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Definizione e diagnosi

Secondo il DSM-V, i disturbi dell’apprendimento sono un’alterazione di una particolare funzione che interessa uno o più domini specifici.

In particolare, i DSA comprendono:

  • Dislessia
  • Disortografia
  • Disgrafia
  • Discalculia

La dislessia è classificato come il disturbo specifico di lettura ed è caratterizzato per la difficoltà a leggere accuratamente e fluentemente un testo con velocità e correttezza.

La disortografia è un disturbo specifico di scrittura che non rispetta regole di trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto. Consiste nella difficoltà di scrivere in modo corretto.

La disgrafia è un disturbo specifico della scrittura nella riproduzione di segni alfabetici e numerici.

La discalculia è il disturbo di manipolare i numeri, di eseguire i calcoli a mente, e di compiere alcuni compiti aritmetici.

 

Lo psicologo nella diagnosi di DSA

A proposito di ciò, nel mese di luglio del 2012 è stato redatto un documento dal titolo “Indicazioni per le diagnosi e la certificazione diagnostica dei DSA”.

Il documento prevede che per formulare la diagnosi e procedere poi ad una consulenza è necessario un approccio interdisciplinare – fuori dall’ambiente scolastico – ad opera di neuropsichiatra infantile, psicologo e logopedista. Gli psicologi, in particolar modo, hanno un ruolo principale sia in ambito riabilitativo che diagnostico e consulenziale.

La diagnosi in un bambino con DSA procede per gradi. In un primo momento bisogna valutare il funzionamento cognitivo del bambino attraverso un test standardizzato come WISC-IV. Ovviamente, test di questo tipo necessitano di uno psicologo competente il quale sia in grado di fare una valutazione psicometrica e attendibile dell’intelligenza del bambino, correlata a stati emotivi e socio-relazionali.

In un secondo momento si valutano le competenze di base del bambino acquisite fino a quel momento come la lettura, la scrittura, la comprensione di un testo, il calcolo scritto e matematico.

Per valutare questi campi specifici devono essere utilizzati altri tipi di test standardizzati come le prove DDE-2, le quali valutano i campi della lettura e della scrittura, e i test BDE, che valutano l’abilità di calcolo e le abilità numeriche. Infine, il processo diagnostico si conclude valutando, insieme agli altri colleghi, i risultati ed i campi in cui bisogna intervenire in maniera mirata.

 

Lo psicologo nel trattamento dei DSA

Lo psicologo, nel corso del trattamento di accompagnamento allo studio, aiuta lo studente ad utilizzare strategie di apprendimento utili al bambino per facilitarlo nell’ambiente scolastico.

Alcune strategie utili possono essere:

  1. Schemi e disegni come supporti visivi
  2. Rappresentare schematicamente il contenuto del testo
  3. Utilizzare immagini e mappe
  4. Strumenti compensativi

La figura dello psicologo che realizza interventi di riabilitazione dell’apprendimento del bambino è poco diffusa e conosciuta. Essa nasce da una particolare esigenza delle famiglie, le quali – per questioni economiche o di tempistica – non riescono sempre ad affidarsi a strutture per usufruire di un percorso di intervento per bambini con DSA.

Nel caso in cui sia possibile trovare un giusto accordo con la famiglia per intervenire a domicilio, la riabilitazione per bambini con DSA ad opera di uno psicologo è un’occasione per seguire una terapia efficace e mirata, sia dal punto di vista scolastico ma soprattutto dal punto di vista emotivo dello studente.

Fondamentale è la gestione, da parte dello psicologo, dell’ambiente familiare e delle relazioni sia con la famiglia che con il bambino: lo psicologo riesce, in maniera più semplice e quasi automatica, a comprendere il sistema della relazione familiare e quali sono i punti salienti su cui intervenire.

