Skip to main content

La rappresentazione della malattia mentale

Non esiste un concetto unico sulla rappresentazione della malattia mentale, che da sempre per l’individuo ha raffigurato un rapporto scomodo, capace di muovere emozioni contrastanti, con comportamenti ed attribuzioni influenzate da pregiudizi e paure. Stereotipi, atteggiamenti e pregiudizi spesso prevalgono nel vissuto emotivo delle persone e talvolta anche nelle opinioni espresse verbalmente, mostrando quanto di essi sopravvive nella mentalità occidentale attuale.

Lo “stigma” nei confronti di chi soffre di un disturbo psichico, che porta ad etichettare il malato come “matto” e a considerarlo una persona che vale meno degli altri, si fonda sugli stereotipi della pericolosità, dell’imprevedibilità, della desocializzazione attribuita in parte alla inabilità a conformarsi alle regole ed agli stimoli sociali ma anche ad una abulia, una “mancanza di volontà” di cui i pazienti sono almeno in parte considerati responsabili. Ma al di là degli “archetipi culturali”, il malato mentale vive fuori dal tempo ordinario, dentro un sogno che non ha mai fine, varca la soglia di un mondo parallelo e molto spesso non torna più indietro. E’ proprio quello che succede a chi lamenta il furto del pensiero.

Il furto del pensiero

Una macchina passa, percorrendo normalmente la carreggiata. Il pedone sul marciapiede non sa chi stia al volante né ove sia diretta quella vettura. Però egli sente con certezza granitica che quello sconosciuto si è appropriato del suo pensiero. In quel momento il pedone perde il controllo, inizia a piangere, a correre dietro all’ignaro automobilista, con l’unico, impossibile obiettivo di riprendersi qualcosa che gli appartiene, che crede essergli stato illegittimamente sottratto. Parliamo del furto o sottrazione del pensiero.

Secondo l’Enciclopedia Treccani, con il termine “furto del pensiero” si indica in psicologia, la sensazione delirante che si riscontra nei deliri di influenzamento e nella sindrome di automatismo mentale: il soggetto ha l’impressione che gli vengano sottratti i propri pensieri o che questi siano noti a tutti”. Secondo le classificazioni attualmente vigenti in medicina, la fattispecie in esame si delinea allorquando “il paziente crede che i suoi pensieri gli vengano in qualche modo portati via dalla mente ed egli ha, come prodotto di questo processo, un sentimento di perdita”. Il furto del pensiero si inserisce all’interno del processo formativo ed esplicativo del pensiero.

Nel modello di ideazione del pensiero inteso come associazione, Jaspers sostiene che i pensieri vadano concepiti come sequenze ininterrotte di eventi psichici. La quantità di associazioni possibili risultanti da un singolo evento psichico costituisce la “costellazione”. All’interno di una costellazione, ossia l’insieme di pensieri ed idee, un concetto assume un ruolo preminente rispetto agli altri, determinando così la coerenza del flusso del pensiero e la finalizzazione dello stesso verso una meta determinata. Il blocco del pensiero rappresenta la situazione in cui versa il paziente schizofrenico quando il suo pensiero è interrotto in modo inaspettato e non intenzionalmente, né a causa del sopraggiungere di altri pensieri o per introspezione del soggetto. Il flusso di pensiero diviene incoerente e non è più finalizzato ad una meta.

Il pensiero disorganizzato

Il pensiero disorganizzato è stato considerato da certi autori come la manifestazione singola più importante della Schizofrenia. L’eloquio delle persone con Schizofrenia può essere disorganizzato in una varietà di modi. La persona può “perdere il filo” passando da un argomento all’altro (“deragliamento” o “allentamento dei nessi associativi”); le risposte alle domande possono essere correlate in modo obliquo o completamente non correlate (“tangenzialità”); e, raramente, l’eloquio può essere così gravemente disorganizzato da risultare quasi incomprensibile (“incoerenza” o “insalata di parole”). Il paziente non ha alcuna spiegazione se non in termini di sottrazione del pensiero. Il furto del pensiero, come sopra delineato, costituisce una vera e propria patologia, rientrante all’interno della categoria generale schizofrenia o rappresenta piuttosto il sintomo rivelatore di questa particolare forma di psicosi? Proviamo a dare una risposta. Nella classificazione diagnostica categoriale, proposta in medicina, possiamo distinguere in ordine crescente di gravità:

