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Genitori che pensano di fare il bene dei figli

Essere genitori, e farlo, non è mai stato semplice. Diventare padre e madre è un’esperienza stupenda, ma bisognerebbe ricondurla in una sfera più intima. Oggi c’è una spettacolarizzazione dell’evento, e non nego inizialmente di esserci caduto anch’io. Si vivono la paternità e la maternità come se tutto il mondo intorno a noi non aspettasse altro. Foto e video sui social imperversano come sciami di cavallette, dove ritraiamo i nostri figli come fossero piccoli dei, fenomenali campioncini. Creiamo divinità dai piedi d’argilla con ostinata perseveranza. Costruiamo sui bambini una struttura di presunto perfezionismo, dimenticando che non possono avere solide basi su cui fondarla. Li consideriamo bravi a prescindere, senza dargli il tempo di crescere da un punto di vista cognitivo, fisico e la giusta libertà per fare le esperienze che regolano l’infanzia.

I figli hanno bisogno di una dimensione privata, dove crescere con la giusta gradualità. Li carichiamo di “responsabilità”, gli comunichiamo che devono diventare fenomeni a tutti i costi. Ovviamente non la poniamo in questi termini. Glielo comunichiamo indirettamente, quando li incitiamo più del dovuto in una gara sportiva, o postiamo su Facebook la loro strepitosa pagella scolastica, orgogliosi degli ottimi voti conseguiti, o pretendiamo giustizia riguardo a presunti torti.

Non siamo più i genitori di un bambino, ma il loro avvocato

Tutto torna quando leggiamo su Corriere.it di una coppia di genitori ha chiesto l’intervento della Giustizia, per rivendicare un voto migliore nel diploma del proprio figlio. Papà e mamma di Canicattì, provincia di Agrigento, hanno ritenuto che il voto deciso dalla commissione d’esame, nell’Istituto comprensivo statale “Giovanni Verga”, fosse inadeguato. Loro figlio ha sostenuto gli esami di terza media ed è stato promosso con un “Ottimo”. Apriti Cielo! Il piccolo meritava “Eccellente”, il suo genio non può essere macchiato da un voto che non certifichi le sue doti superiori.Hanno deciso, quindi, di fare ricorso al Tar.

I giudici hanno dichiarato che i professori non hanno parametri scientificamente certificati per dare i voti agli alunni. “La Scuola formula un giudizio tecnico (è scritto nella sentenza emessa) connotato da un fisiologico margine di opinabilità, per sconfessare il quale non è sufficiente evidenziare la mera non con divisibilità del giudizio”. Il valore di una persona negli studi non può avere una certezza matematica come un record stabilito in una gara di velocità, ad esempio. Inoltre, anche facendo una media dei voti presi nelle varie prove d’esame dal ragazzo, la media del 10 non la raggiunge. I Giudici hanno dato torto ai genitori e li hanno condannati a risarcire, con 1000 euro, le spese legali.

Aspettative troppo alte

Caricare di aspettative le spalle dei figli è un errore che si commette sempre più spesso. Oggi non si predilige la linea della severità, magari, ma s’insinuano nei bambini con metodi più sottili: esortandoli costantemente a dare di più a scuola, a combattere con il coltello fra i denti nelle dispute sportive, facendogli studiare uno strumento musicale, anche se a loro non interessa.

Quello che un genitore deve fare è lavorare su l’autostima del figlio, lavorando su alcuni punti: aiutandolo a riconoscere il valore che lui stesso si riconosce, cosa pensa di sé come persona e imparare ad accettarsi per quello che si è. Aiutare in questo i ragazzi significa farli crescere più equilibrati: rendendoli più obiettivi nel giudicare le proprie capacità, nel dare fiducia alle proprie emozioni, senza nasconderle o vergognandosene. Inoltre, aumenta la sensazione di potersi fidare di sé. L’autostima permette di capire che nelle difficoltà si agisce ed esistono le alternative. L’autostima fa sentire capaci grazie ai successi e agli insuccessi vissuti, da come vengono interpretati.

L’autostima, come si legge su Medicitalia.it, non è insita nell’essere umano, va piantata nel bambino tramite il rapporto con gli altri, in primo luogo la famiglia e in seguito con il contesto sociale circostante. Sapere di essere amati, considerati, permette di credere in sé.

Invece le aspettative troppo alte non lavorano in questo senso, si giudica un figlio bravo a prescindere e quindi un errore, un brutto voto a scuola, sono vissuti come fallimenti inaccettabili. Questo rischia di portare un bambino a non mettersi in gioco, perché la delusione non è tollerabile. Il bambino rischia di non capire che ha dei limiti oggettivi, legati alla sua età. E il genitore che ripone tante responsabilità sul figlio non comunica l’esistenza di questi limiti anzi, molto peggio, l’ignora lui stesso.

Un altro errore è comunicare con enfasi solo gli sbagli, convinti che questo esorti a fare meglio. I figli non sono proprietà, cresceranno e si faranno le loro idee, coltiveranno le loro passioni. Prenderanno strade che divergeranno totalmente dalle nostre aspettative. Questo avverrà con più fluidità se si è lavorato bene sull’autostima. Le grandi aspettative, invece, rischiano di alimentare il senso di inadeguatezza, frustrando non solo il bambino ma anche il futuro adulto.

Il gesto eclatante dei due genitori siciliani, amplifica i rischi sopraccitati. Loro figlio rischia di vivere il resto del suo percorso di studi con ansie indicibili. E, sicuramente, non è un voto alle medie che può condizionare una vita intera.

Scritto da Davide Testa, blogger e articolista de Le Storie Più Piccole Del Mondo