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Bambini adultizzati

Da qualche anno si parla di processo di “adultizzazione” dei bambini, portato avanti dagli adulti, genitori in primis. Padri e madri sempre più distanti, in questa società del nuovo millennio, che cercano di evitare il conflitto con i propri figli tendendo a creare un fragile legame alla pari all’interno della famiglia e anche fuori. In un mondo che richiede sempre più competenze specifiche, i bambini sono responsabilizzati e educati a suon di corsi, attività sportive ed extra scolastiche. Come scritto da Medicitalia, nell’articolo “Aiuto, ci siamo persi i bambini! Adolescenza precoce o infanzia contratta?”: “Viviamo in una società liquida, dove si scambiano i desideri con i bisogni e l’infanzia si è modificata adattandosi alle modifiche epocali e sociologiche”. I bambini vivono in un mondo quasi del tutto alieno a quello di qualche decennio fa. Immersi sin dalla nascita nella tecnologia più avanzata.

 

Il pericolo di perdere fantasia e creatività

Nonostante molti psicologi dell’età evolutiva sconsiglino vivamente l’utilizzo dei telefonini prima dei cinque anni, motivando tale divieto con la mancata formazione della capacità di astrazione. I bambini sono immersi sempre di più in un mondo virtuale, fatto d’immagini online e procedure dove l’abuso dello smartphone è routine. Nell’interazione con questo tipo di mondo, i piccoli non sono stimolati a usare la fantasia e, soprattutto, a immaginare soluzioni alternative. Quando si cimentano con un videogame, hanno tutto visivamente ben servito e per procedere nel gioco devono seguire delle regole precise, annullando così il loro spirito critico. Questi bambini nella preadolescenza non saranno in grado di comprendere appieno un racconto; non riuscendo a immaginare la descrizione emotiva e fisica del protagonista o a visualizzare il contesto in cui si muove, si perderanno preziose sfumature della loro creatività che li potrebbe portare, ad esempio, ad avere difficoltà nel comprendere un proverbio o a ragionare per metafore.

 

Le trappole del pensiero omologato

Come descritto nel saggio “Bambini e basta” di Irene Bernardini, i bambini sono, purtroppo, indirizzati verso una forma più omologata del pensiero. Ci riconosciamo solo dentro contesti di massa, esistiamo prevalentemente quando andiamo in un centro commerciale, quando postiamo una foto sui social, quando compriamo l’ultimo modello di scarpe alla moda. Jean Piaget ci aveva messo sull’avviso con la teoria sullo sviluppo mentale del bambino, formulata tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso. La differenza tra il modo di pensare di un bambino e quello di un adulto è prettamente qualitativo, e avviene attraverso delle tappe prestabilite. In sintesi, il bambino non è un piccolo adulto, ma un essere umano dotato di una struttura propria. Howard Gardner, inoltre, con le sue teorie sulle intelligenze multiple, sostiene che oltre alle due intelligenze, linguistica e logica, ne esistano altre sei: musicale, spaziale, cinestetica corporea, interpersonale, intrapersonale e intelligenza naturalistica. Nell’intelligenza interpersonale si parla di capacità di comprensione dell’altro, di come lavora e di come si può imparare ad andarci d’accordo. Gli adulti moderni, in molti casi non aiutano i loro figli nello sviluppo di quest’ultimo tipo d’intelligenza (di non secondaria importanza).

 

Il caso di Montevarchi: protagonisti piccoli e grandi

I bambini, privati del loro naturale sviluppo cognitivo, sono costretti, inoltre, a decidere al posto dell’adulto stesso o ad adattarsi (loro malgrado) alle situazioni da quest’ultime create. Quest’atteggiamento si può riscontrare, a volte, in molte figure genitoriali e non, tenute a confrontarsi con i bambini. Non è fatto con una chiara volontà di danno, bensì è provocato a livello più impulsivo. Un esempio è dato dalle istituzioni scolastiche, che minacciano di non far mangiare gli alunni che hanno genitori morosi rispetto alla retta della mensa, come nel recente caso di Montevarchi, provincia di Arezzo. Venti bambini hanno trovato nel piatto solo una fetta di pane e olio. In Toscana la chiamano fettunta (o fett’unta), un “piatto” che solitamente veniva dato come spuntino, antipasto, merenda. Inoltre, per non far mancare niente nell’opera messa in scena, i piccoli erano collocati in un tavolo a parte rispetto ai bambini con i genitori non morosi.

