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Sempre più multiculturalità

La società contemporanea è sempre più caratterizzata dall’elemento della multiculturalità grazie al consolidamento, e alla normalizzazione, del fenomeno dell’immigrazione. Le relazioni sociali odierne divengono così un incontro tra differenti culture al quale non possiamo sottrarci ma, anzi, diviene necessario porsi in un atteggiamento di dialogo aperto. In questo contesto si cala anche lo psicologo che, nell’incontro con l’altro-diverso-da-me, non può prescindere dalle appartenenze sociali, culturali, storico-politiche di questo. Per rispondere a questa necessità, sostenendo così la professione psicologica, nel 2017 l’American Psychological Association (APA) ha pubblicato le Linee guida multiculturali: un approccio ecologico al contesto, identità e intersezionalità. Questo documento ha lo scopo di diffondere il pensiero che la competenza multiculturale è fondamentale in tutti gli ambiti applicativi della psicologia. Nella ricerca, nella consulenza e nell’istruzione, è necessario avere sempre ben presente con quale identità e background culturale ci si stia confrontando poiché queste attribuiscono significati alla narrazione del singolo, o sistema, permettendoci di accoglierlo nella sua totalità.

Nella pratica clinica, un possibile approccio che abbia come finalità quella di avvicinarsi alla comprensione della storia dell’individuo e del sistema accogliendone gli aspetti di multiculturalità è quello narrativo. Non è funzionale pensare di poter intraprendere un percorso psicologico senza conoscere primariamente la storia di migrazione dei soggetti in questione. Come sostiene Di Nicola (2004, p.42) “le storie che raccontiamo ricuciono le nostre identità”; identità che non sono rigide ma in transito; identità che hanno necessità di essere esplorate prima ancora di formulare una domanda di aiuto; identità che hanno bisogno di entrare in relazione senza essere tradotte o ri-definite. A questo proposito Telfener e Ancora (2000) ci ricordano l’importanza della disponibilità alla contaminazione propria dell’incontro in un contesto multiculturale. Legittimare l’esistenza contestuale di più culture all’interno dello stesso setting ne promuove la condivisione in un’atmosfera di accettazione e ascolto e normalizza la storia della migrazione.

 

Linee guida multiculturali: un approccio ecologico al contesto, identità e intersezionalità

Le Linee guida dell’APA (2017) offrono l’opportunità di approcciarsi ad una più ampia comprensione della diversità riconoscendo la policromia insita nella natura dei singoli individui e delle loro comunità. L’atteggiamento dello psicologo viene riassunto in questi dieci punti:

  • riconoscere e comprendere che l’identità e la definizione di sé sono fluide e complesse e che l’interazione tra i due è dinamica;
  • riconoscere che il proprio background culturale, i propri atteggiamenti, valori e credenze possono influenzare le proprie percezioni e gli scambi relazionali con l’altro. Lo sforzo, allora, sarà quello di andare oltre le rigide concettualizzazioni categoriche, i pregiudizi, e le formulazioni che si fondano su conoscenze limitate di individui e comunità;
  • riconoscere il ruolo del linguaggio e della comunicazione entrando dentro alle narrazioni portate dal singolo o dal sistema con il quale si interagisce. Un’attenzione particolare va posta anche al modo in cui lo stesso psicologo fa uso del proprio linguaggio e della propria modalità comunicativa in questi contesti di multiculturalità;
  • riconoscere l’importanza e il ruolo del contesto fisico-sociale all’interno del quale l’individuo o il sistema sono inseriti;
  • promuovere la giustizia, i diritti umani e l’accesso, senza disparità, ad un servizio di salute mentale di qualità e, contestualmente, abbattere le barriere che creano disuguaglianze;
  • promuovere interventi di prevenzione, la presa in carico precoce e il recupero;
  • porre attenzione alla comunità scientifica e alle pratiche della professione sia a livello nazionale che internazionale, e come queste impattano sulla definizione di sé, sullo scopo, sul ruolo e sulla funzione dello psicologo;
  • essere consapevoli che le fasi di sviluppo e le transizioni di vita di ciascun individuo o sistema si intersecano con il più ampio contesto bio-socio-culturale all’interno del quale sono inseriti. Contestualmente, essere consapevoli che l’identità si evolve in funzione di tali intersezioni e che queste diverse esperienze di socializzazione e maturazione influenzano la visione del mondo e la propria identità;
  • condurre ricerche, formazione, supervisione, consulenza, diagnosi e valutazioni che tengano conto della cultura con la quale ci si sta confrontando;
  • adottare un approccio basato sulla promozione della resilienza e della riduzione delle situazioni traumatiche all’interno del contesto socioculturale proprio di individui, famiglie, gruppi, comunità e organizzazioni con le quale ci si confronta.

