Skip to main content

Il fenomeno del languishing

”Ti senti come se ti stessi confondendo tra i giorni, come se guardassi la tua vita da un finestrino appannato. Questa potrebbe essere l’emozione dominante del 2021”. È così che il Dr. Adam Grant, psicologo della University of Pennsylvania descrive lo stato emotivo che sembra aver caratterizzato la quotidianità di molti negli ultimi tempi: il languishing. Esso indica una condizione di assenza di scopo, benessere e gioia; la persona, priva di motivazione e spinta vitale, rimane in uno stato di inerzia e devitalizzazione. Il termine è stato coniato per la prima volta, in tempi non sospetti, dal sociologo Keyes, per descrivere quello stato mentale a metà tra il benessere e la patologia; non indica, infatti, un disturbo psicologico, ma è tipico di chi mostra bassi livelli di benessere.

 

Come siamo arrivati a “languire”?

Ormai è trascorso più di un anno dall’inizio della pandemia di Covid-19, che ha avuto un impatto drammatico sulla società contemporanea e ha cambiato in modo significativo le abitudini di tutti noi. Abbiamo vissuto diverse forme di perdita, di persone care, del lavoro, di relazioni, di momenti di svago. Ognuno ha messo temporaneamente da parte la propria vita precedente, fino a raggiungere una condizione di stallo, caratterizzato da indifferenza e rassegnazione, con pochissimi stimoli positivi (quali programmazione di obiettivi, raggiungimento di soddisfazioni, socializzazione e interesse per la vita). Le emozioni predominanti non sono tristezza e assenza di energie, bensì mancanza di gioia e di scopi. Dunque, non siamo depressi ma, al tempo stesso, non stiamo funzionando al massimo delle nostre potenzialità, con una conseguente influenza negativa sul rendimento scolastico e/o lavorativo e sulle relazioni sociali.

 

I rischi del languishing

Nessuno è immune dal languishing. Sicuramente chi è più competente nella gestione dello stress è meno incline a vivere questo stato mentale, grazie ad una maggiore resilienza e capacità di non farsi sopraffare dagli eventi. Diverso è per coloro che sono predisposti a condizioni psichiatriche o hanno una storia di ansia o depressione, così come per i soggetti più estroversi, che accusano maggiormente le restrizioni. Infatti, i lunghi mesi di limitazioni, la modificazione delle condizioni lavorative, la sospensione delle attività ricreative e l’ isolamento sociale, hanno portato ad un aumento non solo di paura, ansia, allarme, senso di incertezza, come lo scorso anno, ma anche senso di stanchezza mentale, apatia, demotivazione, rassegnazione. Ma vivere questo stato mentale che cosa comporterà? Può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi mentali. Non siamo attualmente in grado di prevedere con certezza se, negli anni futuri, il languishing si evolverà in disturbi depressivi, anche se una ricerca ha mostrato come le persone che hanno più probabilità di sperimentare ansia e depressione nei prossimi dieci anni sono proprio quelle che, al momento dell’osservazione iniziale, vivono uno stato di vuoto e stagnazione.

In Italia, è stato anche recentemente condotto uno studio sul personale sanitario in Lombardia, una delle Regioni più aspramente colpite dal contagio da Covid-19. I soggetti che hanno manifestato segnali di languishing nella primavera del 2020 hanno visto aumentata, rispetto ai loro colleghi, la probabilità di sviluppare un Disturbo da Stress Post-Traumatico. D’altronde come riferisce il Dr. Grant “non depresso non significa non essere in difficoltà. Non essere in burnout non significa essere entusiasti ed eccitati”. Riconoscere di vivere uno stato di languore è già il primo passo per dar voce a questo malessere, per poi richiedere aiuto ai professionisti della salute mentale, dando così la giusta attenzione agli effetti sulla psiche di quella che, ormai è evidente, non è più solo una emergenza sanitaria ma anche psicologica.

 

Gli interventi: il flourishing

Dunque, come intervenire? Coltivando lo stato mentale opposto, detto il flourishing, caratterizzato da benessere, coloritura emotiva e prosperità psicologica. In tutti questi anni, tanti autori hanno studiato i fattori che promuovono il funzionamento psicologico ottimale, all’interno della cosiddetta Psicologia Positiva. Uno dei modelli più noti è quello proposto da Ryff and Keyes e ripreso successivamente da Ruini, che definisce il concetto di benessere basato sulla presenza di sei dimensioni:

  • Accettazione di sé: accogliere ed integrare gli aspetti positivi e negativi, riconoscendo come valide tutte le emozioni e legittimando, quindi, anche un eventuale stato di disagio;
  • Autonomia: regolazione del proprio comportamento, autodeterminazione, capacità di prefiggersi obiettivi personali ed individuazione di strategie per raggiungerli;
  • Padronanza ambientale: senso di padronanza e capacità di interagire con l’ambiente, utilizzando le opportunità esterne;
  • Relazioni positive: capacità di provare empatia e intimità, presenza di relazioni supportive e affidabili, fonti di soddisfazione e benessere personale;
  • Scopo nella vita: presenza di valori, scopi e auto-direzionalità, percezione di significato nella propria vita;
  • Crescita personale: sentimento di continuo sviluppo di sé, apertura a nuove esperienze vissute come occasione di crescita e arricchimento personale.

Questo ci fa riflettere su quanto sia importante investire su tutti questi aspetti, per “accendere” la motivazione e contrastare il senso di vuoto. In tal modo, è realmente possibile innalzare i livelli di benessere percepito. In conclusione, la pandemia ci ha coinvolto e continua a farlo, direttamente o indirettamente, ha arrecato grande sofferenza a noi, ai nostri cari, ai nostri amici, alla nostra comunità, ci ha colpito a livello medico, lavorativo, economico, scolastico, relazionale, ma anche psicologico. Ma chissà se ci ha anche insegnato qualcosa, come diventare più creativi, più abili nell’uso delle tecnologie, ma soprattutto più consapevoli dell’importanza di ciò di cui siamo stati deprivati. D’altronde, come dice lo psicologo Dr. Pope, “con il ritorno alla normalità, apprezzeremo ancora di più la vita, in quanto ha doni sorprendenti che ci permettono di prosperare, se però siamo disposti ad accoglierli”.

 

 

Riferimenti bibliografici

Gillespie, C. (2021), People Are‘Languishing‘ as the COVID-19 Pandemic Continues. Here’s What That Means, Health.: London.

Grant, A. (2021), There’s a Name for the Blah You’re Feeling: It’s Called Languishing. The New York Times: New York.

Iasello, M., van Agteren, J., Keyes, C. L. M., & Cochrane, E. M. (2019), Positive mental health as a predictor of recovery from mental illness. Journal of Affective Disorders, 51, 227-230.

Keyes, C. L. M. (2002), The mental health continuum: From languishing to flourishing in life. Journal of Health and Behavior Research, 43, 207-222.

Keyes, C. L. M. (2010), Change in Level of Positive Mental Health as a Predictor of Future Risk of Mental Illness. American Journal of Public Health, 100, 12, 2366-2371.

Pope, S. (2021), Not depressed, but not flourishing: How‘languishing‘ became the dominant feeling of 2021, The National Post: Toronto.

Ruini, C. (2017), Positive Psychology in the Clinical Domains, Research and Practice. Bologna: Springer International Publishing.