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Il genitore che protegge

Nella modernità, quello che si osserva sempre di più negli adolescenti è un contesto familiare iperprotettivo. In questo contesto familiare, quello che si evidenzia è che i genitori tendono sempre di più a facilitare la vita dei loro figli, a sostituirsi a loro nelle scelte, nella scuola e nel contesto sociale. Tuttavia però, eliminando le difficoltà nel loro cammino e risolvendo loro i problemi gli adolescenti sono sempre meno autonomi. I genitori tendono ad essere accoglienti, attenti, tentano di proteggerli anche dalla minima difficoltà nuocendo alla capacità del ragazzo di attivare le proprie risorse personali di fronte ad una difficoltà o ad un insuccesso. Lo scopo del genitore è spesso quello di prevenire difficoltà, di far si che il figlio non sia triste o frustrato per una situazione, ma sopratutto si tenta di prevenire il fatto che il figlio commetta un errore e questo possa in qualche modo destabilizzarlo.

Questi comportamenti si riflettono oltre che nel contesto familiare anche fuori e spesso anche nel contesto scolastico. Nel contesto scolastico, ad esempio, si tenta di controllare il più possibile i figli anche attraverso le piattaforme informatiche come il registro elettronico. Si controlla che il figlio abbia svolto tutti i compiti, che i voti siano buoni e alla minima difficoltà la colpa si trasferisce all’esterno, o è colpa del professore o il ragazzo non ha capito bene la domanda oppure si tenta subito di correre ai ripari con delle ripetizioni. Tuttavia in questo contesto ma anche negli altri, non è possibile controllare l’insuccesso, le difficoltà, i problemi e soprattutto bisognerebbe incitare ed insegnare ai ragazzi a gestirli, ad affrontarli per far si che in un futuro siano autonomi e capaci di mettersi in gioco attivando le loro risorse personali. Questo è importante anche per garantire al ragazzo in futuro, un autonomia per quando sarà lui a dover educare i figli, prendere decisioni e affrontare le difficoltà quotidiane.

 

Il senso di colpa

Molto spesso poi, arrivati all’età dell’adolescenza, i ragazzi iniziano ad uscire dal nucleo familiare per fare le loro esperienze, frequentare il gruppo dei pari, fare corsi e attività extrascolastiche e iniziano a destare preoccupazione nel genitore iperprotettivo e controllante e magari anche a ribellarsi ad alcuni comportamenti e atteggiamenti del genitore. In tal senso, quello che può succedere è che il genitore non riconoscendo il proprio figlio o per preoccupazione che possa accadergli qualcosa tende a riportarlo nel luogo sicuro attraverso il senso di colpa. Il genitore inizia a muovere un senso di colpa nel ragazzo, nel momento in cui inizia a non parlargli per lunghi periodi, ad avere comportamenti squalificanti nei suoi confronti, a suggerirgli di essere riconoscente per ciò che ha con un atteggiamento vittimistico, a dirgli che per lui ha sacrificato ogni interesse. In tal modo, il figlio ascolterà il genitore per non provare il senso di colpa da una parte e per non affrontare le conseguenze dall’altra e così facendo il genitore continuerà a controllare e gestire la vita del figlio, insomma un cane che si morde la coda.

In questo modello familiare la coppia è spesso trascurata, ci si vede solamente come coppia genitoriale e si investe solamente sul figlio. Il figlio deve essere all’altezza e quindi deve avere tutti i confort per essere alla pari con gli altri, avrà dunque il motorino, il telefono migliore, i vestiti all’ultima moda ma sopratutto difficilmente avrà punizioni quelle che insegnano a crescere e a guadagnarsi le cose. In tal senso il genitore iperprotettivo evita di dare punizioni o tende a modificarle nel tempo in quanto frustranti e considerate oggetto di malessere per il figlio che va capito, assecondato e non destabilizzato. In questo modo però, il figlio non acquisirà due concetti importanti, la responsabilità delle proprie azioni e la gratificazione. Dunque da una parte, probabilmente non darà valore alle cose, ai successi, perché tutto è dovuto e scontato e non guadagnato per merito, quindi non si sentirà mai gratificato totalmente per aver ottenuto qualcosa facendo sforzi. Dall’altra non capirà che ad un comportamento sbagliato e scorretto seguono delle conseguenze perché i genitori anche se arrabbiati, delusi o trattati male non toglieranno alcun confort proprio perché il figlio deve essere alla pari degli altri.

 

Quali sono le conseguenze di questo modello familiare?

Questo modello familiare comporta delle conseguenze non indifferenti. Innanzitutto come anticipato il figlio non svilupperà un identità autonoma, tutto sarà confuso e di fronte alla difficoltà non saprà come reagire, poi non essendo abituato al fallimento e alla frustrazione probabilmente di fronte ad un problema non troppo complesso reagirà in maniera esagerata, così si arrenderà e si farà totalmente gestire dai genitori verso il quale prova grande riconoscenza, quella riconoscenza che lo manterrà in gabbia e non gli consentirà di ragionare in maniera autonoma. Quando crescerà ed inizierà a frequentare alcuni contesti lavorativi sarà difficile per lui capire che la stima, il rispetto, il successo e le lodi vanno ottenute grazie all’impegno e alla costanza, alla fatica quella che i genitori hanno cercato di evitargli rendendogli la vita comoda e priva di difficoltà e sforzo. Tutto questo non vuole significare che il figlio non va aiutato, ma se da una parte è giusto aiutarlo dall’altra bisognerebbe spronarlo ad agire, a conquistarsi le cose.

Probabilmente quello che succede è che un genitore vorrebbe proteggere il proprio figlio da tutto e da tutti, vederlo felice e farlo vivere bene in maniera comoda, non farlo affaticare o stressare   “ma è con le migliori intenzioni che si ottengono gli effetti peggiori”. Sicuramente quando si è genitori è importante interrogarsi per capire se si sta facendo la cosa giusta, mettersi in gioco e capire che i figli vanno stimolati a crescere, ad imparare, a gestire le proprie cose, a ragionare in maniera autonoma, a fallire perché è molto meglio vedere le lacrime di un figlio oggi ma realizzato un domani piuttosto che creargli una vita comoda adesso ma che un domani diventerà scomoda e frustrante. Bisognerebbe insegnargli a guadagnarsi ciò che vuole ottenere perché così imparerà a dare un valore alle cose, bisognerebbe insegnargli ad essere autonomo a risolversi le sue cose o quanto meno a provarci, ricordandogli che se da solo non ce la farà potrà tornare nella sua base sicura per un confronto, per un consiglio, per un supporto ma non per farsi risolvere un problema o per evitarlo. Solamente stimolando i ragazzi ad agire questi saranno in grado di attivare le proprie risorse e ad essere adulti autonomi un domani.

 

 

Riferimenti bibliografici

Bertinotti A., (27 Marzo 2021) La famiglia: il modello iperprotettivo https://www.controcampus.it/2012/03/la-famiglia-il-modello-iperprotettivo/

( 3/04/2021)

Nardone G., Giannotti E., Rocchi R., (2015) Modelli di Famiglia. Conoscere e risolvere i problemi tra genitori e figli. Editore: Tea.

Nardone G., (2012) Aiutare i genitori ad aiutare i figli. Problemi e soluzioni per il ciclo di vita. Editore: Ponte alle Grazie.