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Alla ricerca della felicità

L’ultima tendenza. Uno spietato invito a togliersi la vita. Oggetto di indagini da parte della polizia russa. Blue Whale è il nuovo “gioco” che ha provocato la morte di 130 adolescenti. Il Blue Whale, letteralmente balena blu, consiste nel partecipare ad una sfida dalla durata di 50 giorni durante i quali bisogna superare alcune prove.  Queste consistono in una progressiva desensibilizzazione del ragazzo che comporta un’incapacità di gestire sensazioni ed emozioni forti.

Il primo passo consiste nel guardare film horror per un giorno intero, il secondo nella privazione del sonno, svegliandosi ogni giorno alle 4:20 del mattino; il terzo passo chiede ai ragazzi di incidersi sul braccio la sagoma di una balena con un coltello, e cosi via sino alla richiesta più folle, lanciarsi dal palazzo più alto. Il “gioco” è stato lanciato da alcune piattaforme online in Russia e prende il nome di  “Blue whale game”. L’aspetto inquietante non riguarda solo il “gioco” di per sé ma la spaventosa facilità con il quale si è diffuso. Ha aperto le porte ad un nuovo e macabro scenario che mostra la più triste faccia degli adolescenti di questa epoca.

 

“Trova il palazzo più alto… e salta”

Togliersi la vita è diventato facile come indossare un abito costoso, una moda virtuale. Il macabro rituale continua a mietere vittime e a diffondersi come un virus fra i giovanissimi. Ci si chiede quali potrebbero essere la cause di questi suicidi immotivati e cosa possa spingere un adolescente a decidere di morire. Non ci sono risposte certe, tuttavia è possibile fare diverse ipotesi. Il bisogno di avere il controllo sulla propria esistenza e la contemporanea incapacità di autogestirsi possono rendere i ragazzi più vulnerabili, soprattutto in un momento critico come l’adolescenza. Il corpo cambia e anche la mente. Non ci sono barriere né fisiche né mentali che il ragazzo creda di non poter superare o al contrario desidera chiudersi nel suo silenzio e passare in osservato, incatenato a corde invisibili.

In entrambi i casi, seppur per motivazioni diverse, la sfida è sempre ben accetta e diventa un modo per riscattare sé stessi e vincere le proprie paure o per sentirsi grandi una volta per tutte. Nella nostra mente a volte crediamo di essere capaci di qualsiasi cosa ed ignoriamo i segnali del nostro corpo. Questo è lo stesso meccanismo che ci permette di incidere sulla nostra pelle una balena con un coltello o a decidere “volontariamente” di gettarci dal palazzo più alto che troviamo.

 

Mamma e papà lo sanno?

Durante l’adolescenza si vive una sorta di ambivalenza fisiologica che vede il ragazzo impegnato a trovare un posto nel mondo e contemporaneamente bisognoso di protezione e di ascolto. Le sue figure di riferimento non sempre sono i genitori, anzi spesso sono coloro i quali conoscono di meno i pensieri e i problemi del figlio. Questo purtroppo accade, non certo per negligenza ma unicamente perché l’adolescente sente che solo attraverso un minimo di distacco, che non implica freddezza emotiva, potrà sentirsi grande e forte.

Questa forma di masochismo che si auto impone ci porta al punto di partenza. Mi prendo gioco del destino quando accetto la sfida, quando mi allontano da mamma e papà, quando uso droghe per sentirmi forte, quando mi scatto un selfie sui binari di un treno, quando schernisco qualcuno e pubblico la sua umiliazione sui social.

Se tutti accettano la mia stessa sfida allora mi sentirò uno di loro. Saremo il gruppo della blue whale game, la nuova generazione che andrebbe ascoltata di più, non giudicata.

Riferimenti bibliografici 

Di Agostino, C.  (2016). Autolesionismo. Quando la pelle è colpevole. Bios Psichè.

Ricci, C. (2008). Hikikomori: adolescenti in volontaria reclusione. franco Angeli.

Siegel, D. J. (2014). La mente adolescente. Cortina Raffaello.

 

 

 

Valeria Saladino - Fondatore di Psicotypo

Psicologo clinico, psicoterapia ad approccio breve strategico, specializzato in scienze criminologiche, forensi e psicologia giuridica. Fondatore e Presidente di “Psicotypo Associazione per l’Informazione e l’Aggiornamento in Psicologia”. Dottore di ricerca e psicologo esperto ex articolo 80 presso la Casa Circondariale di Cassino. Studiosa della psicologia della devianza, in particolare del fenomeno dell’istituzionalizzazione e delle dinamiche psicologiche che costituiscono quest’ultimo, ha partecipato e coordinato interventi di valutazione e trattamento all’interno degli Istituti Penitenziari. Si è occupata inoltre di nuove dipendenze, gestendo il Behavioral Addictions Research Team, Centro di ricerca sulle dipendenze comportamentali. Oltre alla ricerca svolge attività di tutoring e consulenza per chi è interessato al settore della ricerca e alla costruzione di elaborati di tesi a carattere sperimentale.