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Che cos’è la Terza Casa?

La Terza Casa di Rebibbia è un Istituto a custodia attenuata situato in Via Bartolo Longo, 82 a Roma. La struttura è una palazzina con una tipologia di edilizia del tutto diversa da quella carceraria tipica. Ci sono tre piani per la detenzione e il piano terra per gli uffici. Le celle hanno porte di legno con uno spioncino di vetro. C’è uno spazio esterno caratterizzato da un prato con gazebo per l’area verde, due campi sportivi e l’orto. L’istituto prevede una custodia attenuata ed è fatto specificatamente per tossicodipendenti anche se, precedentemente, avevano accesso anche i semi-liberi. Si può essere ammessi nell’istituto solo se si è in possesso di alcuni requisiti: un grado basso di pericolosità, i detenuti devono essersi precedentemente disintossicati attraverso una terapia in appositi istituti ed infine l’età non deve superare i 40 anni circa. L’intervento previsto per un istituto a custodia attenuata è di IIº livello (post acuto), nel senso che non c’è somministrazione di metadone.

Il detenuto che entra nella Terza Casa, ha a disposizione uno o due mesi di “prova”, dove si accerta che sia effettivamente in grado di rispettare le regole e le condizioni dell’intero percorso di trattamento e reinserimento socio-lavorativo. Nella fase iniziale i detenuti, se d’accordo, vengono sottoposti ad accertamenti medici ed esami clinici per rilevare l’eventuale presenza di malattie infettive, HIV, Epatite C. Chi non rispetta le regole viene allontanato dalla struttura e trasferito. I casi in cui si prende questo provvedimento riguardano la scoperta di tracce di metaboliti nelle analisi delle urine, oppure per problemi psichiatrici di grave entità, dove è necessaria una supervisione h24.

Durante il giorno i detenuti sono aperti d’inverno dalle 7,30 fino alle 21,30; d’estate fino alle 22,00. In queste ore hanno a disposizione diversi laboratori: teatro, musica, sport ed altro. Inoltre, è possibile usufruire dei corsi di alfabetizzazione, per prendere varie licenze scolastiche.

“Fine pane mai”: pane per tutti!

Il 20 Aprile del 2017 è stato inaugurato il primo punto vendita di pane, pizza e gastronomia sulle mura della Terza Casa di Rebibbia. Questa iniziativa nasce da un progetto chiamato “Liberamens…a e il pane dalla terza bottega”, finanziato con i fondi della Cassa delle ammende del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), in partenariato e in cofinanziamento con Panifici Lariano e Farchioni Olii. All’interno della bottega 8 detenuti che si sono specializzati in panetteria tramite appositi corsi rilasciati dalla Regione Lazio, ogni giorno producono pane ed affini da vendere a chiunque riesca ad andare oltre i giudizi, oltre i propri limiti e guardare i detenuti esattamente per ciò che sono: persone.

Un punto vendita al pubblico che serve ad accorciare le distanze tra il quartiere e chi è dentro le mura. Perché anche il carcere diventi un “luogo piacevole” da frequentare per le cose buone che produce. Il gioco di parole con “fine pane mai”, usato per indicare l’ergastolo, vuole essere proprio una provocazione positiva: il pane non deve finire mai, né per chi lo mangia, né per chi lo produce. Lo scopo di questa iniziativa sociale è quella di fornire una formazione e un posto di lavoro affinché i detenuti possano gradualmente riconnettersi con il mondo esterno e ricostruirsi una vita dignitosa.

In questo particolare contesto il lavoro, quindi, invita il detenuto a responsabilizzarsi ed emanciparsi e non rappresenta, come spesso erroneamente si asserisce, un mezzo di autosostentamento: infatti, le entrate rappresentano semplicemente una concessione che lo Stato fornisce al detenuto. Attraverso il lavoro, il detenuto può confrontarsi e cooperare con gli altri, creando un prodotto comune e ampliando la sua rete sociale. Questo, chiaramente, gli offre una possibilità di riscatto e di cambiamento, poiché gli fornisce l’occasione per ridefinire il proprio ruolo, il proprio status e la propria identità.

“Made in Jail”: laboratori di serigrafia

Questo laboratorio chiamato “Made in Jail” ha come obiettivo il coinvolgimento dei detenuti in attività culturali ed artistiche, volte a far emergere talenti nascosti in un processo finalizzato ad un reinserimento socio-lavorativo sano.  I lavori vengono interamente svolti nel laboratorio presente in istituto, anche attraverso l’utilizzo di materiali riciclati all’interno di Rebibbia. Le tecniche utilizzate per la realizzazione delle opere sono varie: spray art, scultura (materiali di recupero) pittura e serigrafie. Made in Jail si impegna a realizzare stampe, loghi, immagini ripresi direttamente dal contesto di appartenenza dei detenuti, spesso facenti parte di subculture carcerarie o metropolitane.

È un progetto nato dall’idea di alcuni detenuti che, volenterosi di esprimere le loro risorse artistiche, hanno trovato il modo di farlo attraverso la serigrafia e, una volta terminata la pena, hanno fondato una Cooperativa attiva sia fuori che dentro diversi istituti penitenziari. Dal momento in cui il detenuto finisce la pena e si immette nel mondo lavorativo, egli non viene lasciato da solo; infatti, viene “seguito” sul posto di lavoro anche attraverso progetti e agevolazioni.

Per esempio, il tirocinio professionalizzante è uno strumento attraverso il quale il soggetto può essere aiutato e formato sul posto di lavoro. Anche la Borsa lavoro può essere un supporto utile per il detenuto, poiché essa ha lo scopo di formarlo all’interno di aziende private o cooperative sociali, monitorando il suo percorso di reinserimento in base alla complessità del suo profilo. L’ultimo strumento è rappresentato dall’Agenzia di Solidarietà per il Lavoro che mette in comunicazione il detenuto con i Servizi sul Territorio e con il Ministero della Giustizia.

Affinché tutti questi strumenti sopra citati funzionino è necessario che ci sia una chiara informazione rispetto a ciò che i detenuti possono fare, nonostante la loro condizione di reclusione temporanea o definitiva. Infatti, grazie all’informazione è possibile compiere un piccolo, ma importantissimo passo verso la libertà e riappropriarsi gradualmente della propria vita, godendo di benefici ed altre misure alternative fondamentali per una progressiva reintegrazione.

Riferimenti bibliografici

Caprara G. V., Scabini E., Steca P., Schwartz S.H. (2011). I Valori nell’Italia Contemporanea. Franco Angeli: Milano.

https://www.panedellaterzabottega.it/

http://www.antigone.it/osservatorio_detenzione/lazio/108-istituto-a-custodia-attenuata-rebibbia-iii-casa

https://www.madeinjail.com/it/la-storia-it.html