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L’alcool, una panoramica

L’alcool rappresenta un problema sempre più presente nella società odierna. Viene consumato anche da ragazzi giovanissimi. Secondo i dati ISTAT, il consumo di alcool avviene per la prima volta ad undici anni. L’età precoce di esordio, aumenta le probabilità che in futuro la persona sviluppi una dipendenza vera e propria (Morales, Jones, Ehlers, Lavine, & Nagel, 2018). Questo si deve al fatto che il cervello non è maturo. Nella fatti specie, i lobi prefrontali finiscono la maturazione intorno ai ventiquattro anni e sono proprio questi che ci consentono di controllare il nostro comportamento. Chiaramente, questo fenomeno, in passato, non veniva registrato così precocemente. Spesso, questa sostanza viene consumata in gruppo, quasi come se dovesse fungere da collante sociale.  Tuttavia, è presente anche una correlazione tra depressione ed abuso di alcool. Chiaramente, come tutte le sostanze, può creare una dipendenza.

Se la persona ha un disturbo da uso di alcool, potrebbe sperimentare anche astinenza, tolleranza e craving (DSM-5). Con il termine craving si intende il bisogno irrefrenabile di bere, questo incide sul funzionamento della persona. Nel senso che il pensiero di alcool diventa costante e questo interferisce negativamente sulle mansioni quotidiane. L’astinenza si presenta quando la persona, che assume alcool in modo abituale, non lo assume nelle ore successive e questo porta ad esperire sintomi negativi (tremori, tachicardia, astenia, nausea o vomito, allucinazione alcolica nei casi più gravi, ecc.). Tutto ciò, può spingere la persona a bere nuovamente. La tolleranza indica, invece, il livello di alcool presente nel sangue prima di raggiungere un livello clinico di tossicità. Questo valore cambia da individuo ad individuo, risente del sesso, dell’età, della statura e soprattutto dal consumo abituale di alcolici. Pertanto è un parametro che non è stabile, ma tende a variare nel tempo.

 

L’alcool e cervello

L’abuso di alcool ha delle conseguenze nel sistema nervoso centrale. È opportuno sottolineare che anche se gli studi sono in aumento, sono ancora esigui. Sicuramente le tecniche di neuroimagin, hanno contribuito ad ampliare le conoscenze.

Affan R.O. e colleghi (2018) hanno dimostrato, usando l’EEG, che le onde Beta e Theta sono incrementate in frequenza, nei bevitori rispetto ai soggetti che non consumano alcool.  Il ruolo che gioca la corteccia prefrontale è stato dimostrato da un altro studio. In particolare si è dimostrato che il volume della corteccia prefrontale mediale dorsolaterale, era ridotto nei soggetti che consumano alcool rispetto a quelli che non lo consumano (Kaag et al.,2018).  È stata registrata la presenza di un’asimmetria nel cervelletto e nella corteccia visiva primaria, nei soggetti che bevono rispetto a quelli che non bevono (Zhu et al.,2018). Quindi si può concludere che nei bevitori, sono presenti diversi segni di atrofia, che sono in parte reversibili.

L’alcool agisce anche anche a livello recettoriale. Di fatto, quando viene consumato in modo massivo, si comporta come un agonista GABAergico, quindi come se fosse una benzodiazepina. Questo provoca effetti anticonvulsivanti, sedativi, ansiolitici, amnesici e miorilassanti. Pertanto, se l’alcool viene sospeso in modo repentino, si registra un’iperattività nei sistemi noradrenergici. Ciò comporta la registrazione di ansia, tremori, allucinazioni e convulsioni. L’alcool agisce anche sui sistemi dopaminergici. Se la sostanza viene consumata a basse dosi si ha una stimolazione motoria, motivazionale, dell’affettività; mentre, ad alte dosi il rilascio di dopamina viene ridotto. Oltre a ciò, si può registrare una carenza delle vitamine B1 e B12. Inoltre, l’uso cronico di alcool rappresenta un fattore di rischio, per il futuro sviluppo del deterioramento cognitivo (Invernizzi & Bressi, 2012).

 

L’influenza dell’alcool nelle performance neuropsicologiche

Il consumo eccessivo di alcool influenza negativamente le performance neuropsicologiche. È fondamentale valutare le funzioni cognitive, perché è possibile realizzare percorsi mirati per recuperarle. Negli alcolisti si registra un cambio delle reti cerebrali. Nello specifico, si ha una carenza del controllo esecutivo, mentre si registra una maggiore attività nel circuito della ricompensa. Proprio, questi aspetti sono quelli che mantengono il consumo eccessivo dell’alcool. Di fatti, è proprio il controllo esecutivo che ci consente di controllare tutti i nostri comportamenti. Invece, quando le persone non bevono più, il risultato si sovverte. Infatti, gli alcolisti hanno un deficit prefrontale che altera le loro capacità di problem-solving, la flessibilità cognitiva e vengono alterate anche le capacità di apprendimento. Proprio questo, riduce il comportamento adattivo e mantiene la dipendenza e quindi è più probabile che le persone abusino di sostanze.

