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VideoGames Addiction

Dopo esser stato letteralmente incollato ad una postazione da videogiochi per 72 ore di fila, un uomo di 32 anni è deceduto. Siamo in un internet cafè nella Repubblica di Cina, nel 2015. Un altro uomo, di 38 anni ed evidentemente più forte del primo almeno da un punto di vista fisico, ha dovuto attendere 120 ore (5 giorni) prima di incontrare la morte a causa della propria dipendenza da videogames. Siamo in un internet cafè, sempre a Taiwan. Non si tratta di casi isolati e rari, purtroppo. Il rischio di crollo ed interruzione irreversibile delle attività cardiaco-respiratorie interessano tutti coloro che spendono gran parte del tempo delle loro giornate davanti a giochi virtuali, magnetici al punto da prevalere sui loro bisogni fisiologici, dall’andare in bagno al mangiare, dal bere al dormire, dai più grandi ai più piccoli. In Russia, è toccato ad un diciassettenne dopo 22 giorni di attività ludica consecutivi.

Una delle cose maggiormente agghiaccianti emergente da tali casi riguarda l’assenza di una rete familiare e sociale che avrebbe potuto imporsi su quanto stava accadendo e indurre i diretti interessati verso la salvezza, almeno temporanea, almeno laddove si stava sfiorando il rischio di morte. Questi appena sovracitati e molti altri casi accaduti nel resto del mondo, sono stati oggetto d’attenzione socio-politica e clinica al punto da rendere sempre più concreta la possibilità di inserire la Dipendenza da Videogiochi nel novero dei Disturbi da Dipendenza all’interno dei manuali diagnostico statistici dei disturbi mentali di maggior calibro a livello mondiale.

Dipendenza da Videogames e International Classification of Disease

“Gli operatori sanitari devono riconoscere che la dipendenza da videogames può avere conseguenze molto serie per la salute. La maggior parte delle persone che gioca ai videogame non ha questo problema, come la maggior parte di chi consuma alcol non lo fa in modo patologico. Tuttavia, in alcune circostanze l’abuso può portare a effetti avversi”. Queste le parole di Vladimir Poznyac, esponente del Dipartimento di Salute Mentale e Abuso da Sostanze all’interno della World Health Organization, rispetto al dibattuto tema del riconoscimento del disturbo da videogiochi come disturbo mentale e, in quanto tale, da inserire nella prossima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie mentali.

Trattandosi di un comportamento socialmente accettato e agito praticamente da tutti (Chi non ha mai giocato alla Play Station o non ne ha mai acquistata una?), un abuso e/o una dipendenza da videogames stentano ad essere riconosciute e considerate con l’allarme che meritano. Le conseguenze, però, non sono sempre quelle sperate e i casi di decesso dopo giorni davanti allo schermo non si fanno attendere troppo. La possibilità, inoltre, di acquistare all’interno dei videogames medesimi le cosiddette “loot box” (o “casse premio”), cioè dei pacchetti virtuali contenenti premi miglioramenti totalmente casuali, ad esempio un giocatore più forte o nuove e migliori abilità di gioco, pare sia proprio pensata per agire sul sistema di gratificazione del giocatore, producendo nella sua psiche e nei suoi comportamenti gli effetti rinforzanti delle dipendenze “classiche”. Per tale ragione, si tratterebbe di dare la possibilità a famiglie, specialisti e diretti interessati di potersi orientare nell’individuazione e nel trattamento di questa forma di dipendenza comportamentale, dandole un riconoscimento ufficiale.

Dipendenza da Videogames: come riconoscerla

Come accennato nell’articolo dal titolo Dipendenze comportamentali: quando la norma diventa un problema, le dipendenza da videogames si configura come un comportamento problematico e ricorrente accompagnato da una sintomatologia cronica, persistente e ripetitiva, che segue un andamento ciclico e di cui la persona non riesce a fare a meno.

La ciclicità della dipendenza in questione si manifesta nel seguente modo:

  • Uno stato di tensione o ansia spinge la persona a mettere in atto il comportamento;
  • La messa in atto del comportamento genera una temporanea condizione di piacere, sollievo e rilassatezza.
  • Un nuovo stato di tensione o ansia tende ad emergere non appena la condizione di piacere si conclude.
  • Il nuovo stato di tensione o ansia spinge la persona a mettere nuovamente in atto il comportamento, in maniera incontrollata e compulsiva.

Prima che i danni al funzionamento della persona nelle varie sfere di vita (rottura di relazioni, perdita di beni materiali, perdita del lavoro, isolamento sociale) diventino troppo gravi, è fondamentale lavorare per dare a questa patologia l’importanza che merita e fronteggiarla non solo da un punto di vista trattamentale ma anche preventivo.

 

Riferimenti bibliografici

Burchia, E. (17 Gennaio 2015). Gioca ai videogame per 3 giorni fila: 32enne muore in un internet cafè.

Fantoni, L. (06 Gennaio 2018). L’OMS potrebbe riconoscere l’abuso di videogiochi come malattia.

Marazziti, D., Presta, S., Picchetti, M., & Dell’Osso, L. (2015). Dipendenze senza sostanza: aspetti clinici e terapeutici. Journal of Psychopathology, 21, 72-84.

Redazione. (02 Settembre 2015). “Malato” di videogiochi: muore a 17 anni dopo 22 ore incollato al pc.

(27 Dicembre 2017). L’OMS: “La dipendenza da videogame è una malattia”.