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I giovani come prodotto finale della morte della speranza

Dio prima, la scienza dopo, non danno più speranza. Disuguaglianze sociali, inquinamento, violenza, crisi economica, continuano a gettare ombre oscure sul futuro. Con la morte della speranza, il presente è vissuto senza desiderio. Per i giovani è meglio stare bene e gratificarsi nell’immediato, senza progettare e vivere ogni giorno con questa priorità. La libido narcisistica tipica dell’adolescenza, dove s’investe solo su di sé, non si trasforma in libido oggettuale, ossia investire sugli altri e sul mondo. E il rischio è quello che induce i giovani a studiare solo per motivazioni utlilitaristiche, pensare solo alla sopravvivenza.

Genitori e professori si trovano incapaci di affrontare l’indolenza dei propri figli e alunni, i quali si stordiscono di musica, droga, videogiochi. Gli adulti di riferimento, devono giustificare le proprie scelte, nei confronti dei giovani, per convincerli dell’utilità delle decisioni prese per il loro bene. Un futuro minaccioso non permette promesse, e gli adulti si trovano a trattare i giovani con un rapporto egualitario. Questo livellamento significa non contenere più l’adolescente, non lo si educa, ma viene semplicemente accompagnato nel percorso di crescita, lasciandolo in balia delle proprie pulsioni.

Il conflitto edipico

Il conflitto edipico non avviene più in famiglia, dove il ruolo del padre è stato compromesso e quindi l’uccisione della sua autorità (passaggio simbolico chiave, per la crescita del giovane) non può avvenire. La ricerca del proprio Edipo, i giovani la effettuano fuori del contesto familiare. Per esempio, esprimendo i limiti della propria potenza, scatenando una rissa allo stadio per contrastare l’Autorità rappresentata dalla polizia. Una reazione a catena, dove autostima, identità e riconoscimento dell’altro crescono confuse, senza la giusta direzione.

Umberto Galimberti accusa la scuola, ritenendola incapace di formare i giovani, con insegnanti demotivati e impreparati alle nuove sfide educative e, in molti casi, inconsapevoli dei profondi cambiamenti avvenuti. A questo si aggiunge l’oggettivazione della soggettività, dove il medico vede i pazienti come semplici organismi, i datori di lavoro a considerare gli uomini solo in base al criterio dell’efficienza, dando significato alla loro identità solo nell’efficacia della prestazione, e i professori giudicano gli studenti solo in base al profitto. E i giovani crescono in un mondo basato su questo criterio. Un criterio basato sulla quantità e il calcolo, territorio dove le emozioni, la creatività, i desideri, i dolori e i piaceri non trovano spazio, poiché non calcolabili. Il saggio di Galimberti scandaglia molti altri aspetti che caratterizzano la crescita di un giovane tra cui l’educazione emotiva. Spiega come, nell’era d’internet e dei reality show, l’intimità sia diventata pubblica. Una spettacolarizzazione dei sentimenti più profondi, che rende ancora più uniformi gli individui, essendo crollate le pareti che distinguono l’interiorità dall’esteriorità.

L’utilizzo della droga

È analizzato il fenomeno della droga, la sua mutazione nell’utilizzo, legata al vuoto emotivo che il nichilismo sta coltivando nei giovani. Le tipologie degli stupefacenti sono aumentate, grazie alle droghe sintetiche, e questo permette una varietà di “sballi” e Galimberti analizza le più usate. Dopo le droghe sono chiamati in causa i gesti estremi (omicidio e suicidio), le violenze eseguite in gruppo. Un quadro desolante, non lo si può negare, leggendo il libro del filosofo non si intravede un futuro roseo, tanto per rimanere nella dimensione nichilista. A pagina 127 Umberto Galimberti scrive: “I loro progetti hanno il respiro di un giorno, l’interesse la durata di un’emozione, il gesto non diventa stile di vita e l’azione si esaurisce nel gesto. La passione imprecisa non sa se aver legami con il cuore o con il sesso e non riesce a decidere con chi dei due entrare in intensa relazione”.

L’etica del viandante

Umberto Galimberti fa un’analisi spietata sulla condizione dei giovani del nostro tempo. Il nichilismo si è sviluppato nella sua forma più odiosa, un vuoto emotivo accompagna le azioni quotidiane dei ragazzi. Gli adulti di riferimento, sono a loro volta vittime dell’ospite inquietante. Anche se più consciamente, e alleggerito dagli strascichi di una visione verso il futuro più ottimistica, retaggio di un’educazione ricevuta da adulti meno smarriti degli attuali. Un circolo vizioso che si è venuto ad innescare in maniera più evidente in queste ultime generazioni, con i cosiddetti nativi digitali. Ma le radici affondano nel secolo scorso e oltre.

Un percorso iniziato con la “Morte di Dio”, per dirla con le parole di Nietzsche. Un quadro desolante di cui, però, conosciamo le cause e i sintomi in tutti i risvolti della vita privata e sociale. Per tentare di contrapporsi a questo nemico Galimberti ci dice di fare propria un’etica diversa, quella del viandante. Il viandante, che scorre lungo il fiume della vita, con un approccio attivo verso le cose che gli accadono. Smettere di essere solo dei semplici spettatori, e trovare il senso in quello che facciamo, per piccolo che possa essere, rintracciarlo e plasmarsi su di esso, in modo da poter decidere se ha più valore scalarla o aggirarla, la montagna che si para dinnanzi al nostro percorso di vita. Il viaggio stesso diventa una meta da perseguire.

I giovani cercano dei punti di riferimento, anche se a livello inconscio, e se trovassimo il giusto registro comunicativo, potremmo raccontare loro quello che sta accadendo, renderli consapevoli di subire un mutamento epocale sulla propria pelle, e sarebbe già un primo grande passo. Loro si fermeranno ad ascoltare, senza avvertire il bisogno di una ricompensa, senza la necessità di sentirsi alla pari con chi è in grado di poter donare loro una meta. Riuscire a fargli capire che la vita ha bisogno di Senso, e non può essere consumata passivamente giorno per giorno. Avvertiranno che non gli si stanno rifilando delle frottole. Ma per riuscire a fare questo, gli adulti dovranno prima ritrovare le loro mete, ridare un senso al proprio agire, cacciare l’ospite inquietante dalle loro case.

 

 

Riferimenti bibliografici

Galimberti, U. (2007), L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani. RM: Feltrinelli.