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Il come e il perché

Spiegare la violenza non è mai semplice, soprattutto se inaudita, soprattutto se senza motivazione.

Esiste realmente un buon motivo per usare violenza su qualcuno? Per molta gente non solo esiste un buon motivo ma è possibile farlo semplicemente per soddisfare un proprio bisogno.

 

La Violenza

Si può definire violenza un qualunque atto coercitivo che miri intenzionalmente a ledere un individuo. La violenza può essere di vari tipi: psicologica, fisica, sessuale, latente, diretta, indiretta, verbale, assistita, sistematica o legata ad un singolo episodio.  Utilizzando una terminologia giuridica,  l’atto violento può suggerire un’interazione in cui l’autore di violenza attacca fisicamente o verbalmente la sua vittima.  La violenza causa sofferenza alla vittima e al suo contesto familiare. Il 30% delle donne subisce violenza all’interno della relazione dal partner, le maggiori forme di violenza sono quella fisica e sessuale (Krahé,2017).

Oltre alle violenze intrafamiliari e di coppia, un’altra forma di violenza tristemente diffusa è lo stupro, ossia la violenza sessuale perpetrata sia da individui estranei che da individui interni alla famiglia. Un caso recente che ha destato non poco sgomento è sicuramente lo stupro di Rimini.

Lo hanno definito “il branco”, un gruppo di ragazzi di cui tre minorenni ed un maggiorenne. Il giudice ha definito l’accaduto “una scena aggiacciante”. Pur non riportando nei dettagli le violenze commesse dai ragazzi coinvolti, i quotidiani lasciano trasparire lo sconvolgimento e lo stupore per quanto è accaduto.

 

“Where are you from?” “From Poland”

 Cosi ha avuto inizio l’aggressione. È una notte come tante nella spiaggia di Rimini. Una coppia di polacchi viene avvicinata da un gruppo di ragazzi che domanda loro “where are you from?” la coppia risponde “from Poland” e da lì scatta la violenza. Immobilizzano il ragazzo spingendogli la testa sulla sabbia mentre abusano della ragazza con brutalità.  Durante la violenza, durata venti minuti, gli aggressori tenevano per il collo la ragazza impedendole di respirare e minacciandola di morte. Rapinati e picchiati, le vittime serbano il ricordo orribile di quella notte che sembrava non finire mai.

Subito dopo si sussegue a questa aggressione una seconda violenza ai danni di una transessuale peruviana, la quale denuncia di aver subito una violenza sessuale.  Risulta un evidente collegamento con “il branco” poiché sul luogo sono stati ritrovati gli oggetti rubati ai turisti polacchi. Attraverso le ricostruzioni ottenute dalle telecamere e attraverso le descrizioni ottenute dalle vittime è stato possibile comprendere chi fossero gli aggressori. Due di loro si sono spontaneamente consegnati alla polizia. Il giorno seguente è stato individuato il così detto “capo branco” mentre tentava di fuggire.

 

Perché lo stupro?

La violenza di gruppo, soprattutto se un gruppo gerarchico in cui vi sono evidenti differenze di ruolo e di età, può derivare da una totale sottomissione al capo branco che deriva da una serie di possibili motivazioni, dalla paura alla devozione, o dalla devozione per paura. Molti ragazzi che fanno parte di un gruppo agiscono in base ad uno specifico codice di comportamento. Le teorizzazioni dell’Interpersonal circumplex (Giusti, Montanari & Iannazzo, 2004)  ci dicono come gli individui agiscono attraverso uno stile relazionale definito all’interno di un “modello quadrante” o circumplex model, basato sui tratti di personalità e sulle tipologie di interazioni da questi mediate.

Attraverso l’applicazione di tale modello teorico è possibile comprendere le relazioni tra reo-vittima nei contesti di rapina, violenza e aggressione di gruppo. Infatti le persone in gruppo agiscono in base ad un continuum comportamentale di cooperazione, ostilità, dominanza e sottomissione. Le categorie di comportamento si possono applicare sia per i casi di stupro solitario che di gruppo:

  • aggressore dominante & vittima sottomessa
  • aggressore sottomesso & vittima dominante
  • aggressore collaborativo & vittima collaborativa
  • aggressore ostile & vittima ostile

A differenza dello stupro commesso da un individuo singolo, in cui le motivazioni sono connesse soprattutto alla sessualità, nello stupro di gruppo non emerge solo l’elemento sessuale ma anche la “perversione del gruppo” e delle sue dinamiche. Queste ultime comportano una totale deresponsabilizzazione verso l’atto commesso e una dislocazione della responsabilità tale da permettere a due membri del gruppo di tenere ferma la vittima, ad uno di colpirla con violenza e al quarto membro del gruppo di violentarla.

La forza del gruppo si fonda sulla cooperazione verso l’obiettivo che può essere anche unicamente legato alla volontà del leader, in tal caso potrebbe essere anche un solo membro del gruppo a beneficiare dello stupro (il leader). La soddisfazione del capo branco equivale cosi alla soddisfazione dell’intero branco. Queste dinamiche creano una forma di dipendenza e sottomissione psicologica tale da non permettere al singolo di individuare da solo le possibili conseguenze negative. Nel caso di minorenni tale comportamento è accentuato dal bisogno di appartenenza ad un gruppo di pari e dalla necessità di riconoscersi in qualcosa e di essere guidati da un “adulto” come nel caso dello stupro di Rimini di cui sopra.

 

Riferimenti bibliografici

Krahé, B. (2017). Violence against women. Current Opinion in Psychology, 19, 6-10. http://dx.doi.org/10.1016/j.copsyc.2017.03.017

Giusti E., Montanari C., Iannazzo A., (2004). Psicoterapie integrate. Piani di trattamento per psicoterapeuti con interventi a breve, medio e lungo termine, Elsevier Masson.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/05/stupro-di-rimini-il-racconto-delle-3-vittime-mi-dicevano-ti-uccido-vomitavo-nella-sabbia-intanto-abusavano-di-lei/3839126/

 

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.