Skip to main content

La crisi del clima

La crisi del clima non è più una minaccia incombente, ma una realtà osservabile e preoccupante. Gli scenari climatici seguono quelli socioeconomici. Cosa accadrà in futuro, pertanto, dipende molto dalle politiche di sviluppo economico e dalla situazione internazionale. Il cambiamento climatico rende la Terra un posto meno sicuro e rappresenta la più grande sfida che l’umanità ha di fronte per continuare a vivere su un pianeta accogliente. Nel corso della storia, la temperatura della nostra Terra ha visto una variabilità naturale, anche prima della comparsa dell’uomo, con un alternarsi di glaciazioni e periodi più caldi. Tuttavia questi eventi riguardavano solo alcune zone. Negli ultimi centocinquant’anni, invece, la composizione dell’atmosfera è cambiata e la quantità di gas che creano l’effetto serra, come anidride carbonica (CO2) e metano (CH4), ha subito un’impennata. La temperatura dell’intero pianeta è di conseguenza aumentata di circa 1°C a livello medio globale tra la seconda metà dell’Ottocento e oggi. Questo dato di fatto impatta sulla nostra salute ma anche sulla nostra sicurezza, andando a contribuire al determinarsi di conflitti e migrazioni di massa.

La temperatura sulla superficie terrestre è ad equilibrio energetico: c’è un’energia che entra, prevalentemente dal Sole, che tende a riscaldare il pianeta, e un’energia che esce e che tende a raffreddarlo. Il sistema clima è complesso e comprende atmosfera, mari e oceani, ghiacci marini e terrestri, biosfera. Input naturali e input antropogenici agiscono insieme nel determinare il comportamento climatico (Mastrojeni & Pasini, 2020). Quando i ghiacci, che riflettono all’indietro la radiazione solare, arretrano, si attiva un circolo vizioso: l’energia solare non viene riflessa, la temperatura aumenta e i ghiacci continuano a fondersi. La deforestazione elimina le piante, che catturano e immagazzinano anidride carbonica togliendola dall’atmosfera. Il degrado impedisce al suolo di assorbire CO2. Le previsioni per il futuro sono legate prevalentemente alle azioni umane, cioè a scenari di emissione e di uso del suolo. Occorre urgentemente una rapida riduzione delle emissioni fino a raggiungere il bilancio tra emissioni antropogeniche e assorbimenti da parte dei suoli e delle foreste. La tecnologia c’è, ma i tempi stringono.

L’aumento delle temperature, l’innalzamento del livello del mare e le siccità prolungate possono modificare i paesaggi naturali, cambiare il regime delle piogge e mettere a rischio l’agricoltura di sussistenza. La compromissione delle risorse alimentari e idriche può dare origine a crisi finanziarie e conflitti, aumentando il rischio di violenza e aggressione e lo spostamento di intere comunità. Rispetto ai piani di sviluppo del passato l’Agenda 2030 dell’ONU integra pertanto l’ambiente, poiché siamo immersi in un sistema che ha dei limiti biofisici che vanno rispettati. L’Accordo di Parigi, stipulato nel 2015 ed entrato in vigore l’anno successivo, stabilisce un quadro globale per evitare le conseguenze dannose dei cambiamenti climatici. Esso si basa su principi comuni validi per tutti gli oltre 190 Paesi che lo hanno firmato. Tra gli obiettivi, mantenere al di sotto di 2°C l’aumento della temperatura media globale rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo di 1,5°C.

 

Cambiamenti climatici e salute mentale

Ormai svariate ricerche dicono che la nostra salute fisica e mentale è minacciata dai cambiamenti climatici. Il riscaldamento globale ha diversi effetti sulla salute umana: morbilità e mortalità legate al calore e a eventi meteorologici estremi, aumento delle malattie trasmesse da vettori (zanzare, mosquitos, ecc.), incremento delle malattie respiratorie acute e croniche. Le implicazioni indirette sulla salute includono: denutrizione correlata all’insicurezza alimentare, melanoma maligno da esposizione ai raggi UV e malattie renali croniche da disidratazione. Le conseguenze della crisi del clima sulla salute mentale possono essere dirette, indirette e generali e colpiscono in particolar modo i popoli più emarginati. Le conseguenze psicosociali dirette includono traumi legati a eventi meteorologici estremi. Le conseguenze indirette si verificano a seguito di sconvolgimenti sociali, economici e ambientali. Gli effetti psicosociali generali riguardano invece la sofferenza emotiva causata dalla consapevolezza degli ineluttabili impatti del cambiamento climatico sul benessere attuale e futuro della Terra e dei suoi abitanti.

