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Il Festival dei Giovani di Gaeta

Dal 10 al 13 aprile si terrà a Gaeta, provincia di Latina, la terza edizione del Festival dei Giovani. Quattro giorni all’insegna dell’ascolto dei ragazzi. Il festival si svilupperà in ben oltre duecento eventi che porteranno migliaia di giovani, dai 16 ai 20 anni, all’interno del borgo laziale e proverranno da tutta la Penisola. Si affronteranno tematiche di attualità: uso dei social network nel mondo del lavoro, rapporto con le moderne tecnologie, immigrazione, benessere psico-fisico. L’ideatrice dell’evento è Fulvia Guazzone, amministratore delegato di Strategica Community, si dice entusiasta del progetto, la risposta dei giovani è stata immediata e c’è già il tutto esaurito.

Chiedimi se sono felice

Nella manifestazione saranno presenti concerti, workshop, premiazioni, seminari e dibattiti. Arte, cultura, ambiente, lavori del futuro, impegno nel sociale, concezione della multiculturalità e dell’integrazione fra diverse etnie. Non mancherà la musica e lo sport. Specialisti in tutti i settori si confronteranno con i ragazzi su tutte queste tematiche. Ma la particolarità, quest’anno, è legata al filo conduttore per l’intera durata del Festival dei Giovani 2018, ed è la domanda che molto probabilmente ai giovani non viene mai posta, o quasi mai, e saranno loro a richiedere agli adulti di porsi il quesito: “Chiediti se sono felice”. Il tema della felicità farà la parte del leone.

I modelli di successo non mostrano dubbi

Nella puntata del programma radiofonico MELOG Il piacere del dubbio, andata in onda il 6 aprile su radio24, il conduttore ha trattato il tema della felicità nei giovani, prendendo spunto proprio dal Festival dei Giovani. Ospite della trasmissione era Fulvia Guazzone, che ha subito come, nonostante la grande quantità di mezzi di comunicazione oggi a disposizione, i giovani mostrino grandi difficoltà nell’esprimere le proprie emozioni. Sui social postano foto in cui fanno festa, acquistano oggetti, evidenziano situazioni comiche ma, difficilmente, parlano del proprio stato d’animo. In osservazione a questa breve analisi il conduttore, Gianluca Nicoletti, fa notare come i modelli a quale i giovani fanno riferimento, e prende ad esempio Fedez e Chiara Ferragni, sui social mostrano sempre una vita felice. La Ferragni ha undici milioni di followers su Instagram e Fedez sette milioni e mezzo. Il successo è propinato come modello di vita da seguire. E, in merito a ciò, Nicoletti rivolge una domanda alla Guazzone, chiedendo come mai i grandi comunicatori di questo tempo non parlino mai del disagio, ma solo di una costante, spaventosa, positività.

I modelli di riferimento della quotidinità

La Guazzone ha tenuto a sottolineare che, comunque, quel tipo di comunicazione esclude a priori la possibilità di esporre dubbi e mali esistenziali; hanno implicitamente l’obiettivo di trasmettere messaggi fuorvianti, descrivendo vite meravigliose. Instagram è basato esclusivamente sull’immagine e nessuno vuole apparire triste e sconfitto. Però, ha anche smentito l’idea che i giovani facciano un vero e proprio affidamento a tali modelli stereotipati di successo. In un sondaggio effettuato dall’Associazione Culturale Noisiamofuturo, eseguito su un campione di 3500 ragazzi, solo l’1% ha dichiarato di fare riferimento a quel tipo di modello, influencer, cantanti, vip. Quasi il 50% afferma di fare riferimento a dei modelli che ritrovano nell’ambito della propria quotidianità: famiglia, scuola, sport. Oggi i ragazzi osservano quel mondo di felicità fittizia, ne sono incuriositi e, in molti casi affascinati, ma in realtà aspirano ad altro. Nelle precedenti edizioni del festival, alcuni giovani sono saliti sul palco e hanno raccontato le loro esperienze negative, come il bullismo ad esempio, e i coetanei che ascoltavano hanno mostrato vero interesse e partecipazione.

L’importanza della mediazione

Nicoletti fa notare come diventi importante la mediazione degli adulti. Serve, con il mondo virtuale, dove lo spontaneismo dei personaggi di successo sui social, è in contrasto con il percorso introspettivo che dovrebbe portare i giovani a cercare modelli di vita più aderenti alla realtà e alle proprie caratteristiche. E iniziative come quella del Festival dei Giovani, sono una risposta data ai ragazzi. Gli adulti possono, e devono, tornare ad essere un punto di riferimento, di mediazione appunto, per aiutare i giovani nel loro percorso di crescita. E si può cominciare aiutandoli a porsi le domande giuste e imparando anche a fare loro le giuste domande. La Guazzone ha confermato che la figura dell’adulto debba essere di mediazione, forte e autorevole, poiché i ragazzi la cercano e ne hanno bisogno. L’adulto non è una figura superata. L’adulto non si deve mascherare da giovane per attirare la loro attenzione, deve rimanere con forza all’interno del proprio ruolo naturale.

Le aspettative sono controproducenti

I genitori troppo spesso confondono la felicità dei figli con il fatto che vadano bene a scuola, facciano sport, abbiano una buona vita sociale, insomma che in realtà non creino pensieri, lasciando mamma e papà tranquilli. Questo, ovviamente, non riguarda la loro felicità. Tornare ad essere autorevoli, non fare i loro amici, chiedergli seriamente se sono felici e cosa fare per aiutarli nelle loro scelte, non svilirli con le proprie aspettative, che quasi sempre non coincidono con i loro sogni. I ragazzi sanno cosa piace loro, e il genitore deve supportarli per non smarrire la rotta, così da poter fare esprimere le loro potenzialità, e non imporne una propria.

I parametri infiniti per la felicità

Ognuno ha la propria idea di felicità, ma sono interessanti alcuni passaggi di un libro scritto dall’Economista Ha-Joon Chang , “Economia, istruzioni per l’uso”, Edizioni Il Saggiatore. Molti economisti hanno chiesto direttamente a singoli soggetti quanto si ritenessero felici, per tentare di creare una scala di riferimento connessa al tenore di vita. Il problema è dare un valore numerico ad alcuni elementi che contribuiscono alla felicità, e che peso dargli. A pagina 220, a tal proposito si legge: Molti si chiedono se la felicità si possa, e debba, davvero essere misurata. Il fatto che concettualmente sia un parametro migliore del reddito non significa che dovremmo cercare di misurarla. Richard Layard, economista inglese fra i principali studiosi della materia, difende i propri tentativi affermando: “Se pensi che qualcosa conti, dovresti cercare di misurarla”. Altri invece sono di parere diverso, e tra questi Albert Einstein, autore della celebre massima: “Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato”.

Bisogna imparare a chiedere ai giovani ma anche a se stessi cosa rende felici e, soprattutto, smettere di pensare sempre in termini di quantità, la felicità non risiede nel tornaconto di un servizio o un bene materiale.