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L’intervista a Calogero Baglio

Questo articolo è tratto dall’intervista a Calogero Baglio, svoltasi presso l’ex manicomio di Collegno (TO), oggi sede dell’A.S.L e dei suoi dipartimenti, fra cui anche quello di salute mentale con annessi archivio storico e centro di documentazione, dove l’archivista e documentarista Calogero, detto Lillo, svolge la sua attività di bibliotecario e archivista, conservando le memorie storiche dell’ex manicomio di Collegno. Lillo ha voluto condividere le sue esperienze non solo professionali ma anche emotive, per far sì che la storia del manicomio di Collegno non sia dimenticata. Il sottotitolo di questo articolo deriva dall’omonimo libro di Calogero Baglio “E i matti dove li mettiamo?” che verrà approfondito nella seconda parte dell’articolo.

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Le memorie storiche del manicomio di Collegno 

Mi chiamo Calogero Baglio, molti mi conoscono come Lillo Baglio, sono bibliotecario e documentarista del Servizio Sanitario Nazionale e sovraintendo al centro di documentazione sulla psichiatria che comprende anche una biblioteca medico psichiatrica, un archivio storico, amministrativo e sanitario e l’archivio delle cartelle cliniche. Io amo dire che chi si occupa di archivi e memorie storiche opera su tre fronti: verso il passato, conservando e offrendo alla consultazione documenti precedentemente selezionati per il loro valore storico e giuridico, verso il presente, per ciò che attiene la trasparenza democratica e, verso il futuro, a salvaguardia della trasmissione e della memoria per le generazioni future. Il centro di psichiatria è diviso in tre sezioni, la prima riguarda la biblioteca medica e l’archivio storico, la seconda comprende gli ospedali psichiatrici e la terza è rappresentata dalla psichiatria attuale che consiste in una raccolta di documentazioni di quanto è stato attuato in Italia e altrove per rispondere con modalità diverse ai problemi psichiatrici attuali. Quindi sostanzialmente questo è un centro molto importante per ciò che riguarda la storia della psichiatria e naturalmente il centro mette a disposizione di utenti, studenti e ricercatori tutto il materiale bibliografico e documentale; sono state realizzate infatti centinaia di tesi di psicologia e storia della psichiatria perché ad oggi afferiamo al Dipartimento di salute mentale dell’A.S.L di Torino. Qui ci troviamo all’interno di un ex padiglione psichiatrico, stiamo parlando del famoso manicomio di Collegno. Prima di diventare ospedale psichiatrico la struttura era un istituto religioso dove i monaci certosini praticavano il silenzio e la meditazione, quindi stiamo parlando della Certosa, che nel 1853 diventa ospedale psichiatrico.

Quando parliamo di manicomio facciamo riferimento al manicomio di Torino che in seguito al sovraffollamento avvenuto intorno al 1855-1856 chiese ai monaci certosini di ospitare una cinquantina di, come si usava chiamarli all’epoca in base al linguaggio lombrosiano, “dementi”, “mentecatti”, “folli”. I certosini ospitarono questi malati e dopo, non potendo più far fronte alle spese, cedettero alla direzione del manicomio di Torino questo istituto. Dopo di che ebbe inizio la costruzione di questi padiglioni e quindi quest’area assunse le sembianze di un vero manicomio, con le caratteristiche abitative e costruttive dei manicomi. Sono  ventuno padiglioni suddivisi per categorie in base alla classificazione nosografica dell’epoca. In un padiglione c’erano i così detti “furiosi”, quelli particolarmente agitati, aggressivi; in altri i così detti “tranquilli”, gli “oligofrenici”, per cui i padiglioni venivano riempiti in base alle caratteristiche personologiche e comportamentali.

Il positivismo  e Cesare Lombroso

I manicomi, compreso questo, nascono non per curare ma per custodire e contenere la follia. Tutta la psichiatria ottocentesca è una scienza positivistica, bisognava fare scienza e naturalmente l’esponente più importante è stato Cesare Lombroso, il quale crede e pensa che la degenerazione psichiatrica abbia tratti genetici e di predisposizione. La pazzia ha origine nella scatola cranica e non vengono considerati gli aspetti sociali e psicologici. La psicanalisi arriva con Freud molti anni dopo. Fino al 1950-1960, ovvero fino alla distribuzione di psicofarmaci, i manicomi erano contenitori a tutti gli effetti, non c’era l’idea di curare, c’era l’idea di contenere queste persone rinchiuse per una condizione sociale sfortunata, gente colpita da malasorte o sfortuna. Molti poveri venivano rinchiusi perché non riuscivano a sopravvivere. È interessante una ricerca svolta da un professore di storia, professor Vaccarino, il quale analizza alla fine dell’800, in seguito ad una crisi agricola nel Vercellese e nel Cuneese il ricovero di centinaia di contadini che, non avendo la possibilità di emigrare come molti piemontesi in Venezuela e nel Sud-America, furono rinchiusi.

