado di calarsi nei panni dell’altro, di comprenderlo, di aiutarlo. Sulla rivista Psychology Today, lo psicologo Peter Gray, del BostonCollege, ha dichiarato che in uno studio effettuato su un campione di ragazzi, ben il 70% di loro è affetto da narcisismo. Una visione esagerata di sé, dove gli altri sono solo un mezzo per raggiungere i propri scopi. Gray spiega che un disturbo con ripercussioni non solo in ambito sociale, ma anche nella sfera individuale, perché è un vero e proprio ostacolo a stringere profonde relazioni con il prossimo. Trent’anni fa, la percentuale di narcisismo tra gli adolescenti era di gran lunga inferiore. Oggi i bambini vengono continuamente lodati dai loro genitori e gli altri adulti di riferimento. Sono abituati a sentirsi speciali, dotati di qualità superiori. La scuola è diventata competitiva, già alle elementari si raggiungono livelli esasperati; un brutto voto può scatenare scene di isterismo di massa. Gray conclude affermando che anche nel gioco i bambini, futuri adolescenti, non vede negli altri dei compagni, ma degli avversari da battere.

Un fenomeno che potrà essere arginato, intanto, se i genitori prenderanno coscienza di non avere tra le mani delle divinità e ritornando a convivenze sociali svincolate dalla competizione. La dimostrazione e l’esibizione di sé sono il male che coinvolge non solo gli adolescenti, ma anche molti adulti.

Scritto da Davide Testa, blogger e articolista