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Privazione e deprivazione paterna: sono la stessa cosa?

Ci sono circostanze in cui l’unione familiare viene meno. Pensando ad esempio alla famiglia monogenitoriale che perviene da eventi critici come quelli del divorzio, della separazione o morte del coniuge, la stabilità familiare vacilla e l’armonia interna è compromessa in modo significativo. Questa situazione spesso può contribuire a far perdere di significato l’autorità e l’autorevolezza paterna, impoverendola delle competenze, del sapere e del potere da dare alla sua famiglia; uno dei compiti principali dei genitori dovrebbe essere invece, la capacità di riorganizzare la relazione di coppia, proteggendo la propria responsabilità genitoriale a beneficio dei figli; quando purtroppo, questo compromesso non viene raggiunto, si possono avere figure genitoriali evanescenti o assenti.

Concentrandoci sulla figura del padre, spesso si crede che i danni dell’assenza paterna possono essere trascurabili in confronto ad un’eventuale deprivazione materna; è solo dagli anni 70’ in poi, che l’attenzione di molti autori tra cui H.B. Biller, si orientò al ruolo paterno e al determinante valore della sua presenza nella crescita dei propri figli.

Lo studioso Biller, parla a tale proposito di “deprivazione paterna”, concetto che non va confuso con la “privazione paterna”, poiché nel momento in cui al bambino erano fatte mancare le prime cure fondamentali proprie dell’ambiente familiare, già dalle fasi iniziali del suo sviluppo, si poteva parlare di “privazione”; mentre, nel caso in cui le cure familiari erano presenti, adeguate e guidavano il bambino nello sviluppo di un buon grado di organizzazione e autonomia, venivano meno, si poteva parlare di “deprivazione”. La diversità dei due termini sta pertanto nel “non avere affatto”, nel caso della privazione, e nell’essere “derubato” di ciò che si ha, per quanto riguarda la deprivazione.

Forme di deprivazione paterna

L’assenza paterna può essere vissuta in molteplici situazioni, come ad esempio un’assenza del padre dovuta a morte, oppure a un’assenza fisica dovuta al lavoro, oppure un’assenza scaturita da un’inadeguatezza psicologico-educativa derivante da una noncuranza dei bisogni familiari. La perdita paterna causata da morte o l’assenza di un padre dovuta al divorzio, non sono le uniche tipologie attraverso le quali un padre può essere assente nella vita dei figli; infatti, un’altra circostanza in cui un figlio può vivere la deprivazione è “l’abbandono”. Quest’ultima è una forma di rinuncia totale del ruolo genitoriale, di per sé molto semplice nella sua assolutezza, che consiste nello sparire e nel non assumersi la responsabilità di crescere, educare, amare, essere presente e condividere con i figli la loro vita, rinunciando al ruolo genitoriale e rimanendo semplicemente genitore biologico.

Si tende a pensare che queste siano circostanze estreme, eppure la frequenza di questi casi, in cui il genitore non affidatario sparisce, annullando del tutto il suo ruolo genitoriale, è purtroppo non isolata. Dileguarsi totalmente come genitore prevede aspetti gravissimi come lo sparire fisicamente, emotivamente ed economicamente, non farsi più vedere, non comunicare notizie e non contribuire in alcun modo al mantenimento dei figli, risulta essere solo un assaggio di quello che l’essere abbandonati può comportare.

C’è una pluralità infinita di fattori attraverso i quali si possono analizzare queste situazioni, infatti, l’assenza paterna deve essere letta secondo alcune variabili che possono condizionarla, come ad esempio: la varietà attraverso la quale avviene l’assenza, se costante, intermittente, temporanea ecc., la durata, la causa, l’età e sesso del figlio, la qualità della relazione tra bambino e madre, le caratteristiche costituzionali del bimbo che possono portarlo ad una diversa accettazione di tale fenomeno e la disponibilità dei modelli sostitutivi.

Da questo, possiamo dedurre quanto sia confusa e ampia l’immagine della deprivazione paterna; come unica certezza di tale pensiero si ha quella che nel caso dell’assenza, manca il concetto fondamentale della “definitività”, poiché i padri assenti non per causa di morte, restano potenzialmente disponibili. Lo svantaggio che il figlio subisce è quello che si trova esposto ad una sorta di prova di resistenza interiore, in balia dei propri sentimenti di solitudine, di attesa, di nostalgia, di delusione, di incertezza e di dubbio e non riesce mai ad elaborare risolutivamente il lutto per il padre assente; il vantaggio che vive è invece quello della speranza che il padre prima o poi faccia ritorno, questo pensiero fiducioso gli regala un senso di continuità, in quanto la relazione con il padre non viene vissuta come interrotta per sempre, ma sospesa.

