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Omicidio in famiglia

In ambito familiare sono sempre più numerosi i casi di omicidio causati dalle più svariate motivazioni. Fra quelle più comuni vediamo l’omicidio dovuto a problematiche relazionali, il parenticidio, l’infanticidio, il familicidio o Mass murder familiare. Gli omicidi in famiglia vengono classificati in base al tipo di rapporto che c’è tra il carnefice e la sua vittima. Voglio soffermarmi su una particolare tipologia di omicidio, quello che avviene nella coppia. La violenza domestica è un fenomeno molto diffuso. Negli Stati Uniti il numero di vittime di violenza domestica supera addirittura quello delle vittime di incidenti stradali, violenze sessuali e  piccola criminalità. In Italia il fenomeno è diffuso più o meno allo stesso modo. Un omicidio su cinque risulta dovuto da violenze domestiche. Vi è stato inoltre un incremento dei figlicidi.

Nel 40% dei casi la violenza domestica viene subita dalla donna e messa in atto dal partner o dal convivente della vittima. Uno  dei fattori  capaci di influire sulla violenza domestica è l’area geografica. Il 33% di omicidi domestici sul totale avviene infatti al Nord Italia, con percentuali più alte in Lombardia Liguria e Toscana, mentre il 17,5% avviene al Centro ed il restante al Sud. (A. V.1997). Le motivazioni per le quali si assassina il coniuge ruotano soprattutto sulla natura passionale del rapporto di coppia. Gli esempi più eclatanti sono quelli di gelosia patologica che sfocia in violenze varie fino ad arrivare a omicidio. Vi sono anche casi in cui il persecutore soffre di disturbi psichici. Altre motivazioni sono legate ad interesse o denaro.

 

Violenze sugli uomini

Sebbene il 70% delle violenze domestiche, delle lesioni, degli stupri e degli omicidi sia compiuto da coniugi di sesso maschile su partner di sesso femminile esistono anche casi di donne che uccidono i mariti. Nella maggior parte dei casi quando una donna commette l’omicidio del coniuge è stata a sua volta brutalizzata e abusata sistematicamente per anni. Di solito queste donne commettono un omicidio a seguito di una lite furiosa. Sono solite non uscire ed essere completamente isolate dal loro contesto sia familiare che sociale. Il tipo di vita che sono state costrette a cucirsi addosso le ha infatti condotte alla fine alla strumentalizzazione dello stesso al fine di liberarsi del marito o compagno.

A seguito di anni vissuti all’interno di una relazione abusante e agorafobica nei confronti del resto del mondo queste donne sperimentano una rabbia che esplode in furia, conducendole all’omicidio. Queste donne infatti avendo subito per anni abusi da parte del sesso maschile creano nella loro mente una distorsione cognitiva secondo la quale il mondo è dominato dal maschile. Queste donne sono spesso vittime della Sindrome della donna maltrattata o Sindrome di Procne.

I principali sintomi di questa sindrome sono l’accondiscendenza da parte della vittima, il progressivo isolamento da familiari, amici e parenti, segni fisici evidenti di un maltrattamento subito, tendenza da parte della vittima a proteggere il suo aggressore ed incapacità di porre la dovuta attenzione alle questioni giornaliere.

 

La famiglia che insegna… i segni premonitori

Tutti noi sappiamo quanto i sistemi familiari disfunzionali possano influenzare negativamente la crescita personale. Ovviamente la famiglia non è l’unico fattore che influenza lo sviluppo e il benessere di una persona. Tuttavia è sicuramente quello che determina un fondamentale punto di partenza ed il primo incontro con il sociale. La famiglia costituisce infatti il primo macrocosmo dell’individuo, il suo porto sicuro, quel luogo in cui può tornare quando tutto il resto non funziona.

Browne (1987) asserisce che la maggior parte delle donne che uccidono i propri coniugi, prima di aver subito violenza dagli stessi fossero state costrette a vivere lo stesso trattamento anche in famiglia. Questa sorta di insegnamento che viene loro tramandato conferma le credenze sull’impossibilità di tirarsi fuori da tale meccanismo.

Esistono dei segni premonitori che descrivono un rapporto che finirà male. Quando la donna riporta ferite molto gravi, quando la donna subisce ripetutamente abusi fisici, psicologici e sessuali. Se la donna riferisce di volersi suicidare o se l’uomo minaccia la donna di ucciderla. Come si può evincere, nonostante la donna possa arrivare a uccidere il coniuge violento, l’omicidio all’interno della coppia sembra essere strettamente un reato di genere. Infatti anche qualora fosse la donna ad uccidere l’uomo le motivazioni nella maggior parte dei casi sono connesse ad una rivendicazione da parte della vittima, meccanismo simile alle rapporto fra bullo e vittima.

L’unico modo per bloccare la violenza consiste nello spezzare il ciclo a partire dalla consapevolezza che ciò che si subisce non è ciò che si merita.

 

Riferimenti bibliografici

A.V. (1997).  Vivere per uccidere. Anatomia di un serial killer, Calusca Edizioni, Padova.

Gulotta. (1983). Famiglia e violenza. Aspetti psico-sociali, Giuffrè, Milano.

Strano.(2003). Manuale di criminologia clinica,  SEE  Firenze.

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.