Eventi meteorologici estremi possono avere effetti devastanti sulla mente e scatenare Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD), ansia, depressione, senso di colpa del sopravvissuto, abuso di sostanze, ideazione suicidaria. Il senso di minaccia incombente dovuto a un clima che cambia può portare alla disperazione poiché le azioni possibili sembrano poca cosa rispetto alla scala e all’entità del problema. Inoltre, condizioni o problemi di salute mentale preesistenti possono essere esacerbati. La frequenza, l’intensità, la durata e la complessità degli effetti del cambiamento climatico sono in aumento e quindi anche gli effetti sulla salute psichica (Hayes et al, 2018). Questi casi si vanno a sommare al già crescente carico di malattie mentali a livello globale. La constatazione degli impatti diseguali del riscaldamento globale sui gruppi emarginati rende necessarie strategie di prevenzione mirate alla protezione delle persone più a rischio. Alcune delle conseguenze psicologiche e sociali della crisi climatica sono l’aumento delle condotte aggressive e di conflitti violenti locali dai quali può scaturire un effetto a catena.

 

Cambiamenti climatici, conflitti e migrazioni

Esiste un collegamento tra crisi del clima e instabilità socio-politica. Il riscaldamento globale ha avuto un ruolo nella manifestazione di disagi e nell’innesco di conflitti. Violenze e fanatismi, pur sviluppandosi a livello locale, nel mondo globalizzato possono avere riverberi anche nei Paesi limitrofi e oltre. Le siccità a lungo termine influiscono sulle forniture di cibo e acqua, colpendo più spesso coloro che vivono nelle comunità rurali e che sono più svantaggiati. Il conseguente aumento dei tassi di povertà e disparità di reddito può portare risentimento e aggressività. La lotta per assicurarsi risorse e servizi ormai scarsi può diventare violenta e portare a traffici illeciti e migrazioni. In questo quadro, molti fattori favoriscono il reclutamento da parte dei gruppi terroristici: frustrazione e incertezza riguardo al proprio sostentamento e al futuro; rabbia nel vedere altri il cui tenore di vista sembra inalterato; la convinzione che non ci sia possibilità di scelta. E presumibilmente la situazione peggiorerà man mano che le risorse diventeranno più scarse.

Dal 2007 al 2010 in Siria c’è stata una forte siccità con ondate di calore molto forti. I contadini hanno perso i loro raccolti e sono andati nelle città, nelle periferie degradate, dove sono cominciate le lotte per l’acqua e per le derrate alimentari. Se a questo si aggiungono la speculazione sui prezzi e un regime corrotto, possiamo dire che questa enorme siccità ha innescato la guerra civile (Gleick, 2014). Come estrema conseguenza, il conflitto ha portato milioni di profughi lungo la rotta balcanica verso l’Europa. I cambiamenti climatici e la desertificazione sono cause di instabilità e di insicurezza nella fascia del Sahel, un territorio incastonato fra il deserto del Sahara al Nord e la foresta pluviale al sud. Essi aggiungono povertà alla povertà, aggravano i conflitti esistenti e incrementano l’adesione all’estremismo religioso. Il gruppo terroristico Boko Haram propone somme di ingaggio difficili da rifiutare per i giovani che non vedono altre prospettive. In questa fascia si concentrano desertificazione, conflitti per il cibo, terrorismo, e da qui provengono i più consistenti flussi di migranti che giungono in Italia attraverso una rotta mediterranea.

La scienza del clima e l’analisi geopolitica ci insegnano che siamo tutti nella stessa precaria condizione. Non possiamo lasciare le popolazioni più povere a un destino che, tra l’altro, prima o poi coinvolgerà anche noi. La migrazione è un attacco all’identità e al patrimonio delle persone costrette a lasciare le loro terre d’origine, minaccia l’integrità e la continuità dei loro usi e costumi. Ma se la principale responsabilità del riscaldamento globale è dell’uomo, questi ha anche il potere di invertirne la rotta, nonostante ciò richieda tempi molto lunghi. La soluzione di questo problema richiede uno sforzo congiunto a livello internazionale e un impegno a partire dalle singole comunità e da ciascuno di noi. Il nostro futuro dipende dal nostro comportamento e quindi è nelle nostre mani. Il fattore clima va tenuto in considerazione nelle scelte economiche, politiche, sociali, strategiche e di difesa. Occorre mitigare le emissioni, riforestare, recuperare i suoli e adattarsi ai cambiamenti già avvenuti.

 

 

Riferimenti bibliografici

Gleick, P.H. (2014). Water, drought, climate change, and conflict in Syria. Weather, Climate, and Society, 6 (3), 331–340. DOI: https://doi.org/10.1175/WCAS-D-13-00059.1

Hayes, K., Blashki, G., Wiseman, J., Burke, S. & Reifels, L. (2018). Climate change and mental health: risks, impacts and priority actions. International Journal of Mental Health Systems. https://doi.org/10.1186/s13033-018-0210-6

Mastrojeni, G. & Pasini, A. (2020). Effetto serra effetto guerra. Milano: Chiarelettere.

Von Uexkull, N., & Buhaug, H. (2021). Security implications of climate change: A decade of scientific progress. Journal of Peace Research, 58 (1) 3–17.

World Health Organization. WHO calls for urgent action to protect health from climate change—sign the call. (2015). Retrieved July 7, 2021 from https://www.who.int/news/item/06-10-2015-who-calls-for-urgent-action-to-protect-health-from-climate-change-sign-the-call