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L’autolesionismo

Ci troviamo di fronte a condotte di autolesionismo quando una persona si provoca intenzionalmente un danno fisico. Chi mette in atto queste condotte lo fa con lo scopo di punirsi ma, raramente, con l’intenzione di porre fine alla propria esistenza. Tagli, bruciature e altri tipi di lesioni o comportamenti a rischio sono il segno tangibile di una profonda sofferenza psicologica, che lascia traccia su un corpo maltrattato ma nascosto e, per questo, tutelato con grande attenzione da sguardi indiscreti.

L’autostima di chi ha condotte di autolesionismo è, di norma, bassa e la tendenza a chiudersi per nascondere il proprio problema alimenta ancor di più la percezione di non essere giusti o efficaci. Chi soffre di autolesionismo tende con maggior probabilità a soffrire di depressione o ad abusare di sostanze, sperimentando, inoltre, profondi sensi di colpa e vergogna e aumentando, in alcuni casi, un pericoloso stato d’isolamento sociale e omertà in merito al problema di cui soffre.

Come si manifesta l’autolesionismo

Chi soffre di autolesionismo procura un danno al proprio corpo attraverso diverse modalità che possono spaziare da un gesto diretto a ledere l’integrità della propria superficie corporea fisica (come tagli e bruciature della pelle, perforazioni tramite arnesi acuminati, colpi a testa o ad altre parti del corpo) fino ad arrivare a condotte comportamentali a rischio per la propria salute e integrità generale (come l’assunzione di prodotto chimici tossici, l’ingestione di grandi quantità di alcol e/o farmaci o una attività fisica sfiancante).

In alcuni casi può essere considerata una condotta di tipo autolesionistico anche una mancata alimentazione poiché è nota la correlazione, in alcuni casi, tra disturbi del comportamento alimentare (bulimia o anoressia) e autolesionismo.

Il corpo accusa il colpo

Le lesioni provocate dall’autolesionismo lasciano sul corpo di chi le ha attuate cicatrici di tipo permanente. In molti casi, infatti, non tutte le bruciature, i tagli, i colpi autoinflitti o le escoriazioni ripetute si risolvono in modo tale da non lasciare traccia sulla pelle dell’individuo. Alcune bruciature, infatti, possono lasciare cicatrici sulla superficie epidermica dopo aver provocato dolore e infezioni.

Anche il cutting, ossia il “tagliare la pelle”, ad esempio, è una condotta che può provocare oltre ai danni esterni anche infezioni con serie conseguenze per la salute della persona, soprattutto se i tagli sono di natura profonda con gravi ripercussioni anche sull’integrità di vasi sanguigni, muscoli e tendini.

Criteri diagnostici per l’autolesionismo

Per definire con esattezza la condotta di autolesionismo è utile, per una corretta diagnosi, riferirsi ai criteri diagnostici del DSM – 5. Il manuale diagnostico considera l’autolesività non suicidaria come categoria indipendente. I criteri diagnostici per la diagnosi di autolesionismo sono:

  1. In cinque o più giorni, nell’ultimo anno, la persona si è intenzionalmente inflitta danni di qualche tipo alla superficie del corpo in grado di indurre sanguinamento, lividi o dolore (ad esempio tagliandosi, accoltellandosi, bruciandosi, colpendosi o strofinandosi eccessivamente), con l’attesa che la ferita porti a danni fisici soltanto lievi o moderati; non è presente intenzionalità suicidaria.
  2. Il soggetto è coinvolto in comportamenti autolesivi con una o più delle seguenti attese: raggiungere sollievo da una sensazione o uno stato cognitivo negativi; indurre una sensazione positiva; risolvere una problematicità interpersonale.
  3. L’autolesività intenzionale è collegata perlomeno a uno dei seguenti sintomi: difficoltà interindividuali, emozioni o pensieri negativi; ansia, depressione, disagio generalizzato, tensione, rabbia, autocritica, che si riscontrano nel periodo che precede il gesto autolesivo; prima di attuare il gesto autolesivo, presenza di un periodo di preoccupazione difficilmente controllabile in merito al gesto che si ha intenzione di compiere; pensieri di autolesività presenti con frequenza, anche quando il comportamento non è agito.

 

Bibliografia

Torchia, C. J. (2014), Diario di autolesionista. Il mondo di Megan, Intento Edizioni.

Nardone G., Selekman M. (20119, Uscire dalla trappola. Abbuffarsi, vomitare, torturarsi: la terapia in tempi brevi. Firenze, Ponte delle Grazie

Rossi Monti M., D’Agostino A. (2009), L’Autolesionismo. Roma: Carocci Editore.

A.P.A (2014). DSM-5, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Cortina Raffaello.