È stato condotto uno studio (Ioime et al., 2018), per misurare le performance neuropsicologiche degli alcolisti. Da tale studio, è emerso che si registra una neurotossicità del sistema nervoso, nello specifico l’abuso di alcool, crea una sindrome disesecutiva. I test sono stati somministrati in tre momenti, cioè la prima misurazione fatta subito, poi a sei mesi ed infine a dodici mesi. Inizialmente, gli alcolisti hanno delle prestazioni peggiori, in tutti i test, rispetto al gruppo di controllo. Invece, nel follow-up a sei mesi, si nota un miglioramento degli alcolisti in astinenza, in quasi tutti i domini. Nello specifico, la memoria verbale, alcune abilità visuospaziali e l’intelligenza non verbale, nel follow-up a sei mesi risultano compromessi ma poi nel controllo effettuato ad un anno, si registra un miglioramento. Inoltre, si rilevano delle differenze di genere, ossia le donne ottengono dei risultati peggiori nei test che valutano le funzioni esecutive e soprattutto al test di Stroop.

 

Qualche considerazione

L’alcool è una sostanza neurotossica che agisce alterando la funzionalità cerebrale. Si nota che tale sostanza è più deleteria per le donne rispetto che per gli uomini. L’alcool muta le prestazioni nei vari domini cognitivi. Si registra, un deficit a carico dei lobi prefrontali. Di fatti, i domini, in cui gli alcolisti hanno prestazioni inferiori rispetto ai soggetti sani, sono: l’attenzione, la flessibilità cognitiva, le capacità di problem-solving e le capacità di ragionamento astratto. Inoltre, si registra un’alterazione nel circuito della ricompensa, ossia al livello dello striato ventrale, di cui fa parte anche il nucleo accumbens (Becker, Ehret & Kirsch, 2017). La variazione di tale circuito, spiega in parte la dipendenza. In altri termini, le persone sentono il bisogno di avere un rinforzo immediato (l’alcol), che non riescono a controllare a causa, anche, delle alterazioni prefrontali. Questo spiega perché vi è l’esigenza di fare una valutazione cognitiva, perché può aiutare a comprenderne il livello di compromissione.

La dipendenza, si mantiene anche grazie alle difficoltà registrate a carico dei lobi prefrontali. Infatti, i lobi prefrontali sono quelli che controllano il nostro comportamento, dandoci la possibilità di controllare i nostri istinti e consentendoci di mettere in atto il comportamento più vantaggioso. Gli alcolisti, non riescono a controllare il loro impulso di bere. Per tanto, è importante che all’interno di un percorso psicoterapico, si riabilitino anche le funzioni cognitive. Questo perché così, l’uscita da questa forma di dipendenza avviene più velocemente.

Sarebbe auspicabile, la prevenzione dell’alcolismo. Questo, anche perché i costi per attuare una campagna preventiva sarebbero sicuramente inferiori rispetto a quelli necessari per curare le persone. Tutto ciò si può fare, mettendo i giovani in guardia dalle insidie dell’alcol. Chiaramente, c’è una differenza abissale tra il consumo occasionale d’alcol e una dipendenza vera è propria.

 

 

Riferimenti bibliografici

Affan,R.O., Huang, S., Cruz, S.M., Holcomb, L.A., Nguyen E., & Marinkovic K. (2018). High-intensity binge drinking is associated with alterations in spontaneous neural oscillations in young adults. Alcohol, 70, 51-60.

A.P.A. (2014). DSM-5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Cortina Raffaello.

Becker, A., Ehret, A.M., & Kirsch P. (2017). From the neurobiological basis of comorbid alcohool dependence and depression to psychological treatment strategies: study protocol of a randomized controlled trial. BMC Psychiatry 17 (1):153.

Invernizzi, G., & Bressi, C. (2012). Psichiatria e psicopatologia clinica. 4ed .Milano: Mc Graw Hill, 267-285.

Iome, L., Guglielmo, R., Fertonani Affini, G., Quatrale, M., Martinotti, G., Callea, A., et al. (2018). Neuropsychological performance in alcohol dependent patients: a one-year longitudinal study. Psychiatry investigation, 15(5): 505-513.

Kaag, A.M., Schulte, M.H.J.2 Jansen, J.M., van Wingen, G., Homberg, J., van den Brink, W., et al., (2018). Tween gray matter volume and the use of alcohol, tobacco, cocaine and cannabis in male polysubstance users. Drug Alcohol Depend.,187, 186-194.

Morales, A.M., Jones, S.A., Ehlers, A., Lavine, J.B., Nagel, & B.J. (2018).Ventral striatal during decision making risk and reward is associated with future binge drinking in adolescent. Neuropsychopharmacology. DOI: 10.1038/s41386-018-0087-8.

Zhu ,J., Wang, Y., Wang, H., Cheng, W., Li, Z., Qian, Y., et al., (2018). Abnormal gray matter asymmetry in alcohol dependence. Neuroreport.,29 (9), 753-759.