Skip to main content

Il fenomeno della cogenitorialità

Negli ultimi tempi, il concetto di famiglia è molto cambiato, e in particolare i ruoli coniugali e genitoriali. Un tempo, infatti, era la madre ad avere un ruolo primario nel coinvolgimento della vita dei figli, dal momento che il padre era il detentore di qualità soltanto etico-normative. Oggi, invece, predomina la dimensione affettiva in entrambe le figure genitoriali. Ciò che si è modificato negli anni non è soltanto l’aspetto della genitorialità, ma anche quello della coniugalità, due prospettive che, attualmente, si influenzano costantemente. Quando nasce un figlio, in realtà già dal concepimento e poi lungo tutto il periodo della gravidanza, si verificano una serie di cambiamenti significativi a livello individuale e per la coppia. In tal caso, infatti, occorre ridefinire il legame in due sottosistemi, coniugale e genitoriale, distinti ma in costante interazione, e soprattutto indispensabili per mantenere una certa stabilità individuale, familiare ed emotiva. La gestione di questo equilibrio incide sulla modalità di essere genitore e sulla qualità della relazione con il proprio figlio.

È proprio in questa reciprocità tra coniugalità e genitorialità che si colloca il concetto di coparenting (o cogenitorialità). Essa viene definita come un’impresa familiare, cogestita da due (o più) adulti che assumono la cura e l’educazione dei bambini per i quali ne condividono la responsabilità. Si lavora insieme per capire quale sia il modo condiviso di realizzare la crescita e l’educazione del bambino. Dunque, essere genitori non è determinato soltanto dal rapporto che si instaura con il figlio ma anche e soprattutto dalla relazione tra i due partner. Si può, però, parlare di cogenitorialità anche in presenza di coppie non stabili o comunque di famiglie non tradizionali. A prescindere dal tipo di rapporto (coniugale, amoroso, affettivo, ecc.), se si è in grado di far coesistere i diversi stili genitoriali e di contrattare le divergenze, senza che l’uno prevalichi sull’altro, è realmente possibile generare un’alleanza, che inciderà positivamente sulla crescita psicofisica dei figli.

 

L’alleanza nella cogenitorialità

L’alleanza cogenitoriale consiste nel collaborare per favorire un armonioso e sano sviluppo all’interno della famiglia, anche nei casi in cui i genitori siano separati. Nello specifico, si tratta di gestire, secondo personalità e caratteristiche individuali, le esigenze di crescita del figlio. I diversi punti di vista, gli stili relazionali e le modalità di reazione rafforzano l’alleanza cogenitoriale, purché il confronto sia costruttivo, pieno di stima, rispettoso e fiducioso del ruolo che l’altro assume.

Ma allora quando ci si può definire buoni cogenitori? Se sono presenti tre indici:

  • Il rispetto, nei confronti del figlio da accudire e dell’altro che se ne occupa, anche se diverso per caratteristiche, stile e modalità di comportamento;
  • L’interesse, ossia la voglia di cogliere le ragioni che sottendono il modo di agire e di pensare dell’altro. Dunque, si tratta di comprendere e rispettare le modalità educative di ciascuno;
  • La gratitudine, intesa come riconoscenza nei confronti dell’altro, che presuppone la presenza di entrambi gli aspetti precedenti.

Questi tre elementi, se autenticamente sentiti e messi in pratica, costituiscono la condizione necessaria per l’esistenza di una valida cogenitorialità, dove presenza e punto di vista dell’altro sono indispensabili per la relazione genitoriale stessa. Rispettando timori e desideri di ciascuno, facendo dialogare ogni tensione, si può raggiungere un vero e proprio equilibrio, che a cascata genera effetti positivi sui figli. In questo modo, infatti, i bambini apprendono il senso del rispetto delle diversità, diventando loro stessi capaci di dialogare tra differenze e contraddizioni che possono coesistere nella relazione con l’altro.

 

Le tipologie di cogenitorialità

E se la coppia coniugale non esiste più? O non è mai esistita? O non corrisponde a quella tradizionale? Anche in tutti questi casi, si può parlare di cogenitorialità. Pensiamo, ad esempio, ad una coppia di adolescenti che diventano genitori proprio in una fase di vita dettata da cambiamenti e difficoltà. Se i due mostrano una buona qualità di relazione, la cogenitorialità si sviluppa in maniera funzionale; al contrario, se il rapporto si dimostra conflittuale, è maggiore il rischio di rottura, di perdita di contatto tra i due partner, con un conseguente allontanamento e dunque fallimento dell’alleanza genitoriale. In quest’ultimo caso, non è raro che la madre adolescente richieda il supporto del proprio genitore, che assume a tutti gli effetti il ruolo di caregiver, creando una vera e propria alleanza coparentale. Quando, invece, due genitori divorziano, la famiglia deve riorganizzarsi, cercando di garantire un ambiente di cura e protezione per i figli. Nonostante la separazione coniugale, infatti, i due si dovrebbero impegnare a comparare ed integrare i diversi stili e le abitudini, a negoziare conflitti e divergenze, fornendo così ai piccoli un nuovo modo di stare insieme, fatto di relazioni sincere ed autentiche.

Anche i partner che hanno lo stesso genere possono essere buoni cogenitori. Dalle ricerche, infatti, emerge che l’orientamento sessuale non rappresenta un ostacolo alla funzione genitoriale: anzi, le coppie omoparentali dimostrano di essere più orientate all’espressione di sensibilità, reciprocità e affetto nell’interazione con il figlio. Spesso, hanno anche buone capacità di assunzione di responsabilità e d’inserimento sociale, e sono capaci di affrontare l’emotività connessa agli eventi quotidiani. Nel caso di famiglie in cui uno dei due genitori transita dal genere di appartenenza a quello d’elezione, o ha intenzione di farlo, è importante la gestione della relazione tra i due partner, che di conseguenza influisce sul rapporto con i figli. La minaccia maggiore al benessere fisico e psicologico del bambino, infatti, non è data tanto dalla scelta di cambiare identità di genere, quanto piuttosto dalla conflittualità tra i genitori, che ostacola l’espressione della funzione genitoriale.

In conclusione, a prescindere dalla tipologia di coppia, è fondamentale che ogni caregiver trovi il modo di valorizzare l’altro, combini i punti di forza e di debolezza, condivida problemi e desideri, creando una forte alleanza cogenitoriale, che favorisce nel bambino la piena consapevolezza e stima di sé e la responsabilità delle proprie scelte.

 

 

Riferimenti bibliografici

Bosisio, R. & Ronfani, P. (2015), Le famiglie omogenitoriali. Responsabilità, regole e diritti, Carocci: Roma.

Cigoli, V. (2017), Clinica del divorzio e della famiglia ricostruita, Il Mulino: Bologna.

Merenda, A. (2017), Genitori con modelli di coparenting attuali e corpi familiari in Gestalt Therapy, Cittadella Editrice: Assisi.

Gambini, P. (2007), Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, Franco Angeli: Milano.

McHale, J.(2010), La sfida della cogenitorialità, Raffaello Cortina: Milano.

Niccolai, A.(2004), Chi si prende cura dei genitori, Armando: Roma