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Il paziente con diabete

Nel momento in cui il paziente diabetico raggiunge la consapevolezza del suo stato di salute è possibile evitare l’insorgenza di complicanze nel corso della gestione della patologia. A livello psicologico esse sono rappresentate soprattutto da ansia e depressione, mentre a livello organico si può riscontrare per esempio una retinopatia, e a livello sociale interazioni disfunzionali con il mondo esterno. Assume grande importanza l’adesione del paziente al percorso terapeutico (Ciechanowski et al., 2001). I fattori specifici e psicologici che ne impediscono l’adesione sono in particolare le preoccupazioni per lo stato fisico e le aspettative di vita.

L’opera supportiva dello psicologo, esplicitantesi attraverso l’alleanza terapeutica, consolida nel paziente la possibilità di comprendere la sua situazione clinica: accettandola e convivendoci. Anche la famiglia del paziente e l’equipe diabetologica devono essere coinvolti. Se ciò non dovesse realizzarsi, l’alternativa è l’instaurazione di una qualche forma depressogena, che può incidere sul comportamento alimentare e sull’attività sessuale del paziente. Tale supporto, nella fase dell’accettazione, che può essere individuale o di gruppo, permette al paziente di raggiungere l’autogestione della patologia. Gli obiettivi del paziente sono, oltre all’autoconsapevolezza e all’accettazione della patologia, la reattività ad essa e un nuovo stile di vita. La famiglia svolge un ruolo importante per aiutare il paziente a comprendere il suo stato di salute, e regolare il suo comportamento alimentare.

In generale, è fondamentale focalizzarsi sulle aspettative e le percezioni del paziente per non far fallire gli obiettivi terapeutici. Il diabete mellito agisce significativamente anche sulla qualità di vita, soprattutto quella femminile. Importanti sono anche gli aspetti psicosociali nel momento in cui il paziente deve modificare il suo stile di vita. L’intervento psicologico, per il raggiungimento del benessere nel paziente diabetico, deve dirigersi nel dotare il paziente di un efficace coping adattivo, al fine di fargli considerare la patologia non come una minaccia ma come un problema riguardante il suo stato di salute.

 

Breve introduzione sul fenomeno

La consapevolezza permette al paziente, affetto da una malattia cronica come il diabete mellito (DM), di evitare la possibile insorgenza di complicanze alla patologia stessa, sia dal punto di vista clinico-organico e sia dal punto di vista della dimensione psicologica e sociale, migliorandone significativamente la propria qualità di vita. Le complicanze dal punto di vista clinico-organico fanno riferimento alla sintomatologia propria della patologia, che va a scontrarsi con lo svolgersi delle attività quotidiane del paziente (come per esempio: retinopatia, neuropatia e patologie cardio-cerebrovascolari), e in ambito maschile una complicanza non sufficientemente indagata in medicina quale è la disfunzione erettile. A livello psicologico ci si trova di fronte all’insorgenza di ansia, depressione e problematiche nell’ambito delle funzioni cognitive. Invece, il livello sociale, anch’esso da tenere in considerazione, concerne l’insieme delle interazioni che il paziente ha con il mondo circostante, ricomprendendo anche il mondo famigliare e sociale nel suo svolgersi quotidiano.

Quindi, non può non assumere grande importanza l’adesione (compliance), o aderenza, del paziente al percorso terapeutico da affrontare, e in particolare alle regole igienico-alimentari e mediche, così come avviene per altri percorsi di cura, e che perdurerà per tutto l’arco della sua vita (Sabatè, 2003).

In generale, si può dire che per l’OMS l’adesione alla terapia diabetologica da parte del paziente significa il suo essere in grado di porre in atto correttamente e persistentemente le diverse prescrizioni a lui assegnate. Ciò vuol dire che questo paziente deve seguire una precisa scansione temporale nell’assumere i farmaci, osservare e applicare nuovi stili di vita quotidiana. Più specificatamente, tale adesione racchiude in sé un comportamento positivo nei confronti delle indicazioni assegnategli dall’equipe diabetologica.

In tal modo, l’adesione alla terapia permette di controllare la patologia e, allo stesso tempo, impedisce che ci possa essere una recrudescenza della stessa potendo determinare progressivamente un insieme di complicanze di cui sopra. Esse possono insorgere senza manifestarsi in alcun modo, se non quando ormai si sono esplicitate. Inoltre, non aderire alla terapia può determinare ricadute altrettanto negative nell’ambito propriamente del controllo della patologia, anche se non visibili nel momento in cui si concretizzano (Miselli, 2011).

