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La Psicologia Sociale

Questo settore della Psicologia analizza il comportamento degli individui nei vari contesti avvalendosi di numerosi metodi di ricerca. Le sue origini risalgono ai primi anni del 900, grazie all’apertura del primo laboratorio di psicologia sperimentale fondato da Wilhelm Wundt.
Tra le varie importanti scoperte dei ricercatori sociali, alla fine degli anni ’70, prendiamo in considerazione quella che l’individuo non elabora in modo dettagliato tutti i dati che l’ambiente esterno fornisce. Viene quindi definito un economizzatore di risorse cognitive che cerca continuamente un compromesso tra un’elaborazione esaustiva e, allo stesso tempo, imprecisa.

Ciò consente di spiegare perchè determinate situazioni vengono fraintese. Giornalmente l’individuo adotta delle strategie di pensiero, dette anche euristiche, che riducono al minimo l’elaborazione sensitiva e cognitiva ma che forniscono ugualmente dati utili per pianificare un comportamento.

L’individuo è immerso nella società e ne è parte attiva: come l’ambiente influenza l’individuo nella messa in atto di determinati comportamenti, anche l’individuo influenza il proprio ambiente. Questo approccio di studio viene definito determinismo reciproco triadico. Secondo quest’ultimo l’individuo non risponde meccanicamente a delle forze esterne ma, bensì, è agente autonomo capace di regolare il proprio comportamento. L’individuo non è influenzabile unicamente dall’ambiente esterno ma anche dagli altri, soprattutto se li percepisce come appartenenti al proprio gruppo.

Le influenze degli altri e le implicazioni sul singolo

Le influenze sociali possono esser definite come le modalità attraverso cui i processi mentali, le emozioni e i comportamenti di un individuo, sono modificati dalla presenza di altri. La vita quotidiana di ognuno di noi è densa di queste influenze: davanti ad una qualsiasi situazione poco chiara, in cui si è incerti su cosa fare, il comportamento degli altri condiziona l’interpretazione e quindi il nostro comportamento.

Tali situazioni ambigue portano ad un’influenza informativa che potrebbe condurre ad un’ignoranza pluralistica: la persona interpreta il mancato coinvolgimento degli altri come un segno che la situazione non è di emergenza. Quando invece la situazione è chiaramente di emergenza, potrebbe scattare il fenomeno di diffusione della responsabilità: in presenza di numerose persone, il senso di responsabilità individuale diminuisce e ognuno sente meno necessario soccorrere chi è in difficoltà.

Intorno agli anni ’60 l’attenzione dei ricercatori sociali si è focalizzata sulla natura delle situazioni, cercando di mettere in risalto le diverse circostanze che incidono sulle condotte prosociali. Gli studi di questi anni scaturiscono dal caso di omicidio di Kitty Genovese: un malvivente aggredisce ripetutamente, e infine uccide, la ragazza in mezzo alla strada davanti a circa 40 testimoni che, nonostante le urla e il sangue, non intervengono.

 

Solo spettatori

Il modello stadiale d’intervento di Latané e Darley (1968) cerca di comprendere perché gli individui possano non prestare aiuto a persone che si trovano in una situazione evidente di difficoltà. I ricercatori teorizzano che in tali situazioni bisogna accorgersi dell’evento, interpretarlo come un’emergenza, sentirlo come una propria responsabilità, sapere cosa fare e decidere di intervenire. Latané e Darley hanno condotto tre differenti esperimenti alla fine dei quali hanno scoperto la presenza dell’effetto spettatore. Questo consiste nel non prestare aiuto da parte  degli individui spettatori  ad una vittima quando sono presenti altre persone. Quindi la probabilità di prestare soccorso è inversamente proporzionale al numero di astanti.

Le motivazioni che spingono gli individui a non intervenire sono molteplici, tra le più forti vi è la norma della privacy personale in base alla quale spesso non si interviene in situazioni di emergenza poiché è più importante rispettare la privacy altrui.

Fenomeni uguali, epoche diverse

In base a quanto detto finora quindi le persone tendono a non intervenire in situazioni poco chiare, ancor meno quando vi sono altri spettatori o quando la situazione d’emergenza riguarda una coppia, o quando si deduce che i soggetti hanno una relazione. Nessuno di noi è immune al fenomeno dell’ignoranza pluralistica o della diffusione di responsabilità, e quindi dell’effetto spettatore, però essi diventano parte integrante di alcuni fatti di cronaca nera. Come Kitty Genovese anche Emanuele Morganti, il ragazzo brutalmente ucciso a marzo scorso ad Alatri; Niccolò Ciatti, 22enne ucciso fuori da una discoteca in Spagna; Sara Pietrantonio, la ragazza uccisa dal suo ex lungo una strada di Roma; e anche il ragazzo di 15 anni picchiato in provincia di Napoli.

Questi sono solo alcuni dei recenti episodi di cronaca nera avvenuti in pubblico senza che nessuno decidesse di intervenire e porre fine a delle chiare situazioni d’emergenza, e che rendono ancora oggi attuali i fenomeni teorizzati tra gli anni ’60 e ’70.

 

Riferimenti bibliografici

Boca S., Bocchiaro P., Scaffidi Abbat C. (2010), “Introduzione alla psicologia sociale”, Bologna, Il Mulino;

Voci A. (2003), “Processi psicosociali nei gruppi”, Bari: Laterza.

www.larepubblica.it

 

Scritto da Federica de Lillis, Dott.ssa in Psicologia dello sviluppo tipico e atipico presso Facoltà di Medicina e Psicologa La Sapienza