Skip to main content

Il peso delle aspettative nella nostra vita

Le nostre aspettative giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita. Esse sono strettamente legate ai nostri comportamenti in un rapporto di influenza reciproca. Le aspettative indirizzano i nostri comportamenti e i comportamenti a loro volta confermano le aspettative. Per capire meglio, facciamo un esempio. Ti hanno consigliato un nuovo ristorante davvero ottimo, ma ti hanno parlato molto male del cameriere. Ti è stato descritto come il classico cameriere spocchioso, maleducato, che a malapena ti saluta. Come pensi sarà la tua esperienza in quel nuovo ristorante? Molto probabilmente, non appena arriverai aguzzerai la vista alla ricerca del cameriere incriminato che, una volta individuato, guarderai con sospetto. Probabilmente nemmeno lo saluterai e ogni volta che avrai bisogno di lui durante la tua cena, farai caso a quanto ci mette per rispondere alle tue richieste, sbuffando se ci mette troppo, ritenendolo frettoloso se ci mette poco. Inoltre, sapendo che lui è maleducato, a tua volta gli porrai delle richieste in modo scortese. Lui lo noterà e, magari pensando che per te è stata una giornata storta, si terrà sulle sue, parlando il minimo indispensabile, cercando di essere il meno invadente possibile. Finita la cena, come pensi descriverai la tua esperienza alle altre persone? Molto probabilmente dicendo “Buonissimo quel nuovo ristorante! Peccato per il cameriere!”.

Le nostre aspettative, quindi, guidano il nostro agire e il nostro agire è indirizzato a confermare le nostre aspettative, come un circolo vizioso. Questo circolo vizioso è ciò che spesso mantiene in vita anche i nostri problemi. Giorgio Nardone nel suo libro “Non c’è notte che non veda il giorno” descrive molto bene questo tipo di relazione tra aspettative e realtà, portando come esempio un caso di fobia sociale. Ad un paziente che è terrorizzato dal fatto che gli altri possano giudicarlo negativamente, lo psicoterapeuta racconta di un tale che, entrando in un bar con la convinzione che gli alti ce l’abbiano con lui, si muove rigidamente e con fare circospetto. Per tutta risposta le altre persone, che in realtà erano lì per farsi i fatti loro, cominciano a guardare sospettosamente quel nuovo cliente che li sta guardando male. In questo modo il cliente che temeva di essere giudicato ha avuto la conferma che tanto temeva: gli altri lo guardano male e lo tengono a distanza! (Nardone, 2003)

 

L’esperimento di Rosenthal

Tra gli anni ’60 e ’70 Rosenthal condusse un esperimento che mise in luce proprio il ruolo delle aspettative sugli esiti dei nostri comportamenti. Rosenthal somministrò ad alcuni bambini di una scuola elementare un test per misurare il loro quoziente intellettivo. Selezionò poi casualmente il 20% dei bambini e riferì alle maestre che questi avevano spiccato per abilità, tanto da potersi aspettare un rendimento scolastico sopra la media.

A fine anno scolastico lo sperimentatore esaminò l’andamento scolastico dei bambini che erano stati testati e poi casualmente individuati come “promettenti”. Ebbene, le previsioni di Rosenthal vennero ampiamente verificate: il campione di bambini che erano stati indicati alle maestre come particolarmente acuti ed abili, risultò a fine anno scolastico come migliore della classe in quanto a rendimento. Come si spiega questo effetto? Le previsioni dello sperimentatore, seppur false, influenzarono gli insegnanti che a loro volta si comportarono in modo da valorizzare le abilità dei loro alunni, fino ad ottenere dei risultati concreti, che andassero a confermare le aspettative di partenza che, ricordiamolo, non erano basate su dati reali!

 

Sfruttare “L’effetto Rosenthal” per migliorare la propria vita

Abbiamo visto quindi che le aspettative hanno un grande peso nella nostra vita, sia che esse siano positive, sia che esse siano negative. Il potere di questo effetto, che viene chiamato “effetto Rosenthal”, “effetto Pigmalione” o ancora “profezia che si autoavvera” può essere usato anche a proprio vantaggio, per migliorare quelle situazioni in cui ci sentiamo incastrati. Gli approcci terapeutici di tipo strategico utilizzano una tecnica, chiamata “come se”. Questa tecnica invita le persone ad apportare modifiche nei propri comportamenti “come se” avessero delle aspettative diverse rispetto alla loro situazione. Il fine è quello di rompere il circolo vizioso controproducente del comportamento che conferma le aspettative negative. Il presupposto è quello per cui se la persona farà qualcosa di diverso, giungerà a risultati diversi: questi risultati saranno in grado di mettere in dubbio le aspettative di partenza, fino a modificarle.

Se ti senti bloccato in una situazione scomoda e non trovi il modo di uscirne, forse è proprio perché ti aspetti di non poterne uscire. Prova a chiederti “Cosa farei di diverso oggi, se non avessi più il mio problema?”. Tra tutte le cose che ti vengono in mente, prova a mettere in pratica la più piccola. Agire come se il problema non ci fosse apre a nuovi scenari di comportamento, che possono portarti a nuove esperienze, a nuovi scenari di realtà. Attraverso l’esperienza si arriveranno a modificare le proprie credenze, le proprie aspettative.

 

Scritto dalla Dr.ssa Vanessa Pergher – Psicologa

 

Riferimenti bibliografici

Nardone G., Balbi E. (2008). Solcare il mare all’insaputa del cielo. Lezioni sul cambiamento terapeutico e le logiche non ordinarie. Firenze: Ponte delle Grazie.

Rosenthal, R., & Jacobson, L. (1968). Pygmalion in the classroom. The Urban Review, 3(1), 16–20.