 

La terapia del paziente diabetico

Vi sono fattori specifici che impediscono al paziente di aderire alla terapia e, per esempio assumono grande rilievo quelli di origine psicologica dovuti in massima parte a preoccupazioni relative al proprio stato fisico e alle sue aspettative di vita. Queste problematiche psicologiche, che non devono essere in alcun modo sottovalutate, o non considerate nel loro giusto valore, possono cagionare successivamente importanti stati depressivi. Infatti, vi sono studi che hanno potuto porre in evidenza il fatto che fin quasi il 30% di pazienti con diabete mellito, di tipo 1 e di tipo 2, mostrano una sintomatologia riconducibile senz’altro al disturbo depressivo (v. Barnard et al., 2006). Poi, la stessa gestione del suo benessere e della patologia insorta può determinare nell’individuo uno stato ansiogeno permanente.

Qui, l’opera supportiva dello psicologo, come vedremo, può contribuire inequivocabilmente a consolidare in tale paziente il suo essere in grado di capire appieno qual è la sua situazione clinica, permettendogli innanzitutto di accettarla e conseguentemente di accettarne la convivenza con essa. Inoltre, possiamo dire che un approccio supportivo reale si caratterizza in tuta la sua efficacia quando si viene a stabilire tra il paziente e lo psicologo l’alleanza terapeutica (Beghelli et al., 2015). La necessità ineludibile di stabilire e consolidare nel tempo tale relazione deve verificarsi non solo con il paziente, ma anche con la sua stessa famiglia, e in generale con tutte quelle persone, quali i componenti dell’equipe diabetologica, che vi stanno necessariamente accanto.

Inoltre, le Linee Guida sia nazionali che internazionali concepiscono il trattamento psicologico e/o psicoterapeutico come naturali cure della patologia diabetologica, il cui scopo è quello di promuovere non solo il benessere psichico del paziente, ma anche favorire in tal modo il controllo del livello glicemico (v. AMD-SID – Standard Italiani per la cura del diabete mellito, 2014; Standards of Medical Care in Diabetes, 2015; Fisher et al., 2005).

Qui si devono escludere necessariamente quei pazienti affetti da rilevanti problematiche di origine psichiatrica.

Non perdere la seconda parte

 

Scritto da Roberto Martino, dottore in Psicologia applicata, clinica e della salute.

 

Riferimenti bibliografici 

Associazione Medici Diabetologi (AMD) – Società Italiana di Diabetologia (SID) (2014). Standard Italiani per la cura del diabete mellito, pp. 118-119.

American Diabetes Association (2006). Hypoglycemia and Employment/Licensure. Diabetes Care; 29:S67.

Bandura, A. (2000) Autoefficacia. Teoria e applicazioni. Trento, Erickson.

Barnard, K.D., Skinner, T.C., Peveler, R. (2006) The Prevalence of Co-Morbid Depression in Adults with Type 1 Diabetes: Systematic Literature Review, Diabet Med., 23(4):445-448  DOI: 10.1111/j.1464-5491.2006.01814.x

Beghelli, A., Ferraresi, A.M., Manfredini, M. (2015) Educazione terapeutica: Metodologia e applicazioni, Roma, Carocci.

Baudeceau, B., Bourdel-Marchasson, I., Brocher, P., Taillia, H. (2005). The brain of the elderly diabetic patient. Diabetes Meb, Dec; 31 Spec N° 2:5S92-5S97.  DOI: DM-12-2005-31-HS2-1262-3636-101019-200509661

Ciechanowski, P.S., Katon, W.J., Russo, J.E., Walker, E.A. (2001). The patient-provider relationship: attachment theory and adherence to treatment in diabetes. Am J Psychiatry, Jan; 158(1): 29-35.  DOI: 10.1176/appi.ajp.158.1.29

Emiliani, F. (1995). Processi di crescita tra protezione e rischio, in P. Di Blasio (ed), Contesti relazionali e processi di sviluppo, Milano; Cortina.

Fazekas, C., Semlitsch, B., Pieringer, W. (2003). Empowerment in diabetes mellitus: theory and practice. Wien Med Wochenschr, 153(21-22):459-63.

Fisher, E.B., Brownson, C.A., O’Toole, M.L., Shetty, G., Anwuri, W., Glasgow, R.E. (2005). Ecological approaches to self management: the case of diabetes. Am J Public Health. Sep; 95(9):1523-35.  DOI: 10.2105/AJPH.2005.066084