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Dipendenza da lavoro tra sacrificio e gratificazione

Dipendenza dal lavoro…ossia lavorare incessantemente, mantenersi costantemente reperibili, sacrificare il proprio presente in vista di successi futuri. Queste sono tre delle dimensioni di cui si compone la dipendenza da lavoro (o “workaholism”), una dipendenza senza sostanza che viene alimentata da una società sempre più individualista e da un mercato sempre più competitivo. Il tutto a scapito della libertà della persona, dell’espressione delle emozioni e della qualità delle relazioni interpersonali e affettive. Il lavoro nobilita l’uomo, si sa. Bisogna, però, andarci cauti per evitare conseguenze dannose per la propria salute psicofisica.

Dipendenza da lavoro: cosa succede quando si lavora troppo

Workaholism è una dipendenza comportamentale che consiste nel dedicare alla propria attività lavorativa una porzione di tempo giornaliero sempre maggiore, giungendo a non fare altro che lavorare, preoccuparsi per i propri compiti e rendersi reperibili in ogni momento e luogo. Si tratta di una condizione che coinvolge principalmente le libere professioni e fa sì che la persona, spinta dalla voglia di sacrificare il presente per successi e gratificazioni future, si riduca a vivere per lavorare.

L’identità della persona giunge a coincidere, così, con il suo lavoro. Weekend, vacanze, tempo libero, sonno vengono sostituiti da un eccessivo coinvolgimento nelle prestazioni lavorative accompagnato da alterazioni dell’umore, sintomi depressivi e ansiosi, irritabilità, aumento del peso e dell’appetito, emicranie, scarsa memoria. Il dipendente da lavoro fonde vita professionale e privata, trascura gli affetti e si distanzia dalle emozioni aprendo le porte al cinismo, al disprezzo per chi non lavori come lui e a fallimenti relazionali (ad esempio, separazioni e/o divorzi). Al fine di mantenere elevati i ritmi di lavoro, inoltre, tende ad utilizzare eccessivamente sostanze stimolanti, come la caffeina, che a lungo andare ledono la salute psicofisica della persona.

 

L’origine multifattoriale della dipendenza da lavoro

La dipendenza da lavoro è difficile da individuare, in quanto concerne un comportamento accettato ma, soprattutto, apprezzato dalla società. La persona che studia o che lavora molto, infatti, viene vista come colei che ha la testa sulle spalle, determinata e matura. Questa apprezzabile rappresentazione del “grande lavoratore” non coincide, tuttavia, con la realtà, soprattutto quando vengono compromessi la qualità della salute ed il funzionamento della persona nelle varie sfere di vita (sociale, emotiva, affettiva). La Work Addiction origina in maniera graduale a partire da una serie di fattori che si intrecciano e si influenzano reciprocamente, in base alle caratteristiche temperamentali, di personalità e della famiglia di origine di colui che sviluppa la dipendenza. Tra tali fattori è possibile annoverare i seguenti:

  • Passione per il proprio lavoro;
  • Tendenza al potere e al dominio sugli altri;
  • Predisposizione al successo lavorativo e all’avanzamento di carriera;
  • Elevato senso di responsabilità;
  • Tendenza al perfezionismo;
  • Evitamento di problemi personali e/o socio-relazionali;
  • Ricerca di interazioni e relazioni nei contesti lavorativi per fronteggiare la solitudine;
  • Genitori severi ed emotivamente avari;
  • Genitori molto dediti al lavoro ed esigenti;
  • Bassa autostima;
  • Competitività;
  • Ambiente lavorativo molto competitivo;
  • Motivazione al sacrificio in vista di gratificazioni future.

 

Le trappole della Work Addiction

Quando si vive per lavorare si va incontro, nel medio e lungo termine, ad una serie di conseguenze dannose per la persona e per chi le sta accanto. Il dipendente da lavoro, infatti, va in corto circuito sviluppando una vera e propria “sindrome da stress lavorativo” che dovrebbe essere affrontata con l’aiuto di un professionista poiché comporta disagi psicologici, sintomi somatici, patologie organiche gravi (ad esempio, problemi cardiaci), dipendenza da sostanze o alcol, deficit relazionali, isolamento sociale. I familiari del Work Addicted sono i primi a rendersi conto della gravità della situazione e tendono ad avanzare richieste di attenzione, ascolto e presenza, ma si scontrano con la negazione del problema da parte del dipendente e la sua mancanza di volontà di staccarsi dal suo lavoro perché esso “viene prima di tutto”.

Si viene letteralmente inghiottiti dal proprio lavoro fino a sfociare nel fenomeno del “Karoshi”, cioè in quella condizione in cui lo stress lavoro-correlato conduce le persone a sviluppare patologie cardiache e cerebrali gravi (ad esempio, infarti e/o ischemie) al punto da causare morte. A questo punto, quanto ne sarà valsa la pena? Il lavoro nobilita l’uomo, ma non sempre lo rende davvero libero.

 

Riferimenti bibliografici

Guerreschi C. (2005), New Addiction. Le nuove dipendenze, San Paolo Edizioni.

Caretti V., La Barbera (2005), Le dipendenza patologiche. Clinica e psicopatologia, Raffaello Cortina Editore.