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Il legame fraterno nella disabilità

Il legame fraterno è uno dei più significativi che si possano sperimentare nell’arco di vita. È un rapporto basato su reciprocità e intensità e considerato una primaria palestra di vita sociale. In questo senso promuove quelle abilità che permettono di entrare in relazione con l’altro quali l’empatia, la cooperazione, la negoziazione e il prendersi cura. Offre, inoltre, modelli identificativi differenti da quelli genitoriali. Questo legame non è rigido ed immutabile, anzi, viene rimodellato durante tutte le fasi del ciclo di vita. Quando questo legame viene accompagnato dalla presenza di una qualsivoglia disabilità assume caratteristiche peculiari da non sottovalutare. Fino a qualche decennio fa gli studi sulla famiglia con un figlio disabile erano prevalentemente incentrati sul bambino stesso e sulle difficoltà emotive ed organizzative che la coppia genitoriale si ritrovava ad affrontare. La presenza di fratelli o sorelle non sembrava turbare e influenzare in alcun modo questa esperienza.

Solo più recentemente è stato dato loro quello spazio sociale e psicologico all’interno di quel particolare nucleo familiare caratterizzato dalla presenza di una disabilità. Ci si è chiesti in che modo venga affrontata la disabilità del fratello o della sorella; come questa realtà incida sulle loro relazioni sociali; quali aspettative i genitori riversano su di loro; quanto sentano l’approvazione di questi verso una realizzazione individuale e quanto, invece, si sentano ancorati all’idea di essere “fratello/sorella di..”. Questi elementi hanno suscitato talmente tanto interesse che per riferirci a fratelli e sorelle di persone con disabilità, ad oggi, si è scelto un termine ben specifico: siblings. In lingua inglese questa parola assume semplicemente il significato di “sorelle e fratelli”, comprendendo in sé sia il genere femminile che quello maschile. Come ci ricorda Girelli (2017) se oggi spesso viene utilizzato questo termine è perché ci si è voluti focalizzare sulla realtà di quelle famiglie in cui vive una persona con disabilità sottolineando come queste siano composte non soltanto dal membro disabile e dalla coppia genitoriale ma anche dai suoi fratelli e sorelle.

 

E il sibling che fine fa?

Quando si parla di disabilità non possiamo soffermarci solo sul membro interessato direttamente da questa ma porre attenzione a tutta la famiglia entro la quale è inserito. Proprio per questo negli ultimi anni si è sentita la necessità di comprendere quali fossero le modalità di risposta dei siblings nei confronti della disabilità del fratello o sorella. L’interesse maggiore è stato quello di individuare la presenza di fattori che potessero sfociare in problemi emotivi, sociali e comportamentali e, dall’altra parte, i fattori protettivi. La modalità con la quale i genitori si rapportano nei confronti dei figli, disabili e no, può avere delle ripercussioni nella sfera emotiva dei siblings. Quando la coppia genitoriale risulta completamente immersa nella cura e nella protezione del figlio disabile, spesso, non riesce a percepire le difficoltà manifeste negli altri figli. Queste situazioni, se non affrontate adeguatamente, possono in alcuni casi compromettere il benessere psicologico dei siblings dando origine, nel tempo, anche a disturbi d’ansia e depressivi. Nel mio lavoro con gruppi e famiglie mi capita spesso di incontrare bambini e ragazzi che, maggiori o minori che siano, rivestono il ruolo di siblings.

Alcuni di questi indossano i panni del “dimenticato”, altri dell’ “iper-investito”. I “dimenticati” sono coloro i quali genitori risultano essere assorbiti totalmente dalla disabilità del figlio che viene considerato pressoché inabile e non autonomo e quindi bisognoso della presenza costante del genitore. Al sibling “dimenticato” viene concessa piena autonomia, un’indipendenza fittizia purtroppo ancora non matura. Spesso risulta essere completamente disimpegnato nelle relazioni familiari. L’”iper-investito”, invece, sente il dovere di provvedere al fratello in tutto e per tutto divenendo una figura adultizzata e responsabilizzata, al pari dei genitori, anch’egli dispensatrice di protezione. Spesso risulta essere invischiato e iper-coinvolto nelle relazioni familiari. Queste manifestazioni veicolano entrambe il medesimo messaggio di una spiccata autonomia emotiva che, nella realtà, risulta essere apparente. Dimenticati e iper-investiti faticano a comunicare i loro reali bisogni alla famiglia per non gravare ulteriormente su di essa.