  • Disturbi specifici dell’infanzia
  • Ritardo mentale
  • Altri disturbi (quali per esempio dipendenze da alcol e droghe, disfunzioni e deviazioni sessuali)
  • Disturbi della personalità
  • Psicosi

Nell’ambito delle psicosi particolare importanza assume la schizofrenia. Generalmente vengono identificate due principali classi di sintomi rilevatori della schizofrenia: i sintomi positivi o produttivi, tra i quali rientra appunto il furto del pensiero, ed i sintomi negativi. Schneider ha individuato i sintomi di primo rango della schizofrenia: tra questi rientrano quelli che Egli qualifica come i Disturbi del pensiero o Passività del pensiero. Essi sono: A) la sottrazione o furto del pensiero; B) l’inserimento nel pensiero; C) la diffusione o trasmissione del-pensiero.

Il processo di sviluppo del disturbo psicotico

La risposta al nostro quesito può essere data anche dall’analisi del processo di sviluppo del disturbo psicotico. Esso si divide in tre fasi:

  • “Fase prodromica”: è spessissimo insidiosa e caratterizzata soprattutto da disturbi cognitivi. Le difficoltà cognitive sono vissute soggettivamente e rappresentano la perdita di controllo dei processi del pensiero.
  • “Esordio”: serve per poter fare la diagnosi. E’ caratterizzata da un’angosciosa condizione preparatoria, con umore o stato d’animo delirante, una sensazione difficilmente comunicabile di modificata relazione tra sé e il mondo. Alcuni pazienti all’insorgenza della patologia possono apparire normali nell’abbigliamento, nella mimica, nei comportamenti e anche nel linguaggio. Sono frequenti il ritiro sociale e l’evitare relazioni, mentre altre volte prevale l’inadeguatezza dell’affettività con risatine fatue immotivate. Il linguaggio può essere da vago e evasivo fino alla schizofasia (linguaggio totalmente dissociato). Ha un valore diagnostico fondamentale il disturbo del pensiero che si manifesta con alterazioni della forma o con impoverimento di idee.
  • “Fase a lungo termine”: è spesso segnata dal predominio dei sintomi negativi. Si hanno riduzione dell’attività, perdita di iniziativa, riduzione dei contatti, difficoltà nei rapporti sociali, apatia. In generale nella schizofrenia l’orientamento nel tempo e nello spazio si mantiene normale, ma è comune una diminuzione dell’attenzione o della concentrazione. Le capacità che risultano più danneggiate sono la volontà e la progettualità.

Il furto del pensiero ha conseguenze rilevanti dal punto di vista delle capacità dell’individuo di vivere una vita sociale relativamente normale, divenendo altamente invalidante. Superare lo “stigma” e guardare alla malattia mentale per quello che è, una malattia come un’altra, curabile, meno grave di tante altre, permetterebbe a coloro che ne soffrono di accedere prima e meglio alle cure, migliorando la loro vita e a giovarne sarebbe l’intera società. Per quanto concerne il trattamento, si può rimandare ai programmi terapeutici (psicologici e farmacologici) considerati efficaci per la schizofrenia e gli altri disturbi psicotici.

Scritto da Giovanni Schiattarella, Dr. In Scienze e Tecniche Psicologiche per l’Analisi dei Processi Psichici nello Sviluppo e nella Salute

 

Riferimenti bibliografici

Kurt Schneider, Psicopatologia clinica  – a cura di B. Callieri – R. Dalle Luche. Ed.G.Fioriti

Karl Jaspers (1946), Psicopatologia generale, edizione italiana a cura di Romolo Priori, saggi introduttivi di Federico Leoni e Umberto Galimberti, Il Pensiero Scientifico Editore.

Paola D’Atena, L’immagine della malattia e del malato mentale – Bulzoni editore