A promulgare la presente norma è un sindaco, la cui biografia in rete racconta: “Trentasette anni, Montevarchina, sposata e madre di una bambina… laureata in Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso l’Università  degli Studi di Firenze per poi specializzarsi in Psicoterapia Familiare. Ha inoltre conseguito i Master di secondo Livello in Nutrizione Umana e in Nutrizione Artificiale… Dopo il completamento degli studi, oltre ad occuparsi del trattamento dei Disturbi Alimentari, ha svolto incarichi di Docenza a contratto in Psicologia Generale e Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni … Autrice e co-autrice di pubblicazioni scientifiche, dal 2006 svolge l’attività libero professionale come Psicoterapeuta con studio a Montevarchi e Siena”.

 

L’importanza dell’adulto “competente”

Un curriculum di tutto rispetto, quello appena riportato in alcuni stralci, che fa ragionevolmente pensare che un professionista di questo livello sia fornito di strumenti molto più raffinati, rispetto a chi non si occupa di psicologia, per comprendere le dinamiche dei bambini. Per questo motivo, una decisione così forte, che penalizza ingiustamente i figli per le colpe dei genitori, è di difficile comprensione. Non interessa la motivazione politica, la diatriba tra la giunta di centro-destra con l’opposizione della sinistra. Interessa di più, in questa precisa situazione, in che modo possano percepire l’accaduto, i figli dei genitori in difetto. Si riscontra un atteggiamento all’interno del quale i bambini sono posizionati allo stesso livello (cognitivo e d’azione) di un adulto: colpiti per punire il genitore e portatori di un messaggio del tipo: “Mamma e papà non pagano e voi ne dovete subire le conseguenze, crescete”.

In questo caso di recente cronaca si costringono i bambini a ragionare in un modo che va ben oltre le loro capacità di vedere il mondo. I bambini sono messi di fronte a conflitti non pertinenti alla loro sfera emotiva!

In questo frangente, ad esempio, dovendosi confrontare con i coetanei “corretti”, non dovrebbe stupire, in un’atmosfera abitata da colpevoli e meritevoli, la derisione di un piccolo condannato a “fettunta e acqua” da parte di chi ha il genitore pagante la mensa.

 

Altri esempi di cronaca

Bambini sfruttati come fotomodelli, costretti a estenuanti sessioni di trucco, set fotografici e sfilate di moda. Una realtà dilagante che ha spinto due parlamentari, l’estate scorsa, ha formulare due interrogazioni in Parlamento, per una maggiore vigilanza sul fenomeno. La richiesta è stata avanzata da due parlamentari con una precisa richiesta di tutela per i diritti dell’infanzia. Nell’intervento in aula si è messo al centro non solo le condizioni in cui i bambini lavorano, ma anche il processo di “adultizzazione precoce” in cui sono proiettati. Anche il volerli avviare in attività sportive troppo presto, imporgli a imparare a suonare uno strumento musicale, fare attività che non maturino da un loro esplicito desiderio sono richieste che minano l’infanzia rendendola sempre più breve.

Se questo è lo scenario riportato da alcuni fatti di cronaca, cosa si potrebbe fare per impedirne ripercussioni sui più piccoli? Si potrebbero, ad esempio, rispettare le dovute e fisiologiche fasi di crescita di ogni bambini con attenzione anche a rallentare la sfrenata corsa alla tecnologia ad alta efficienza. I figli dovrebbero essere aiutati a conoscere il mondo a piccoli passi e non solo attraverso le modalità virtuali. Così facendo si rinforzerebbero le loro doti di empatia e pro-socialità nei confronti dell’altro, donando loro anche il tempo per annoiarsi. Il focus dovrebbe essere la tolleranza nei confronti di una diversità imprevista (anche per colpa dell’adulto) e spaziando in una visione del mondo formata dal loro pensare, non solo per “merito” di dati meccanici o altamente standardizzati, forniti dalla tecnologia. Questo li potrebbe far finalmente crescere senza snaturare il loro imprescindibile nucleo infantile.

 

 

Riferimenti bibliografici

Bernardini I. (2012), Bambini e basta. Milano: La Feltrinelli.

Piaget J. (2000). Lo sviluppo mentale del bambino ed altri studi di psicologia. Milano: Einaudi

Gardner H (2005). Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento. Trento: Ericskon Edizioni.