 

Fattori di disagio e resilienza. Una proposta di intervento

Diversi sono i segnali di disagio che possono manifestarsi sia nel contesto intra-familiare che extra-familiare dei siblings: introversione e chiusura relazionale, atteggiamento provocatorio e conflittuale, iperadattamento, perfezionismo, difficoltà scolastiche e sintomi psicosomatici quali disturbi del sonno, enuresi, ansia, dolori di stomaco. Promuovere la capacità di resilienza attraverso uno spazio relazionale di ascolto e confronto, può essere utile al sibling al fine di far fronte a situazioni di difficoltà che fatica ad esprimere. In questo senso, come ci ricorda Higgins (citato in Walsh, 2008, p.7) “la resilienza implica una “dura battaglia”: percepire allo stesso tempo il dolore e il coraggio, affrontando in modo competente le difficoltà a livello sia personale sia interpersonale”. Dall’integrazione dell’esperienza di crisi con la propria identità individuale e sociale, per il sibling ne deriverà il modo con in cui affronterà la vita futura. L‘esperienza della disabilità non è da considerarsi negativa anzi, con il dovuto sostegno e ascolto, può divenire un’opportunità di arricchimento e crescita personale per tutti i membri della famiglia.

Una proposta di intervento rivolto ai siblings può essere quella dei gruppi di sostegno al fine di condividere la stessa realtà di fratelli “speciali” e sentirsi così meno soli grazie al confronto con i pari. Questi gruppi, i quali avranno una modalità di svolgimento che alterna momenti ludici a momenti riflessivi, hanno lo scopo di: offrire uno spazio di ascolto e di elaborazione delle esperienze legate alla convivenza con un fratello con disabilità; stimolare strategie per un migliore adattamento alla situazione di siblings; creare la possibilità di condivisione e di comunicazione tra loro, offrendo un supporto sociale; sviluppare una migliore comprensione dei propri bisogni e di quelli dei loro fratelli disabili; valorizzare la propria unicità; aumentare la comunicazione all’interno delle famiglie. In questo modo si potranno promuovere abilità sociali e autostima, acquisire competenze per gestire gli aspetti critici tipici di questi contesti familiari così da trasformare le difficoltà in risorse.

 

Scritto da Michela Magnanelli, psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale. Da anni si occupa di sostegno, educazione e formazione con bambini e adolescenti con disabilità nel contesto scolastico e all’interno di gruppi educativi

 

Riferimenti bibliografici

 Girelli, F. (Ottobre, 2017). Siblings vuol dire (solo) fratelli e sorelle. Paper presented at Convegno “Famigli-abile”. Diritti, bisogni e aspirazioni, organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità – Centro Nazionale Malattie Rare in collaborazione con Asmara Onlus, Roma, IT.

Ruffato, L. (2014). Essere fratelli: Vivere la disabilità in famiglia.Tesi di laurea, Università degli studi di Padova, Padova, Italia.

Scabini, E. (1995), Psicologia sociale della famiglia: Sviluppo dei legami e trasformazioni sociali.

Tortorelli, G. (2016). …E i siblings? Un viaggio nel mondo di fratelli e sorelle di persone con disabilità. Rivista Italiana di Costruttivismo, 4 (1), 35-49.

Valtolina, G. (2004), L’altro fratello: Relazione fraterna e disabilità. Milano: FrancoAngeli.

Walsh, F. (2008), La resilienza familiare. Milano: Raffaello Cortina Editore.