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Età evolutiva

Ansia da separazione, bambini e genitori

Cosa è l’ansia da separazione

L’ansia da separazione è una condizione, in cui, chi la vive sperimenta un’eccessiva ansia o paura, a seguito della separazione dalle figure d’attaccamento o dalla propria casa. Può essere esperita sia dagli adulti che dai bambini. Nel caso degli adulti i sintomi devono perdurare per almeno sei mesi, mentre nei bambini bastano quattro settimane per poter formulare questa diagnosi. Chiaramente deve intaccare la funzionalità della persona. Inoltre, devono presentarsi  tre o più dei seguenti sintomi: eccessivo disagio se ci si separa dalle figure di attaccamento o da casa;  pensieri ricorrenti che possano accadere eventi spiacevoli a questa persona; paura che un imprevisto li separi da quelle figure; persistente paura di uscire da soli da casa;  paura di stare senza le figure d’attaccamento;  paura di dormire fuori casa; incubi frequenti che vertono sulla separazione; ripetute lamentele di sintomi fisici (DSM-5). Inoltre, per poter formulare tale diagnosi, non devono essere presenti altri disturbi che possano spiegare meglio i sintomi che vengono vissuti.

Quando questo disturbo si manifesta nei bambini è difficile da spiegare e da diagnosticare perché spesso non riescono a descrivere quello che provano o ad etichettare le proprie emozioni. Quindi, il clinico deve tenere conto di questo e se necessario deve cominciare un lavoro sul riconoscimento delle emozioni. È importante incrementare la consapevolezza del fatto che le emozioni si provano a seguito di eventi e/o pensieri.

 

Paura o ansia?

Spesso, la cultura da una connotazione negativa alla paura. Tuttavia, è utile chiarire che non ci sono emozioni sbagliate o negative. Infatti, la paura è utile, ci salva la vita, ci consente di essere pronti ad agire nel modo migliore davanti alle situazioni di pericolo. Tuttavia, se si trasforma in ansia, vissuta dalla persona in maniera smisurata o non adeguata alla situazione, può diventare fonte di problemi e di sofferenza. Questo si verifica ancora di più nel caso in cui si tratta di bambini. Inoltre, prima di fare una qualsiasi diagnosi bisogna considerare quanto quel problema impatta nella vita della persona e quindi deve limitare la persona nella sua vita quotidiana. Chiaramente, nel caso dell’ansia da separazione l’impatto nella vita di tuti i giorni è notevole. Quando l’ansia è patologica, si possono cogliere i sintomi in tre aree: fisica, cognitiva e comportamentale.

L’area fisica implica la presenza di tutti quei sintomi e sensazioni fisiche, come l’aumento del battito cardiaco, aumento della pressione sanguigna, aumento della sudorazione, capogiri, secchezza delle fauci, midriasi, dolore al petto,vomito.

L’area cognitiva si basa sui pensieri, cioè sull’interpretazione che le persone danno ai sintomi fisici. Infatti, questo porta solo a degli aumenti d’ansia e si crea un vero e proprio circolo vizioso.

Invece, i comportamenti sono caratterizzati da fuga o evitamenti. Anche questi comportamenti non fanno altro che incrementare l’ansia. Doobay (2008) ha affermato che i bambini che sperimentano l’ansia da separazione, avranno maggiori probabilità di avere delle minori abilità sociali e quindi da adulti avranno più  difficoltà a costruire il proprio benessere. Quindi i clinici dovrebbero lavorare anche sulle abilità sociali per incrementarle.

 

Possibili interventi nei bambini

Quando si parla di bambini non è possibile pensare di fare un intervento solo su di loro, senza tenere conto della famiglia e della scuola. Infatti, è utile agire anche l’ambiente. Ma questo vale nel momento della diagnosi. Nel primo colloquio, sarebbe bene che ci fossero solo i genitori, per cercare di capire quale difficoltà è presente. Inoltre, si concorda insieme come preparare l’incontro con il bambino. Poi si procede, incontrando il bambino e cercando di creare un’ alleanza con il bambino. Quindi, si procede facendo l’assessment e se necessario è possibile somministrare test specifici per provare a formulare una diagnosi.

Chiaramente il processo diagnostico non ha una fine, ma continua fino alla fine del processo terapeutico. Tutto questo serve, per capire il tipo di intervento migliore da attuare. Si lavora sul bambino, incrementando anche le sue abilità sociali e favorendo un graduale aumento del tempo che il bambino trascorre senza i genitori. Si può anche decidere di fungere da esempio al bambino. Devono essere coinvolti anche i genitori che devono favorire il graduale distacco funzionale del bambino. Quindi si procede attuando un parent training. Inoltre, è importante ottenere la collaborazione della scuola ed in modo particolare dei compagni di classe e degli insegnati. Quindi è auspicabile attuare un teacher training.

È importante, far comprendere ai genitori che è un lavoro graduale, non si possono ottenere risultati immediati. Di fatti, si procede lentamente e si ottengono dei risultanti che all’inizio sono parziali. È essenziale, fare dei follow up perché potrebbero esserci delle ricadute che vanno riconosciute e arginate.

È opportuno, che quando i genitori registrano dei cambiamenti significativi nei loro figli, consultino un clinico. Di fatti, è sempre meglio attuare un intervento che sia il più precoce possibile.

 

Scritto da Concetta Rametta, laureata in psicologia clinica, esperta in neuropsicologia clinica: età evolutiva, adulti ed anziani

Riferimenti bibliografici

A.P.A. (2014), DSM-5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Cortina Raffaello.

Celi F., Fontana D. (2015), Psicopatologia dello sviluppo storie di bambini e psicoterapia, Mc Graw Hill education,III edizione.

Doobay A.F. (2008), School refusal behavior associated with separation anxiety disorder: A cognitive behavioral approach to treatment. Psychology in the schools,45,261-272.