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L’aborto volontario: disciplina

In base alla legge 194 introdotta nel 1978 in Italia la donna può scegliere di interrompere la gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi economici, di salute, familiari o sociali.  La richiesta è solitamente presentata dalla donna al consultorio della propria zona di residenza e firmata dalla richiedente e dal medico previa visita ginecologica. Nel caso la richiedente sia minorenne è necessaria l’ autorizzazione da parte di entrambi i genitori, se la podestà è congiunta, di uno solo se la podestà è esclusiva, (nel caso uno o entrambi i genitori non esprimano il consenso la richiesta viene sottoposta al giudice tutelare attraverso una relazione dei Servizi).

La richiesta di IGV (interruzione gravidanza volontaria) innesca l’attivazione di un percorso attraverso cui la donna può richiedere informazioni, ricevere supporto psicologico e sociale ed è assicurato un collegamento con i reparti ospedalieri o ambulatori presso in cui poter eseguire l’intervento.

 

Le metodologie d’interruzione

Attualmente sono previste due metodologie attraverso cui la gravidanza può essere interrotta:

  • aborto chirurgico
  • aborto farmacologico

È possibile scegliere l’aborto farmacologico se la gravidanza è iniziata da meno di 9 settimane e se non ci sono controindicazioni rispetto ai farmaci da dover assumere, il procedimento avviene in due fasi: nella prima, viene somministrato un farmaco ( RU486) che ha l’ obiettivo di interrompere la gravidanza, in seguito, dopo 48 ore avviene l’ assunzione della seconda compressa che agisce determinando il distacco e l’ espulsione dell’embrione. L’aborto chirurgico avviene in ospedale (ricovero day hospital), è effettuato con anestesia e su richiesta è possibile contestualmente l’inserimento di contraccezione quali spirale o impianto sottocutaneo. L’interruzione della gravidanza oltre i novanta giorni dal concepimento è prevista solo se essa comporti grave pericolo per la donna o nei limiti previsti dall’art. 7 della L. 194/78 (anomalie e malformazioni fetali o pericolo per la salute fisica e psichica della madre).

 

IVG nel mondo, alcuni esempi

Ripercorrendo la storia dell’uomo ci accorgiamo di come questa pratica risalga a tempi antichissimi, infatti, le prime testimonianze risalgono all’Antico Egitto. Ad oggi, nella maggioranza degli stati del mondo l’IVG è legale tuttavia vi è ancora un’alta percentuale di morti a causa di aborti clandestini praticati con strumenti di fortuna non sterilizzati. La Svezia è uno dei primi paesi in cui l’aborto è stato legalizzato (1938), la legge prevedeva la possibilità di IVG per ragioni mediche o umanitarie (gravidanza in seguito ad uno stupro).

Lo stato della California ha dichiarato che entro il 2023 renderà gratuito l’aborto farmacologico per tutte le studentesse dell’università, lo stato dell’Alabama (USA) invece ha reso illegale l’aborto anche nei casi di stupro ed incesto. Appare evidente che dietro l’IVG tanti sono i dibattiti di natura etica, sociale, politica e religiosa che dividono l’opinione pubblica tra favorevoli e non, pertanto, il tema dell’aborto volontario è da anni argomento dibattuto e portatore di accese polemiche.

Focus sul ricorso a livello statistico alla IVG

Nel 2018, secondo i dati ISTAT, le donne che hanno effettuato una IVG sono state 76.044 (tasso di abortività del 5.82 per 1000 donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni). I dati del 2018 dimostrano che rispetto agli anni passati le interruzioni volontarie di gravidanza si sono ridotte, complice l’ impegno dei consultori nella campagna di sensibilizzazione all’utilizzo di metodi contraccettivi ma anche dell’utilizzo della contraccezione d’emergenza che, dal 2016 non ha più l’ obbligo di prescrizione medica per le donne maggiorenni. Tra le donne che ricorrono all’ IVG sono in maggioranza le straniere seppur con valori in riduzione rispetto al passato, l’età in cui si verifica il maggior numero di aborti volontari è dai 20 ai 35 anni. Tuttavia sembra che il ricorso all’ IVG sia più elevato tra coloro che già avevano alle spalle almeno un aborto volontario specialmente tra le donne straniere.

IVG un dolore silenzioso

Dietro la parola aborto si nascono tabù e pregiudizi che spesso portano la donna a nascondere la sua scelta o a vergognarsi di essa, intensificando così la sofferenza vissuta prevalentemente in silenzio. Quando si parla di gravidanza si collega il termine ad un lieto evento, tanto è che è altrimenti definita “dolce attesa”, tuttavia in alcuni casi l’ evoluzione di essa può essere estremamente dolorosa. La scelta di interrompere la gravidanza è una scelta difficile e sofferta che va ad impattare il benessere fisico e psichico del singolo e della coppia.

La scelta di abortire è un evento particolarmente stressante che può portare ad un disturbo post-traumatico da stress, si possono innescare emozioni negative quali rabbia, senso di colpa, frustrazione, angoscia, collegate a pianto e sbalzi d’ umore, evitamento degli stimoli che richiamano l’aborto, disturbi del sonno e ricordi soventi e drammatici dell’evento. All’interruzione della gravidanza corrisponde senso di smarrimento e una rottura del proprio equilibrio, perdere un figlio anche scegliendo di perderlo attiva sentimenti di solitudine e dolore, tanto da definirla sindrome post-abortiva.

Il lutto di coppia: l’importanza dell’elaborazione e condivisione

Interrompere una gravidanza quando si è in coppia determina il coinvolgimento dei due partner.
L’IVG determina delle dinamiche psichiche che mettono in crisi il proprio equilibrio personale e inevitabilmente anche quello di coppia, i sentimenti che si affacciano di fronte ad una decisione di questo tipo sono contrastanti, possono passare da sollievo e libertà a immenso dolore di un lutto determinando sensazioni di impotenza che portano a pensare di non farcela a superare il trauma stesso.

La scelta di non portare avanti la gravidanza mette in condizione la coppia a confrontarsi con delle decisioni che portano i partner ad essere genitori, a condividere valutazioni in merito alla gravidanza e tutto ciò porta alla necessità di elaborare il lutto, di prendersi tempo. Chiedere alla coppia e al singolo di minimizzare l’evento corrisponde a negare ogni traccia di esso, come se esso non fosse mai esistito. È opportuno dare tempo e spazio all’elaborazione, sostenere la coppia nel collocare l’evento all’interno della propria storia affinché essa possa rinascere e riconoscersi come tale.

 

Scritto da Lucia Del Pace, Scienze dell’Educazione e della Formazione, Università di Siena. Ha partecipato a programmi educativi presso la casa circondariale di Arezzo e ha esperienza nell’ambito delle tossicodipendenze

 

Riferimenti bibliografici e sitografia

www.istat.it, interruzioni volontarie della gravidanza

www.ingenere.it, (Ri)abortire in Italia

www.salute.gov.it

Foà Benedetta, “Le doglie del ri-nascere”, donne e uomini raccontano il dramma dell’aborto, San Paolo edizioni, 2018