Molto importanti sono:

  1. L’ambiente fisico in cui avviene il potenziamento del bambino: il bambino necessita di “sentirsi a casa”; ha bisogno di un ambiente familiare in cui deve sentirsi al sicuro e libero di esprimersi, evitando ambienti sconosciuti che possano farlo sentire a disagio o osservato. È molto importante che psicologo e bambino instaurino un rapporto professionale ma soprattutto amichevole, basato sulla fiducia e sul rispetto dei bisogni reciproci. Può capitare che il bambino, durante le sedute, abbia bisogno di ritrovare il contatto col genitore per rassicurarlo che, anche se c’è una persona estranea alla famiglia, la mamma ed il papà sono comunque lì vicino a lui.
  2. Trattamento e durata: il percorso del potenziamento deve essere inserito in orari e giorni specifici che non intralcino le attività familiari ed individuali del bambino. In particolare, queste non devono essere in alcun modo sostituite ad attività di svago del bambino come sport o hobby praticati.

 

Il primo incontro e la relazione con il bambino

Ciò di cui bisogna essere consapevoli sin dal primo incontro è che non si può aiutare nessuno, in particolare un bambino, se con questi non ci si instaura dall’inizio una relazione affettiva.

È importante basare il rapporto sulla fiducia e trasmettere al bambino che egli si può fidare di noi, che può lasciarci liberi di muoverci nell’ambiente che ci circonda senza destare in lui sospetti.

Lavorando in questo modo, in un sistema di scambi reciproci e di sintonia con le emozioni del bambino, si creano le basi per dar vita ad una relazione sicura tra psicologo e bambino, il quale è esortato ad esplorare e stimolare le sue abilità cognitive ed emotive.

 

Il primo obiettivo dell’incontro è quello di costruire una sicurezza emotiva nel rapporto psicologo-bambino. Con lo psicologo, il bambino deve sperimentare e conoscere un nuovo modo di interazione con l’adulto che è diverso dall’approccio genitoriale.

Bisogna essere in grado di creare un “ambiente nell’ambiente” in cui il bambino, anche se si trova a casa sua, è ascoltato e lavora in modo diverso da quella che è la sua quotidianità.

Un ambiente in cui può dare sfogo alle sue emozioni ed esprimere le sue difficoltà; un ambiente in cui se siamo noi, per primi, a nostro agio, lo saranno automaticamente anche loro, appassionandosi al nuovo percorso che affronteranno.

Il primo incontro

Il primo incontro, di solito, è sempre quello più complicato: si entra in casa di persone sconosciute, il bambino è diffidente, i genitori sono un pò titubanti.

Per costruire sin da subito un rapporto colloquiale ed informale, è importante che lo psicologo:

  • Si presenti al bambino raccontando un pò di sé e della sua vita
  • Descriva il proprio lavoro in chiave non troppo professionale
  • Parli degli altri bambini conosciuti, descrivendo le loro capacità e le attività svolte insieme
  • Faccia disegnare e giocare un po’ il bambino prima o dopo l’attività di potenziamento
  • Chieda al bambino di parlare un po’ di sé, raccontando cosa gli piace fare e quali sono i suoi sogni ed i suoi obiettivi
  • Stipuli un “finto contratto” con il bambino in cui entrambi si impegnano a portare a termini dei compiti prefissati, nel rispetto dei bisogni reciproci.

Attraverso queste piccole tappe, è possibile stabilire un clima di accoglienza che fa emergere un rapporto di fiducia l’uno verso l’altro.

Infine, si spiega al bambino quali sono gli obiettivi degli incontri con lo psicologo. Questo è molto importante perché i bambini sono ampiamente consapevoli delle proprie difficoltà e per evitare che nasca in loro una sfiducia verso le loro capacità.

Il punto saliente del percorso di accompagnamento allo studio è proprio quello di spezzare il circolo vizioso che alimenta nel bambino la consapevolezza di non essere capace, dimostrandogli che errare è umano e che dagli sbagli si può ricavare qualcosa di utile per le esperienze future.

Soltanto dando a tutti la possibilità di sbagliare e rimediare si è in grado di considerare l’errore come una risorsa cognitiva per l’apprendimento dello studente.

Incoraggiandolo a rimettersi alla prova nello studio e nello svolgimento del compiti instaurerà quella fiducia in cui ogni bambino si sentirà sostenuto e accompagnato piuttosto che giudicato e corretto.

 

Riferimenti bibliografici

  1. Cornoldi C., 1995, Metacognizione e Apprendimento, Il Mulino: Bologna.
  2. Cesare C., De Beni R. e Gruppo MT, 2005, Imparare a studiare 2, Erickson: Trento.
  3. Gardner H., 2010, Formae mentis, Feltrinelli: Milano.