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Moda bohémienne e origini

Dalla seconda metà dell’Ottocento un nuovo protagonista si fa strada nell’arte: l’assenzio. Il distillato verde conquista la Bohème parigina diventando soggetto delle opere ma anche vera musa ispiratrice. Il connubio tra genio artistico e consumo di assenzio contraddistingue gli artisti francesi, ma anche poeti quali Allan Poe, Rimbaud, Baudelaire, Wilde. Quest’ultimo scriverà «Un bicchiere d’assenzio, non c’è niente di più poetico al mondo. Che differenza c’è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto? Il primo stadio è quello del bevitore normale, il secondo quello in cui cominciate a vedere cose mostruose e crudeli ma, se perseverate, arriverete al terzo livello, quello in cui vedete le cose che volete, cose strane e meravigliose » (Arnold 1992, p.332). Considerato elemento fondamentale dello stile di vita bohémien, i parigini dedicano un momento specifico della giornata alla consumazione dell’assenzio: il tardo pomeriggio tra le 17 e le 19 diventa per tutti l’heure verte (l’ora verde).

L’assenzio è un distillato di colore verde ottenuto dall’ artemisia absintium. Sin dall’antichità era noto per le sue proprietà medicamentose; in una raccolta rinascimentale (Eicones plantarum, 1590) si racconta che veniva consigliato per ammansire le persone di cattivo carattere. Sotto forma di liquore si diffonde nel 1830, quando le truppe francesi tornano in patria dopo la conquista dell’Algeria. In Francia l’assenzio diventa subito una sorta di moda: lo chiamavano le peril vert (il pericolo verde) o la fée verte (la fata/musa verde) per via degli effetti che provocava sui consumatori.  Il suo uso cresce in maniera esponenziale dopo che una malattia delle viti aveva fatto crollare la produzione di vino: grazie al prezzo contenuto e all’altissima gradazione alcolica si afferma sul mercato. In seguito si è scoperto che l’assenzio conteneva tujone, una neurotossina considerata capace di provocare uno stato di euforia accompagnato da allucinazioni, convulsioni e persino delirio. Condannato come responsabile della piaga dell’alcolismo nel 1915 viene proibito in Francia.

La fée verte

Uno schizzo a pastelli fatto dal vero ritrae Van Gogh seduto ad un tavolino con un bicchiere di assenzio davanti. L’autore è Henri de Toulouse-Lautrec, anch’egli noto per la forte dipendenza dall’alcol. Lautrec aveva inventato il treblement de terre, assenzio miscelato con cognac e si racconta che non usciva mai senza il bastone da passeggio concavo che ne conteneva mezzo litro. Non solo, il pittore aveva anche fatto personalizzare il suo cucchiaino da assenzio: dietro l’assunzione del distillato era infatti nato un vero e proprio rituale. In un libro di Queneau così l’oste spiega al giovane che aspira a diventare artista come prepararlo “Deponga il cucchiaio sul bicchiere nel quale già riposa l’assenzio, metta poi una zolletta di zucchero sul cucchiaino suddetto di cui avrà notato la forma singolare. Poi lentissimamente, versi acqua sulla zolletta di zucchero, che comincia a sciogliersi goccia a goccia, una pioggia fecondatrice e saccarifera cade nell’elisir rendendolo brumoso” (Queneau 2006, pp.15-16).

Ritratto di Van Gogh, Henri de Toulouse-Lautrec, s.d.

Al richiamo dell’assenzio cedono artisti e poeti, in particolare i poeti maledetti, i quali ne facevano uso e abuso per le sue doti “illuminanti”. Esso era ritenuto un ottimo veicolo attraverso il quale espandere la propria creatività. L’idea della fée verte come fonte d’ispirazione è raccontata da Albert Maignan nel suo dipinto La musa verde (1895): in un interno vediamo un uomo che soccombe sotto l’effetto dell’assenzio, ritratto a sinistra in un bicchiere ma anche come figura alle spalle del poeta, che si porta le mani alla testa, sopraffatto dai pensieri, dalle immagini suscitate dalla sua musa verde. È qui ben descritta l’ambiguità dell’assenzio, che può essere fonte di ispirazione ma anche causa di squilibrio o vero delirio.

La musa verde, Albert Maignan, 1895

La fata verde torna ne Il bevitore d’assenzio (1901) di Viktor Oliva, pittore ceco, che ha donato l’opera al Caffé Slavia di Praga, dove spesso si recava.

Il bevitore d’assenzio, Viktor Oliva, 1901

 

Le peril vert

L’assenzio è dunque simbolicamente associato al fascino degli eccessi della Bohème parigina e della creatività oltre i confini.  Eppure il “pericolo verde” rimanda anche a un’immagine di decadenza e isolamento. In questo senso torna in molti dipinti che raccontano la solitudine degli sguardi persi dei bevitori mentalmente offuscati. Forse il quadro più celebre è L’assenzio di Degas (1875-76): la scena è ambientata nel café Nouvelle-Athènes, uno dei luoghi di ritrovo degli Impressionisti.

L’assenzio, Edgar Degas, 1875-76

I due personaggi (l’amico incisore Desboutin e l’attrice Ellen Andrée) vestono i panni di un clochard dall’aria trasandata e di una prostituta vestita in modo pateticamente vistoso. Nell’ambiente regna il silenzio: i due sono seduti vicini ma lontanissimi e l’incomunicabilità è accentuata da uno stato d’animo marcatamente pesante. La donna, seduta sulla panca con le gambe semi-divaricate e le spalle accasciate, ha davanti a sé un bicchiere di assenzio. Lo sguardo basso racconta una rassegnazione profonda. È la desolazione annegata nell’alcol.

Anche un giovane Pablo Picasso, durante il suo secondo soggiorno a Parigi, ritrarrà una donna che siede solitaria in un caffè in compagnia del suo bicchiere: è La bevitrice d’assenzio (1901). La figura femminile è ferma, avvolta dalle sue stesse braccia lunghe e ossute che accentuano il suo isolamento, la sua emarginazione. Una forte tensione si sprigiona dal suo corpo, che racconta una sofferenza inespressa, un senso di abbandono e alienazione. La donna sembra lontana dal luogo in cui è ritratta e persino dal bicchiere di assenzio che ha davanti. Anche qui, come in tutti i quadri in cui è ritratta, la bevanda non è verde ma giallastra: è questo il colore che assume quando viene diluita con acqua e zucchero. Ed è così accompagnava i pomeriggi e le serate degli artisti, dei pittori e della gente comune che non riuscì a resistere al grande fascino della fée verte.

La bevitrice d’assenzio, Picasso, 1901

 

Riferimenti bibliografici

Queneau, R. (2006). Icaro Involato (Le Vol d’Icare 1968). Torino: Einaudi.

Arnold W.N. (1992). Vincent van Gogh: Chemicals, Crises, and Creativity. Boston: Birkhäuser.

Baker, P. (2008). Il libro dell’assenzio. Roma: Voland.