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Ansia: di cosa si tratta?

Se cerchiamo sul dizionario la definizione di ansia, troviamo questa descrizione: “stato di agitazione, di forte apprensione, dovuto a timore, incertezza, attesa di qualcosa” (Treccani). L’ansia è quell’emozione che ci prepara ad un possibile futuro evento negativo, a differenza della paura che, invece, è una risposta di allarme che si presenta nel momento in cui ci troviamo in imminente pericolo (Craske et al., 2009). Per queste ragioni spesso l’ansia viene chiamata anche paura senza oggetto, perché la sua caratteristica è proprio quella di attivarci e prepararci ad un imprevisto di cui non abbiamo certezza.

Le manifestazioni di ansia avvengono a diversi livelli: fisiologico, cognitivo e comportamentale. A livello fisiologico si verificano delle modificazioni che preparano l’organismo a fronteggiare l’evento imprevisto. Aumenta l’afflusso di sangue ai muscoli e la tensione muscolare, il cuore accelera il battito al fine di pompare maggiori quantità di sangue agli organi, aumenta la frequenza respiratoria per garantire una buona circolazione dell’ossigeno nel sangue, si affinano i sensi della vista e dell’udito, per porre maggiore attenzione agli agenti esterni. A livello cognitivo prevale la preoccupazione e una percezione sproporzionata della minaccia, unita alla credenza di non avere capacità adeguate per farvi fronte. Infine, a livello comportamentale, ci si trova davanti a due possibilità: l’attacco o la fuga (il cosiddetto fight or flight) che avrà come esito, da una parte, quello di affrontare l’evento inaspettato cercando una soluzione adeguata o, dall’altra, quello di evitare o rimandare il problema, ottenendo un sollievo immediato ma poco duraturo (Barlow, 2002).

 

La legge Dodson Yarke

Come è stato appena descritto, i sintomi dell’ansia sono molteplici e sicuramente non sono piacevoli da sperimentare. Per questo l’ansia fa paura e si cerca di evitarla in toto. Tuttavia è stato dimostrato che giuste dosi di ansia possono in realtà essere utili. Questa fu una scoperta dei primi anni del ‘900 di Yerkes e Dodson, i quali pubblicarono uno studio nei quali sostennero che la qualità di una performance aumenti con l’aumentare dell’eccitazione fisiologica. I due dimostrarono però che i due costrutti – qualità performance ed eccitazione fisiologica – sono correlati positivamente solo se il grado di eccitazione non supera un certo livello.

Yerkes e Dodson condussero i loro esperimenti su delle cavie da laboratorio. I due scienziati si resero conto che gli animali erano più motivati ad eseguire il compito di completare un labirinto se ricevevano una piccola scossa elettrica. Quando però le scariche aumentavano di intensità, il loro rendimento diminuiva (Broadhurst, 1959). La legge di Yerkes e Dodson può essere raffigurata graficamente come una U rovesciata. Senza alcun tipo di tensione – o di ansia – non sentiamo la motivazione necessaria per essere produttivi. All’aumentare della tensione aumenta proporzionalmente anche la qualità della nostra performance, fino ad arrivare al picco di attivazione, dopo il quale, se l’ansia aumenta, le nostre risorse non sono più in grado di focalizzarsi sul compito per portarlo a termine in maniera soddisfacente. Questo ci dice che di certo troppa ansia non faccia bene, ma che anche non averne non è utile.

 

Non avere paura dell’ansia

A livello evolutivo, è stato dimostrato come gli individui naturalmente propensi all’ansia fossero risultati poi quelli con le maggiori probabilità di sopravvivenza, in quanto l’attivazione caratteristica di questa emozione ha fatto in modo che si trovassero pronti a fronteggiare le situazioni pericolose della vita (Barlow, 2002). Ma se per l’uomo primitivo è facilmente intuibile quanto poteva essere importante il ruolo di quest’emozione per la sopravvivenza, in che modo invece dovrebbe essere ritenuta utile, ai giorni nostri? È possibile vedere l’ansia come alleata, come il carburante che sa darci il giusto carico di energie per affrontare le performance che quotidianamente dobbiamo compiere.

Quando però tutte le sensazioni che accompagnano l’ansia sono presenti in modo indistinto e continuo, risulta difficile sapersi focalizzare e canalizzare tali energie in maniera adeguata. È quindi necessario correre ai ripari. Possono venire in aiuto piccole azioni da compiere in autonomia, come riportare l’attenzione al presente e a ciò che c’è di certo, distogliendo le preoccupazioni dal futuro e dall’incertezza caratteristici dell’ansia e scaricare la tensione e l’attivazione fisica dedicando del tempo ad attività sportive che possono abbassare la carica tensiva. Infine, qualora l’ansia stesse diventando un ostacolo troppo grande da superare, è sempre bene rivolgersi ad uno specialista che saprà individuare l’intervento migliore per la persona.

 

Scritto dalla Dr.ssa Vanessa Pergher – Psicologa

 

Riferimenti bibliografici

Barlow, H. D. (2002). Anxiety and its disorders: the nature and treatment of anxiety and panic – 2nd ed. New York: The Guilford Press.

Broadhurst, P.L. (1959). The interaction of task difficulty and motivation: The Yerkes-Dodson law revived. Acta Psychologica, 16, 321-338.

Craske, M.G., Rauch, S.L., Ursano, R., Prenoveau, J., Pine, D.S., Zinbarg, R. E., (2009), What is an anxiety disorder? Depression and Anxiety, 26, 1066-1085.