Da ciò possiamo comprendere come la mancanza di un legame con il padre o sostituto, nei primi anni di vita, o una rottura della relazione con il genitore, potrebbe comportare conseguenze negative per il bambino, come ad esempio problematiche attinenti il ruolo sessuale, oppure un basso livello d’indipendenza e autoaffermazione nei rapporti con il gruppo dei coetanei, sentimenti d’inferiorità, problematiche associate all’adattamento scolastico e nei casi estremi comportamenti antisociali e forme di depressione infantile. Il padre resta un modello di riferimento importante per il figlio, poiché facilita il funzionalmente cognitivo, migliora il concetto di sé, le sue capacità e il controllo degli impulsi, pertanto, una presenza inadeguata di tale figura, è una causa consistente e frequente dei potenziali problemi psicologici dei bambini e dei futuri adulti.

L’assenza del padre per morte

La perdita di un padre, a differenza della mancanza, presume un’esperienza trascorsa con tale figura che prima era presente e che in futuro, in maniera definitiva, non sarà invece più disponibile. Nella valutazione delle conseguenze psicologiche e dell’adattamento personale a questa situazione è molto importante valutare il periodo in cui si è verificata la perdita; infatti, quanto più prematuramente il bambino si trova obbligato a rinunciare alla sua figura paterna, tanto più è minacciata la sua evoluzione globale successiva.

Diventa quindi necessario distinguere tra una perdita del padre precoce, intermedia e tardiva, secondo le tre principali fasi della vita; in infanzia, infatti, le conseguenze di tale lutto sono sostenibili, se eventuali figure sostitutive assumono le funzioni del genitore defunto, mentre in adolescenza c’è più possibilità che emergano condotte perturbate. L’assenza del padre dovuta alla morte può essere per il figlio maschio particolarmente depressiva, tale esito si ripercuote sulla riuscita e il sano sviluppo intellettuale, soprattutto quando tale scomparsa, avviene in un momento in cui il bambino riesce a rendersi conto dell’accaduto: tra i sei e gli undici anni.

Per la figlia femmina, la perdita paterna per morte può essere altrettanto dannosa, sono, infatti, identificabili effetti negativi dovuti a tale esperienza, come ad esempio una maggiore timidezza, disagio e inibizione sessuale nei confronti dei coetanei maschi, una consistente ansia e una difficoltà nel gestire l’aggressività. Oltre a questo, per la figlia femmina, cambierà anche considerevolmente la tendenza adulta a sviluppare un eventuale attaccamento di coppia, poiché punterà a cercare nei soggetti di sesso maschile soprattutto coetanei che incontrerà nel suo futuro, la figura di padre perduta, idealizzandoli o svalutandoli secondo il rapporto che ha vissuto in passato con la sua figura paterna.

Tuttavia, l’assenza per morte del padre sembra essere per entrambi i figli, meno sconvolgente degli altri tipi di deprivazione in quanto, a lenire questa situazione, interviene il senso di accettazione di una circostanza che non può cambiare ciò aiuta il bambino, nel tempo, a consapevolizzare il lutto, nonostante quest’ultimo renda più difficile l’adattamento alla quotidianità nella sua interezza.

Assenza per separazione o divorzio

Nelle famiglie separate o divorziate, l’assenza paterna è un fenomeno reale di dimensioni non trascurabili; dal 1950 sia in Italia che in altri Paesi, il numero delle disgregazioni coniugali è aumentato; per questo motivo è facile intuire le crescenti problematiche educative che le famiglie coinvolte in tali circostanze vivono. Oltre a ciò è importante considerare che questi eventi critici di riorganizzazione familiare hanno un peso decisivo oltre che sulla coppia coniugale, anche sulla prole, che vive i considerevoli effetti della deprivazione paterna causata da separazione o divorzio in base all’età in cui percepiscono tal evento critico.

