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Sand therapy a scuola per bambini iperattivi

Secondo quanto riportato da un articolo ANSA, le scuole tedesche chiedono sempre più ai bambini iperattivi di indossare pesanti giubbotti di sabbia. Una sorta di “armatura” che avrebbe un effetto calmante. Il giubbotto potrebbe essere una forma di terapia più dolce rispetto all’uso del farmaco. L’idea ha catturato l’immaginazione delle persone. E ha sollevato critiche sia nel mondo degli esperti che nelle famiglie. Da qualche parte ne è stato accettato l’utilizzo ritenendolo funzionale. Il giubbotto tipico della Sand therapy avrebbe un’influenza positiva sul bambino, migliorerebbe la percezione di sé e l’autocontrollo. In più gli darebbe la sensazione di un abbraccio. Da altre, il giubbotto “compressore” della Sand therapy, paragonato alla camicia di forza usata per costringere i pazienti violenti negli ospedali psichiatrici, è stato fortemente respinto. Eticamente discutibile, potrebbe avere un effetto stigmatizzante rendendo il bambino più vulnerabile. Soprattutto, molti psichiatri sono scettici sul suo uso perché non se ne conosce l’effetto a lungo termine.

La gestione dell’iperattività

Il gilet di sabbia della Sand therapy riduce i comportamenti inadeguati dei bambini iperattivi. Questo è l’effetto immediato e limitato al suo utilizzo e certamente non è l’unico obiettivo dell’intervento terapeutico. Il bambino con ADHD perde la volontà di seguire gli impegni di crescita e non mostra interesse per la scuola, per lo sport e per l’educazione sociale. Presenta una costante necessità di movimento, spesso limita la frequenza scolastica, non raggiunge adeguati risultati di apprendimento e si ritrova isolato come “ultimo della classe”, instaurando rapporti difficili con i compagni. La sindrome si caratterizza per la predominanza di sintomi di distrazione e disattenzione, che ostacolano l’apprendimento, di comportamenti di iperattività motoria che disturbano le attività scolastiche e di manifestazioni di impulsività che rendono problematiche le relazioni. L’ADHD ha dunque un impatto negativo sulle aree più importanti della vita del bambino. La finalità terapeutica della Sand therapy coincide con il miglioramento del benessere globale del bambino. Si tratta di migliorare le relazioni interpersonali, di accrescere le capacità di apprendimento scolastico, di aumentare l’autostima e l’autonomia.

Un approccio per il singolo

Un approccio personalizzato e multimodale può soddisfare le esigenze specifiche del singolo, delle sue risorse cognitive, e della sua situazione familiare e sociale. L’attenzione deve focalizzarsi sui problemi individuali del bambino. Non è pensabile che un unico trattamento sia valido per tutti. Questa scelta potrebbe risultare davvero rischiosa. L’approccio multimodale, che integra l’utilizzo dei farmaci con interventi psicosociali, ad oggi risulta il più accreditato. Sembra essere funzionale, non proprio risolutivo, a contrastare le molteplici manifestazioni del disturbo. Il farmaco agisce, infatti, sulle basi biologiche, mentre la formazione delle competenze educative nei genitori e negli insegnanti vanno ad incidere sull’ambiente.

Diverse sperimentazioni (dalla rassegna di Rapport, Chung, Shore e Isaac) confermano la validità e l’efficacia dei trattamenti multimodali e psico-educativi, poiché prevedono la partecipazione diretta del bambino ai setting terapeutici, ma utilizzano anche il contributo della famiglia e della scuola. I training contribuiscono a migliorare le risposte del bambino durante la terapia, ma non rendono possibile la generalizzazione delle competenze acquisite nell’ambiente di vita del bambino stesso. Da questo ne deriva l’importanza di predisporre un intervento su più situazioni di vita reale del bambino.

Esigenze educative speciali nella scuola

La particolarità del disturbo impone alla scuola un ripensamento dell’azione educativa, che deve prevedere un piano didattico personalizzato per offrire a ciascun bambino uno specifico stile cognitivo, delle modalità di apprendimento diverse e la possibilità di riconoscere le sue potenzialità. Le strategie didattiche devono incentivare le abilità cognitive, nel rispetto delle differenze individuali e avere la flessibilità nei metodi, nei tempi e negli strumenti per applicare il piano didattico allo specifico alunno.

Il sistema educativo italiano, pur essendo pienamente inclusivo non sembra produrre risultati significativi sui bambini con ADHD. In un contesto in cui i processi relazionali sono concepiti come fattori preventivi e terapeutici per le difficoltà di socializzazione, il bambino con ADHD, a differenza dei bambini con “bisogni diversi” dall’ADHD, fanno comunque esperienze di isolamento. Ciò significa che i processi relazionali che si formano in classe quando è presente un bambino con ADHD sono particolarmente problematici e richiedono un’attenzione speciale.

L’importanza di un contesto adeguato

Pertanto nella scuola, oltre alla maggiore cura prestata alla disposizione ambientale e agli interventi specifici sul gruppo classe e sul caso singolo, sarebbe auspicabile avere nuovi strumenti, che non siano sandwestenzavorra, e proposte didattiche più coinvolgenti per favorire maggiormente l’apprendimento, inibire i comportamenti disfunzionali del bambino con il disturbo e migliorare il clima relazionale dell’ambiente scolastico. La Sand therapy non può ergersi a un nuovo paradigma educativo. In ogni caso non si può dimenticare che ogni bambino viene specificato dalla sua unicità e irripetibilità e non può essere considerato in funzione della diagnosi e del disturbo. “Tutti i bambini con qualsiasi tipo di difficoltà e di inabilità, sono e rimangono prima di tutto e soprattutto bambini, con pensieri, sentimenti, speranze come qualsiasi altra persona, non identificabili o riducibili a disturbi o sindromi”.

Scritto da Giovanni Schiattarella, Dr. in Scienze e Tecniche Psicologiche per l’Analisi dei Processi Psichici nello Sviluppo e nella Salute

 

Riferimenti bibliografici

Marzocchi G.M., (2011). La presa in carico dei bambini con ADHD e DSA. Costruzione della rete tra clinici, genitori e insegnanti. Erickson, Trento.

Savarese G. (2009). p. 55. Iperattività e gestione delle emozioniedizione Franco Angeli, Milano.

Langher V. et al. (2010). ADHD and loneniness social dissatisfaction in inclusive school from a individual-context paradigm

Mattiuzzo T.e Vio C. La testa altrove: indagine sul disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Trento.