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Nella giornata internazionale della donna ricordatevi degli uomini

L’otto marzo un oceano di mimose invade le città. È la giornata internazionale della donna, una data dove vengono commemorate le conquiste sociali, economiche e politiche del gentil sesso. Tale  celebrazione affonda le proprie radici negli Stati Uniti e in seguito ha assunto valenza mondiale. Una ricorrenza che pone l’accento sulle discriminazioni e le violenze di cui le donne sono ancora vittime. Ma molte cose sono cambiate, e stanno cambiando, e forse a volte si esagera nel rivendicare i diritti.

 

Dalla lotta per i diritti al non vedere i risultati ottenuti

La giornata internazionale della donna ha perso molto del suo valore simbolico, in questi ultimi anni. Forse anche perché si confonde con le migliaia di giornate dedicate di cui il calendario è pieno: feste delle mamme, dei nonni, dei papà, dei lavoratori. Inoltre ci sono le giornate mondiali della lotta contro il cancro, il fumo, la fame nel mondo. Giornate a tema, nazionali ed internazionali, che riducono l’anno solare in uno stato di ricorrenza permanente.

Non si fa in tempo a riporre l’albero di natale in soffitta, che subito arriva il carnevale e la festa di San Valentino. Subito dopo negli scaffali dei supermercati compaiono le uova di pasqua, e prima della resurrezione si passa attraverso la festa della donna. Quando si commemora troppo la forza del messaggio perde di valore. Sono cambiati i tempi e le motivazioni, per quanto nobili, scadono troppo spesso nello stereotipo e poi si deve avere il coraggio di dirlo: le cose sono cambiate. Il ruolo della donna nella società sta sempre più prendendo piede.

Le conquiste raggiunte sono sacrosante, chiunque dotato di buon senso, e rispettoso dei diritti degli altri, non può affermare il contrario. Come è innegabile che si debbano ancora raggiungere delle mète importanti: avere gli stessi stipendi a parità di mansione nei posti di lavoro; un rinforzo delle tutele in caso di maternità; alla presenza di mariti violenti, prevenire con una efficace operazione di contenimento dei soggetti pericolosi. Vero, ma tanti progressi sono stati fatti e sono la base per le future conquiste, ed è giusto analizzarli proprio nel giorno della festa della donna. Si dovrebbe sottolineare che gli uomini stessi stanno perdendo molti diritti nel mondo del lavoro, si trovano in condizioni di precarietà al pari di una donna, e i privilegi tanto criticati sono appannaggio di pochi e non dell’intera categoria maschile, ripeto appannaggio di pochi e in questa casta ci sono anche delle donne.

 

Non dimentichiamo i successi

Nel martellamento mediatico sui diritti del gentil sesso, ci si dimentica troppo spesso delle conquiste raggiunte. In politica la donna ha cominciato a far valere la sua presenza; oggi molti leader  indossano la gonna: La cancelliera Angela Merkel in Germania, il Primo Ministro britannico Theresa May, la candidata democratica alle presidenziali USA Hillary Clinton. In Italia abbiamo avuto presidente della camera La Boldrini, Giorgia Meloni è leader indiscussa del suo partito e altre donne sono state, e lo saranno, le titolari  di ministeri importanti, vedi la Fedeli, la Fornero, la Lorenzin. C’è una legge sulle quote rosa, con la quale c’è l’obbligo di inserire nei CDA delle aziende quotate, e delle società a partecipazione pubblica, un terzo di donne. Anche nelle elezioni si è stabilito che nei collegi  nessuno dei due generi, maschile o femminile, può essere  rappresentato in una misura superiore al 60%.

In televisione le presentatrici occupano spazi di rilievo, i palinsesti televisivi sono colmi di donne, dalle trasmissioni di semplice intrattenimento a quelle politiche. Nel giornalismo, finalmente si leggono articoli firmati al femminile e si occupano dei più svariati temi, non solo relegate alla mondanità. Molte donne fanno impresa con successo ed esistono sovvenzioni statali ed europee specifiche per loro.

Tutto ciò potrebbe essere ritenuta un’ovvietà o, per i polemici, un punto di vista velato da misoginia. Non è nell’intenzione di chi scrive. Evidenzio questi dati perché voglio ricordare che, appena trent’anni fa, le condizioni sociali erano ben diverse. Negli anni ottanta i politici, i presentatori, i giornalisti erano praticamente solo uomini. Nelle trasmissioni sportive, di donne neanche l’ombra. Nei giornali, tolte rare eccezioni, le penne scriventi erano maschili. Andando in giro per la città, si vedevano operatori ecologici, carabinieri, poliziotti esclusivamente di sesso maschile. Ci si trovava  negli anni successivi alla conquista del diritto all’aborto e della legge sul divorzio, e la donna doveva scalare ancora molte vette, non si discute. Ma giunti nel nuovo millennio, non si può negare che la storia è totalmente cambiata e parlare solo dei diritti della donna potrebbe essere un boomerang di questi tempi.

Sono anni che si assiste alla rappresentazione di una figura femminile super efficiente, sicura di sé e smaliziata più di un vecchio marinaio. I media rimandano questa immagine senza sosta, basta vedere i film d’azione, dove è sempre di più la donna quella che combatte e vince, attendiamo con ansia un remake di Tarzan, dove il re della giungla lascia lo scettro alla regina e sarà lei a pronunciare la storica frase al femminile: “Io Jane tu Tarzan”.

 

L’8 marzo dovrebbe essere la festa di tutti

Nella ricorrenza della giornata internazionale della donna la sensazione è quella di una continua lotta verso un’uguaglianza percepita come se ci si trovasse ancora nell’ottocento. Non è così, l’altra metà del cielo ha raggiunto altissimi livelli di emancipazione. Nella vita di coppia l’uomo è molto più presente dentro le dinamiche della gestione della casa. Quando ero piccolo mio padre usciva la mattina per andare al lavoro, tornava la sera e si riposava. Non è mai andato ad un colloquio scolastico, con le maestre prima e i professori dopo, non ha mai assistito ad una mia recita, una competizione sportiva o partecipato a qualsiasi altra mia attività. Non mi hai mai portato dal pediatra o è andato a fare la spesa. Non ha mai stirato, fatto lavatrici o messo su la lavastoviglie. Non si è mai preoccupato di dover portare i figli a catechismo o a praticare sport. C’era mia madre.

Io uscivo dal lavoro la mattina presto e alla sera, dopo cena, sbrigavo qualche faccenda di casa. Nei giorni di riposo mi trovavo immerso in veri tour de force. Ero casalingo al pari della mia ex-moglie. Come me ci sono milioni di uomini che conducono la vita con questi ritmi. Siamo tutti nella stessa barca, e le differenze che persistono sono legate quasi esclusivamente a inclinazioni naturali specifiche del maschio e della femmina,  non da una società fondata sul predominio dell’uomo.

Lacan lo diceva negli anni sessanta, la figura del padre sta evaporando; stiamo andando verso una società sempre più al femminile e slegata dal concetto classico di famiglia; qualche effetto collaterale ci dovrà pure essere e affrontare il tema non vuol dire per forza essere  maschilista.

In un mondo dove la precarietà, l’emergenza abitativa, i diritti alla salute sempre meno tutelati; in una società dove l’istruzione sta diventando sempre di più un privilegio per i  ricchi, le condizioni climatiche peggiorano, l’inquinamento non conosce sosta; in un’epoca dove la violenza è assurta a una forma di spettacolo buono per disquisire in televisione e in rete per qualche settimana, l’8 marzo dovrebbe essere la giornata internazionale della razza umana.