 

Terapia narrativa come dialogo nella multiculturalità

Nel contesto italiano, fino a poco tempo fa (e ancora si fatica a pensare diversamente), le differenze culturali venivano associate ad un fantomatico “altro-lontano-da-me”; uno step successivo è stato quello di imputarle ad un oggetto-altro che, avendo lasciato i propri luoghi di origine, si era avvicinato a me. La situazione attuale, invece, ci richiede il confronto non più con un oggetto sconosciuto e lontano ma con un soggetto diverso da me, vicino a me e che dialoga con me: ad oggi, ciascuno di noi può considerarsi “altro” in relazione all’altro. Uno stile terapeutico funzionale ad abbracciare la presenza di una cultura-altra dovrebbe basarsi su un approccio dialettico in cui sia presente sia la curiosità verso ciò che non è conosciuto sia una conoscenza parziale delle caratteristiche culturali con le quali ci si sta confrontando. Contestualmente, uno stile che intrecci delicatamente la cultura di origine dell’individuo o sistema con il quale ci stiamo confrontando permette al terapeuta di sostenere tale cultura e di normalizzare quella che è la storia di immigrazione (Ellenwood, Brok, & Cornish, 2004). Un concetto interessante è quello di “terza cultura” (Andolfi, Ellenwood, & Wendt, 1993) ossia, una cultura che nasce dall’incontro e dal dialogo tra il background della famiglia o individuo immigrati e quello del terapeuta all’interno di un setting multiculturale condiviso.

Come dicevo inizialmente, elemento cruciale in un contesto terapeutico, a maggior ragione se multiculturale, è la conoscenza della storia dei soggetti e, in questo caso, la storia di immigrazione. Questo approccio, sotto forma di intervista, serve a raccogliere varie informazioni rispetto: alla situazione vissuta nel proprio paese di origine prima della migrazione; alle modalità decisionali relative alla partenza; alle difficoltà relative all’arrivo nel nuovo paese imputabili anche al viaggio vero e proprio; alla conservazione o meno dei vari aspetti della propria cultura di origine; al vissuto rispetto alla perdita degli affetti, di una rete sociale, di vari rituali quotidiani. Contestualmente, verranno raccolte anche le narrazioni future, quelle riguardanti speranze e sogni per un ritorno al proprio paese natale e quelle che erano le aspettative. Il lavoro terapeutico da privilegiare sarà quello che, inserito nel contesto valoriale, tradizionale e culturale del soggetto o famiglia immigrati, avrà come obiettivo ultimo la promozione delle risorse di questi e di narrazioni alternative che permettano di risolvere le situazioni problematiche e sfavorevoli da una prospettiva più funzionale.

È chiaro che, prima ancora di raccogliere queste delicate informazioni sulla storia di immigrazione, il terapeuta dovrà creare un ambiente caldo e accogliente che rassicuri l’individuo o la famiglia rispetto alla confidenzialità dei contenuti che verranno condivisi. Successivamente, questo clima verrà mantenuto grazie all’utilizzo di strumenti mediatori che possano permettere ai soggetti di esprimersi sentendosi a proprio agio: foto di famiglia, video, genogrammi, oggetti con significati profondi, condivisione di rituali quotidiani. Questi strumenti concreti hanno la capacità di creare una connessione tra passato e presente e, essendo ben riconoscibili da chi ne fa uso, consentono di rievocare esperienze significative. In una situazione simile il terapeuta dovrà essere capace di mettersi in gioco nel lasciarsi contaminare dall’altro-diverso-da-me; dovrà, come suggerisce Ancora (2010): scendere un po’ dal piedistallo di una visione del mondo nota ed andare, in compagnia di un pensiero flessibile e mobile, a conoscere/costruire realtà inter-soggettive (ossia sociali e culturali). Questo vuol dire che si può portare al di fuori del luogo “classico” deputato alla terapia, per ritrovarsi in un “altrove, in compagnia di un altrui” (p.46).

 

 Scritto da Michela Magnanelli, psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale. Da anni si occupa di sostegno, educazione e formazione con bambini e adolescenti con disabilità nel contesto scolastico e all’interno di gruppi educativi

 

Riferimenti bibliografici

American Psychological Association (2017), Multicultural Guidelines: An Ecological Approach to Context, Identity, and Intersectionality. Retrieved from: http://www.apa.org/about/policy/multicultural-guidelines.pdf

Ancora, A., (2010), Famiglie migranti e terapeuti stanziali. Rivista di Psicoterapia Relazionale, 31, 43-54.

Andolfi, M., (Ed.)(2004), Famiglie immigrate e terapia transculturale, Milano: Franco Angeli.

Andolfi, M., Ellenwood, A., & Wendt, R., (1993), The creation of a fourth planet: Beginning therapists and supervisors inducing change in families. The American Journal of Family Therapy, 21 (4), 301-312.

Di Nicola, V., (2004), Famiglie sulla soglia. Città invisibili, identità invisibili. In Andolfi M., (Ed.)(2004), Famiglie immigrate e terapia transculturale, Milano: Franco Angeli.
Ellenwood, A., Brok, L., & Cornish, I., (2004), Ampliare i confini culturali del terapeuta: L’impatto dell’immigrazione sul processo terapeutico. In Andolfi M., (Ed.)(2004), Famiglie immigrate e terapia transculturale, Milano: Franco Angeli.

Telfener, U., & Ancora, A., (2000), La consulenza con i migranti: Alcune riflessioni sul lavoro clinico. Psicobiettivo, 1, 41-57.