La separazione e il divorzio comportano una rinegoziazione e riorganizzazione del sistema familiare, la coniugalità si dissolve, ma dovrebbe continuare la dimensione della genitorialità, che rimane l’unico aspetto comune alla ex coppia; secondo Emery (1998) “i genitori non divorziano dai loro figli e, per questo motivo, non possono mai divorziare l’uno dall’altra in senso assoluto. I figli avuti insieme costituiscono, infatti, un legame che non s’interrompe mai: si rimane genitori per tutta la vita. Ecco perché coloro che hanno posto fine al loro matrimonio devono sforzarsi di disgiungere il loro ruolo parentale, che continua, dal ruolo di coniuge che appartiene al passato”.

Quando si parla di assenza paterna a causa di separazione o divorzio, si fa riferimento all’indebolimento delle responsabilità non solo economiche, ma anche educative e affettive; il fenomeno dei padri assenti, in tale caso, rivela la difficoltà enorme di giungere alla scissione fra coppia genitoriale e coniugale.

Dopo una separazione genitoriale, per i figli si produce una situazione che prevede, in modo intervallato, che uno dei due genitori sia assente, tale distacco produce nei bambini uno stato simile a quello vissuto a seguito di un lutto; come abbiamo però chiarito in precedenza, la perdita dovuta al lutto è definitiva, mentre l’assenza dovuta ad una separazione per motivi diversi rispetto alla morte è come una ginnastica mentale di natura affettivo-relazionale. L’assenza del genitore non affidatario diventa una condizione di sospensione esistenziale, non c’è, ma non si può dire che sia morto, lo si attende e l’assenza diventa così, più concreta della presenza.

Come veniva prima affermato, i bambini che vivono la deprivazione genitoriale a causa di un divorzio o separazione possono sperimentare svariate ripercussioni, a seconda dell’età in cui si trovano a dover affrontale questa difficile situazione. Le principali aree in cui il bambino potrebbe subire ripercussioni dovute alla deprivazione del padre in situazione di divorzio sono: il disadattamento sociale (atti delinquenziali), il disadattamento psicosessuale (processo d’identificazione non riuscito), il disadattamento scolastico (scarsità nelle funzioni cognitive, di apprendimento, di concentrazione) e problematiche nella sana costruzione del sé (autostima, rapporti interpersonali ecc.).

Pertanto, gli effetti della rottura matrimoniale e l’assenza paterna vissuta in tale circostanza risultano essere dannosi per lo sviluppo del bambino; i coniugi dovrebbero perciò, impegnarsi nel mantenimento di quel legame insostituibile con i propri figli, assumendosi la responsabilità di essere genitori.

Figure sostitutive per i figli

Infine, uno spunto preventivo per evitare eventuali effetti negativi dovuti alla mancanza paterna sono eventuali figure sostitutive da affiancare al bambino in assenza del padre. Ovviamente, non tutti i bambini che hanno vissuto tale situazione hanno sviluppato disadattamenti o difficoltà gravi, ciò non solo per la variabilità individuale di risposta all’evento critico, ma anche perché molti di questi bambini vivono con una madre forte, capace di amarli, crescerli, seguirli, sostenerli e dargli tutti gli strumenti necessari per vivere nel miglior modo possibile. Inoltre, non meno importanti sono gli amici, fratelli, parenti o altre figure si occupano in maniera amorevole del bambino che vive questa condizione di svantaggio.

In assenza del padre, anche un fratello, uno zio, un nonno, un amico di famiglia, un insegnante o un allenatore sportivo possono svolgere la funzione di modello per il bambino; infatti, il bimbo può eventualmente compensare le sue mancanze dovute alla deprivazione paterna, attraverso varie figure sostitutive. Ovviamente anche se allevia gli effetti negativi della mancanza, un fratello, non potrà mai ricoprire lo stesso ruolo del padre e non potrà mai essere considerato al suo pari. Tuttavia, può essere produttivo poter orientare il bambino a figure sostitutive che provino ad amarlo, almeno in parte, come avrebbe dovuto fare il proprio papà.

Concludendo, possiamo per certo confermare che un’eventuale figura sostitutiva in caso di mancanza genitoriale, possa essere un buon modo per sostenere il bambino. Facendo tale considerazione, non si promette una soluzione definitiva o una guarigione dal dolore dell’assenza, ma almeno una possibilità di risalita, attraverso qualcosa che può migliorare la situazione di un bimbo, che non per colpa sua, ha vissuto la mancanza di un frammento essenziale per la sua crescita: un genitore.

Scritto dalla Dr.ssa Lara Ermini, Psicologa clinica e di comunità

 

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