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Motivazione e psicologia

La motivazione per la psicologia generale è un costrutto determinato da numerosi fattori interni e ambientali che si influenzano vicendevolmente. È il frutto di una spinta al continuo cambiamento al quale inesorabilmente la società e i tempi ci sottopongono, ma dipende anche dal desiderio di conoscenza insito nell’uomo, che gli permette una maggiore consapevolezza delle proprie capacità e lo muove continuamente verso nuove mete. Il tema della motivazione all’apprendimento è certo uno dei più importanti per un insegnante.

Quando un allievo è motivato ad una certa attività di apprendimento ovvero ad ascoltare una spiegazione o una storia, ad affrontare una ricerca, a cercare la soluzione di un problema, buona parte dell’energia psichica di cui dispone, quella necessaria per fare attenzione, per concentrarsi, per sostenere uno sforzo prolungato, fluisce spontaneamente verso l‘attività in questione. Lo svolgimento di tale attività provoca allora piacere, e l’attività svolta, proprio in conseguenza della notevole quantità di energia psichica  impiegata, lascia nella mente tracce profonde e durevoli, e così le nuove conoscenze o abilità diventano parti costitutive stabili della personalità.

Quando queste condizioni si verificano, anche il lavoro dell’insegnate diviene più piacevole, meno faticoso, non gli sarà più necessario controllare continuamente che i suoi allievi lavorino, né invitarli frequentemente a concentrarsi, ma basterà che verifichi che stiano lavorando bene. Il clima della classe sarà caratterizzato dall’impegno operoso di tutti e dal senso di crescere ogni volta un po’, apprendendo nuove conoscenze e abilità in modo giocoso o avendone prima sentito il bisogno. L’insegnante può quindi utilizzare motivazioni già spontaneamente presenti, dirette, quali attività di gioco o ludiformi o, suscitare, con interventi appropriati motivazioni indirette.

 

Come motivare all’apprendimento della seconda lingua

La voglia di dire qualcosa ad un altro è una condizione per iniziare a parlare. Una persona parla affinché un altro faccia delle cose o ne venga informato (Volter e Bates, 1975). In un buon rapporto comunicativo l’emittente imposta la propria produzione linguistica tenendo conto della capacità di comprensione del suo interlocutore. Ne deriva che nell’insegnamento della seconda lingua, per ottenere buoni risultati l’insegnante non deve comprendere la lingua madre del bambino. La motivazione a parlare una lingua straniera nasce dal bisogno di farsi capire. In una situazione didattica il bambino sa che la sua insegnante capisce la sua lingua madre e pertanto gli risulta difficile la produzione spontanea della L2. Sono gli scambi abituali che forniscono la base per interpretare il desiderio di comunicare sia del bambino che dell’adulto.

Il format Bruneriano (modello teorico educativo) è la condivisione di esperienze che si ripetono. Da esse nascono l’aspettativa circa il comportamento dell’altro, il desiderio di comunicare e il significato delle parole. La realtà per Bruner non è oggettiva, ma è l’interpretazione che ognuno fa di essa. In relazione al contesto si formano schemi mentali particolari in base ai quali si interagisce e il linguaggio è lo strumento con il quale comunichiamo. La base di una buona comunicazione è l’intersoggettività, la percezione reciproca dell’altro, che si realizza attraverso lo sguardo. Con i bambini la comunicazione affettiva precede ed è più importante di quella verbale.

 

Un modello di format educativo

“Le avventure di Hocus e Lotus”. Ideato per il buon apprendimento delle lingue è un contesto specifico, una forma particolare di teatro mimico gestuale che poggia su concetti della psicolinguistica evolutiva e del bilinguismo. Nella narrazione c’è un susseguirsi di fatti. Nasce così la fantasia che riempie il nostro mondo immaginario. Con la fantasia possiamo essere chi vogliamo, fare ciò che vogliamo, senza mettere a rischio la nostra identità. All’interno del format narrativo gli aspetti affettivi sono parte integrante di quelle esperienze. Hocus e Lotus sono due personaggi di un racconto fantastico, su base psicologica, del vissuto del bambino, centrato sull’identificazione, il dolore dell’identificazione e il riconoscimento di sé stessi.

Ogni storia, fatta di gesti e parole, permette ai bambini di riorganizzare le proprie rappresentazioni in due lingue. All’inizio la parola è un insieme di suoni senza significato. Poi, piano piano, si lega al contesto in cui l’adulto la pronuncia. Il bambino guarda, scambia oggetti, condivide esperienze. La parola viene così vissuta “concretamente”. Gradualmente, dopo molte ripetizioni, la parola si stacca dal contesto specifico e diventa un simbolo che rappresenta un oggetto. Il bambino ha capito il significato delle parole e ha imparato effettivamente a parlare.

 

La maestra magica

Quando si parla di motivazione all’apprendimento di una lingua ci si riferisce in prima linea al desiderio di parlare una determinata lingua perché ci piace. E succede così non per la bellezza della lingua, per la sua facilità o utilità, bensì perché ci piace la persona che la parla. La caratteristica fondamentale della “maestra magica”, ciò che sostanzialmente la rende diversa da un’insegnante controllante o da un’insegnante attrice è la capacità di comunicare attraverso azioni mimico gestuali e l’alternanza dello sguardo.

Essa non lavora per sé o per i bambini ma agisce le storie con loro, assumendo atteggiamenti di grande coinvolgimento ed evitando atteggiamenti di controllo. Si mostra calma, sorridente e rassicurante. Trascina continuamente l’attenzione dei bambini sulla storia utilizzando ritmi narrativi lenti ed effettuando un’adeguata alternanza di sguardi tra alunni ed elementi immaginari. Fornisce ai bambini informazioni lineari, coerenti ed essenziali.

 

Scritto da Giovanni Schiattarella, Dr. In Scienze e Tecniche Psicologiche per l’Analisi dei Processi Psichici nello Sviluppo e nella Salute

 

 

Riferimenti bibliografici

Rivista internazionale di Filosofia e Psicologia – La narrazione nello sviluppo del bambino, Dolores Rollo. (2015)

R De Beni – A. Moè, Motivazione e apprendimento, Il Mulino, Bologna 2000

Curatore:  T. Taeschner L’ insegnante magica,  Editore:Borla, Anno edizione 2002