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Eva Ionesco

Aveva solo 4 anni e già posava nuda per la madre. A soli 12 anni era sulla riviste Playboy che sfilava con i suoi lunghi capelli biondi, le labbra dipinte e le gambine ancora prepuberi avvolte in nere calze autoreggenti. Questa l’infanzia di Eva Ionesco. Il suo sguardo mostrava un’aria quasi provocante o forse solo persa in un vuoto grande come l’infinito.  La bambina fu fotografata dalla madre franco-rumena Irina Ionesco. Il genere di foto era artistico erotico. Immagini spoglie di vita, in bianco e nero, foto che racchiudevano l’aria desolata della morte dell’innocenza.

Irina fu accusata di istigazione alla pedofilia in quanto la piccola Eva fu la più giovane modella ad apparire su Playboy. Seguirono delle apparizioni in film soft porno e poi la ribellione di Eva, la quale voleva fare l’attrice “seria” e che a 45 anni debutta con il suo primo film da regista “My Little Princess” in cui racconta la sua infanzia violata. Un film che mette a nudo una madre che l’ha messa a nudo, una vendetta forse della piccola Eva diventata grande.

In un’intervista rilasciata da Eva poco prima dell’uscita del suo film ella racconta di come si fosse sentita violata ed usata dalla madre dispotica e narcisista e del fatto che le sarebbe piaciuto fare la sociologa o entrare nel mondo della politica ma, con quelle foto alle spalle, nessuno se non il mondo dello spettacolo, l’avrebbe mai accolta. Le sue parole si agitano fra rimorsi, rimpianti, rabbia e rancore verso una madre che “fotografava ma non vedeva”.

Eva parla di violenza fisica e psicologica, di essere stata spogliata, rivestita e rispogliata e delle parole gentili che accompagnavano quest’atto. Un atto che ai suoi occhi adulti sembra inaccettabile “Da piccola sei innocente, non capisci”. Eva pretende le sue foto, ancora in vendita “Le ha mia madre. Le ho chiesto i negativi di quelle in cui sono nuda, e di fare una scelta tra quelle in cui sono vestita. Non ha voluto darmele. Sono al quarto processo contro di lei, senza contare gli appelli. Le sembra normale che serva un processo? È mia madre, non dovrebbe bastare chiedergliele? “.

Parlare di sesso 

Diversi studi (McGinn, 1992) dimostrano l’importanza da parte dei genitori di assicurare una comunicazione il più possibile aperta e sincera con i figli, soprattutto per quanto riguarda la sessualità. I genitori hanno infatti spesso una percezione dei figli come “innocenti” e questo implica a volte l’incapacità di affrontare tematiche come la sessualità e i primi rapporti sessuali, cosa che può trasformarsi in un notevole fattore di rischio per i giovanissimi .

La capacità dei genitori di parlare e far comprendere ai propri figli il mondo della sessualità garantisce non solo un rapporto più intimo fra genitori e figli ma anche una maggiore consapevolezza da parte del bambino e della bambina che sente il suo corpo modificarsi e cambiare sempre più.  Il concetto di “normalità” nel vivere la sessualità e i cambiamenti del proprio corpo influisce positivamente sullo sviluppo sia fisico che psicologico (Gray, 2017).

I bambini che vivono privati di tale comunicazione o puniti se si interfacciano con il loro corpo attraverso la masturbazione possono sviluppare paure legate alla sessualità, insicurezze verso la propria fisicità e di tipo relazionale e rimanere bloccati ad una fase dello sviluppo che non gli permette di maturare adeguatamente.

 

La masturbazione infantile

L’atto della masturbazione è molto comune soprattutto in età infantile, rappresenta infatti una compensazione. La masturbazione non ha solo un’azione eccitatoria  ma anche calmante. Molti bimbi la utilizzano sia come forma di esplorazione del proprio corpo che in momenti di stress o noia per gestire una situazione non sempre piacevole.

Il bambino, non avendo ancora sviluppato alcun senso di vergogna o pudore, potrebbe masturbarsi per strada, all’asilo, davanti a insegnanti, genitori, altri bambini e sconosicuti, proprio perché in quella specifica fase del suo sviluppo non teme gli sguardi e i giudizi ma semplicemente mette in atto un’azione consolatoria come può essere l’uso del ciuccio.

Se punita o vietata la masturbazione può divenire un bisogno agognato e negato. Il bambino comincerebbe a sviluppare un vero e proprio tabù nei confronti della stimolazione erotica e del sesso in generale e ad averne paura o ribrezzo, non stabilendo relazioni sane in futuro. Inoltre un’azione proibita attira ancora di più quindi spingerebbe il bambino ad un’auto-stimolazione compulsiva.

Cosa fare

Qualche anno più tardi il bambino comincerà a chiudere la porta della cameretta per mettere in atto la masturbazione in intimità. L’importante è che il genitore accetti con serenità questo suo comportamento che deve essere interpretato come una delle normali fasi dello sviluppo.

Molti bambini si masturbano per ovviare ad un forte senso di solitudine e per bisogno di attenzione e affetto. Dunque una buona modalità di interazione potrebbe essere quella di educare il bambino ad una masturbazione in intimità, spostando il focus sulla necessità di non farlo in pubblico ma senza mai far sentire il bambino in colpa e soprattutto, ritagliarsi tutto il tempo necessario per stare accanto al bambino e dargli l’attenzione e l’affetto di cui sente il bisogno.

 

Riferimenti bibliografici

Laura McGinnNicole StoneRoger InghamAndrew Bengry-Howell, (2016) “Parental interpretations of “childhood innocence”: Implications for early sexuality education”, Health Education, Vol. 116 Issue: 6, pp.580-594.

Gray, P.& Matthew H. McIntyre. Development of Human Sociosexual Behavior. The Arc of Life

 

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.