Skip to main content

Sindrome dell’impostore: cos’è?

La sindrome dell’impostore è caratterizzata dalla sensazione di non essere meritevoli dei successi ottenuti nella propria vita, nonostante i fatti dimostrino il contrario (Chandra et al., 2019). È stata studiata e descritta per la prima volta verso la fine degli anni ’70 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes: esse presentarono uno studio condotto su 150 donne di successo che, durante sessioni di psicoterapia individuale, riferivano di non sentirsi soddisfatte della propria carriera, nonostante i risultati che avevano raggiunto nel loro percorso accademico e professionale, e il palese riconoscimento del loro valore da parte dei colleghi. Queste donne credevano fermamente di non essere intelligenti, e di aver ingannato chi aveva un’opinione diversa nei loro confronti (Clance & Imes, 1978)

Chi soffre della “Sindrome dell’impostore” non rientra in una specifica categoria diagnostica. I sintomi in genere sono caratterizzati da ansia, mancanza di fiducia in se stessi, depressione e frustrazione correlata al fatto di non sentirsi in grado di raggiungere degli altissimi standard auto-imposti. I successi, quando raggiunti, vengono attribuiti a fattori esterni, come il caso o la fortuna; di conseguenza si ha paura di venire “smascherati” e di essere visti per come ci si crede, incapaci. Queste persone possono perdere numerose occasioni e opportunità, arrivando a manifestare paura del successo e della visibilità che ne seguirebbe.

 

Incidenza e funzionamento

Nonostante il lavoro dei Clance e Imes fosse focalizzato sulla popolazione femminile, studi successivi hanno dimostrato che anche gli uomini si trovano a soffrire della sindrome dell’impostore. Essa può infatti riguardare chiunque, indipendentemente da sesso, cultura, lavoro, percorso di studi e successi raggiunti. Si stima che, nel corso della vita, il 70% delle persone possa trovarsi a sperimentare la sensazione di essere un impostore. Tuttavia, queste sensazioni si manifestano con più severità nelle donne e in chi intraprende un percorso di studio o una carriera nell’ambito medico. (Chandra et al., 2019)

La sindrome dell’impostore si mantiene viva attraverso un circolo vizioso: meno ci si sente meritevoli dei riconoscimenti riguardo il proprio operato, più aumenta il bisogno di perfezionismo, il controllo di ciò che si fa. Si alza quindi l’asticella degli obiettivi, ponendosi standard praticamente irraggiungibili. Lo sforzo cui ci si sottopone per raggiungerli crea forte ansia, senso d’incapacità e di impotenza, aumentando e confermando la percezione di non essere meritevoli dei traguardi raggiunti fino a quel momento. È stato osservato che la sindrome dell’impostore è correlata significativamente a burnout.

 

Come affrontare la sindrome dell’impostore?

La maggior parte delle persone che soffrono di sindrome dell’impostore non ne fanno parola, per paura di essere “scoperti”. Il primo, fondamentale passo per poterne uscire è quello di riconoscerla e saperla nominare. Dare un nome al problema non solo dà un senso alle sensazioni ed emozioni che si provano, ma aiuta anche a creare un dialogo attorno a questo sentire che, come è stato detto prima, è molto frequente. Una volta riconosciuto quello che si prova, si procede in un lavoro di riconoscimento e accettazione di ciò che è stato raggiunto nella propria vita: per aiutarsi in questo, potrebbe essere utile stilare una lista che percorra il proprio percorso, di studi e di carriera, soffermando l’attenzione ai vari riconoscimenti ottenuti nella vita, agli step percorsi, al lavoro che è stato fatto per poterli ottenere.

Un’altra opzione molto utile può essere quella di fare affidamento ad un mentore: la guida e il supporto di una persona che si ammira nel settore di proprio interesse può ridurre la sensazione di isolamento. Avere dei colleghi a cui confidare il proprio vissuto riduce i livelli di stress e le tensioni. Chi si è sempre sentito impostore non è mai riuscito ad accettare i complimenti, rifiutandoli attraverso scuse o giustificazioni. Saper rispondere con un semplice “grazie” è un ulteriore passo per superare le sensazioni di inadeguatezza. Infine, ma non meno importante, è necessario fare i conti con il fatto che il fallimento fa parte della vita: nessuno è perfetto. Ognuno riesce meglio in qualcosa e peggio in altro. Ma il fallimento in un compito non definisce la persona.

 

Scritto dalla Dr.ssa Vanessa Pergher – Psicologa

 

Riferimenti bibliografici

Chandra, S., Huebert, C., Crowley, E., & Das, A.M. (2019). Impostor Syndrome: Could It Be Holding You or Your Mentees Back?, Chest, 156(1), 26-32.

Clance, P.R. & Imes S. (1978). The Imposter Phenomenon in High Achieving Women: Dynamics and Therapeutic Intervention, Psychotherapy: Theory, Research, Practice, 15(3), 241.