Lombroso è stato sicuramente un personaggio complesso, perché non era soltanto uno scienziato ma anche un politico e una personalità estremamente complessa. Per quanto riguarda la fisiognomica, la così detta pseudoscienza, oramai è appurato che si tratta di un falso scientifico. Si parlava di predisposizione a delinquere e lui aveva avuto la pretesa di individuare questo aspetto attraverso lo studio fisiognomico del volto, bastava avere il mento pronunciato o il naso un po’ storto. Io penso che questa teoria abbia fatto molto comodo alla politica, perché così se si parla di devianza e origine del disagio, non essendo più una responsabilità sociale ed economica ma data unicamente dalla natura solleva dalla responsabilità sociale. Lombroso ha avuto tuttavia il merito di indagare questo mistero che è la follia, che rimane a tutti gli effetti un mistero. Oggi non c’è nessuno psichiatra che sa ancora definire cosa sia la follia. L’intervento è di natura chimica, farmacologico, tanto è vero che i manicomi vengono chiusi con l’aiuto del partito comunista e con una sorta di progressismo culturale, grazie a Basaglia ma, i manicomi vengono chiusi sostanzialmente con l’invenzione dello psicofarmaco che interviene sedando il furioso e la violenza potenziale del matto-delinquente. L’avvento della farmacologia accelera questo processo di contenimento, rallentando così la ricerca scientifica.

La follia è quotidianità

Il problema della follia è un problema storico. I filosofi Aristotele e Platone avevano un’idea della follia, lo stesso Dioniso, simbolo dell’ebbrezza e del piacere, si ritira quando lo decide lui, nessuno può contro la follia perché sembra essere dovuta dall’avvento di questa divinità che provoca l’ebrezza, quindi veniva interpretata come un fatto fatalistico in cui non vi era possibilità d’intervento se non con il ritiro volontario del dio. Dal punto di vista della percezione personale il fenomeno della follia subisce delle trasformazioni. Nel Medioevo i folli venivano bruciati al rogo perché si pensava fossero oggetti di possessioni demoniche e quindi contro il bene e contro dio, per cui questa visione cessa dopo qualche secolo con Erasmo da Rotterdam che addirittura scrisse l’elogio alla follia e andando avanti vediamo la scienza positivista e Cesare Lombroso che ridefinisce la follia da un punto di vista scientifico e biologico. Secondo me la follia è un mistero e una realtà, dalla mia esperienza con pazienti psichiatrici io penso che il “matto” viva uno stato di sofferenza, forse la peggiore sofferenza. Io ho a che fare con molti psichiatri e vedo in loro molta impotenza, perché questa è una dimensione che potenzialmente e concretamente può riguardare tutti, perché ciò che dà senso alla nostra vita è il sentirsi umani e quando si impedisce all’uomo il progresso in accordo con la natura, si genera la follia.

Noi dobbiamo, come specie umana, conoscere i nostri limiti e invece di dominare la natura, accordarci con essa senza pensare di manipolarla. La vera follia dell’uomo è l’eccesso di ragione, il sistema economico attuale, il nostro modo attuale di vivere, sono tutte follie, per cui dobbiamo prima distinguere di che follia vogliamo parlare. La follia delle follie è che la natura ci mette a disposizione tutto e noi per averlo dobbiamo pagare, pagare ciò che è nostro. Allo stesso modo dobbiamo intendere cosa vuol dire follia, essere sani o essere folli. L’uomo ha un compito più grande che è quello di conquistare l’universo, mentre il 90% della popolazione pensa a come pagare le bollette. L’obiettivo di ognuno di noi per tornare a stare bene è riappropriarci di questa umanità, sempre più compromessa.

Un ringraziamento a Calogero Baglio, detto Lillo, bibliotecario e documentarista del Servizio Sanitario Nazionale.

 

 

 

 

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.