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La storia è di chi la racconta

L’ultimo giorno dell’anno rappresenta per gli esseri umani un momento di raccolta e di riflessione. Si passano in rassegna i compiti svolti e quelli lasciati a metà. Si fanno grandi liste di buoni propositi e si festeggiano le nuove aspettative che colmeranno le giornate dal 2 gennaio in poi. Potremmo equiparare il Capodanno al ciclo stagionale, alla ruota della vita che ci conduce a braccetto verso un nuovo periodo, un nuovo momento storico, una nuova vita da esplorare.

Se si riflette a lungo andando indietro nel tempo, ripercorrendo i tempi mai vissuti si può scorgere qualcosa che, nonostante sia distante anni luce dalla nostra generazione, continua fedele ad accompagnarci nelle lunghe notti invernali, la nostra Storia. Storia è come una donna che ha mille anni e il volto segnato dalle rughe della saggezza e del tempo. Sta seduta e osserva permettendo a noi uomini di dire “Ho visto! Ho conosciuto! So” dalla radice del verbo greco οιδα “una cosa che so”. La storia non descrive unicamente lo scorrere delle epoche ma è un libro di racconti colmi di descrizioni e sentimenti che tutti noi percepiamo e conosciamo a volte inconsapevolmente.

 

Capo dell’anno

Il Capodanno ha una lunga tradizione. Questa dipende dalla cultura di riferimento e dalle usanze del luogo. Secondo il calendario gregoriano nella nostra cultura coincide con il 1° gennaio e viene da noi festeggiato con fuochi artificiali e canzoni. Uno dei brani musicali tradizionalmente diffuso sia nei paesi anglosassoni che in Italia è il Valzer delle candele tradotto dall’originale Auld Lang Syne, poesia dello scozzese Robert Burns. Il Capodanno è accompagnato da varie tradizioni, come indossare biancheria intima di colore rosso o mangiare lenticchie. Ma vede anche dei presagi oscuri che hanno fatto tremare intere generazioni nell’arco degli anni, le così dette teorie sulla fine del mondo.

 

La fine del mondo come lo conosciamo

L’espressione fine del mondo deriva da lontano. Già nell’anno 1000 esisteva la convinzione che il nuovo anno avrebbe portato con sé la fine di ogni cosa, attribuzione dovuta all’interpretazione di un brano dell’Apocalisse ( 20,1-3).  Da qui si susseguirono svariate interpretazioni sulla fine del mondo. Quella a noi più vicina è il Millennium bug che denotava l’inizio del 2000. Secondo tale teoria il difetto informatico che derivava dalla difficoltà dei sistemi informatici di adeguarsi al cambio data, ossia dal 1999 al 2000,  avrebbe provocato la distruzione di tali sistemi e dunque la fine della società cosi come la conosciamo. Un’altra teoria sulla fine del mondo risale al 2011 in cui avremmo raggiunto esattamente 7000 anni di distanza dal Diluvio universale e ciò faceva pensare che l’avvenimento si sarebbe ripetuto, distruggendo la terra con maremoti e terremoti, esattamente il 21 maggio 2011.

Altra data è il 21 dicembre 2012, ricavata dall’interpretazione del Calendario Maya, in base al quale tale data avrebbe dato origine all’inizio di un cambiamento portato dall’incontro con le divinità celesti dell’antica Mesoamerica. Tale periodo avrebbe modificato l’ordine consueto delle cose e sconvolto la Terra con cataclismi dall’origine sconosciuta. Prima della scoperta dell’archeologo  William Saturno e colleghi  si pensava che il calendario finisse il 21 dicembre 2012, quando in realtà esistevano secondo i Maya diversi cicli calendariali. Dunque tale data non rappresentava alcuna fine ma unicamente una trasformazione.

 

Capodanno, fine o nuovo inizio ?

Spesso si pensa al concetto di “fine del mondo” come a qualcosa di distruttivo che si abbatte su di noi non lasciando nulla se non orde di detriti e ricordi. In realtà sia nel passato che nell’epoca odierna la fine del mondo, identificata sia con il Capodanno che con date specifiche come il 21 maggio 2011 e il 21 dicembre 2012, caratterizza più un cambiamento, una trasformazione, qualcosa che ci scuote dall’interno portandoci a dubitare di ciò che è reale e a costruire qualcosa di totalmente nuovo.

Un ‘altra data poco conosciuta è il 24 maggio 2017. Tale data è stata definita come l’avvento della “Nona onda” del Calendario Maya.  Noi siamo stati abituati a ragionare attraverso lo spazio-tempo che semplifica di gran lunga la prospettiva del cilco vitale e biologico dell’uomo. In realtà l’Universo ragiona ad onde, ossia ha delle leggi ben diverse e complesse da comprendere. Quando l’uomo vive in sintonia o sincronicità, come direbbe Jung (1980) con l’Universo accadono cose di cui non osa dare spiegazione e che lo rendono estremamente libero.

 

La legge Universale

Le onde sono vibrazioni che guidano la cognizione e l’azione umana. Sono caratterizzate da un codice composto da leggi numeriche. Essere allineati con le onde vuol dire percepire alcuni elementi della creazione dell’Universo e tale sincronicità si traduce anche nel nostro cervello con l’attivazione dell’emisfero destro o sinistro a seconda di quale onda si tratti.  La nona onda si pensa essere in grado, per chi la percepisce e vi si allinea, di unire la percezione di entrambi gli emisferi e attivare il cuore, rendendoci una cosa sola con noi stessi e con l’ambiente che ci circonda. Sono tante, troppe le teorie che parlano della fine, dell’Apocalisse, delle profezie. Non esiste una risposta che possa conciliare il nostro sentire con la realtà tuttavia ci basti sapere che ad ogni fine corrisponde un inizio e che, citando Epicuro “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

 

 

Riferimenti bibliografici

Verde, F. (2014). Epicuro. Carocci Editore. Roma.

Jung, C.G. (1980).  La sincronicità. Biblioteca Bollati Boringhieri. Torino.

Thompson, J. Eric. (2006).  La civiltà maya. Einaudi. Torino.

 

 

 

 

 

 

 

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.